Micio Tempio vietato ai minori: a teatro le molte anime del poeta siciliano

Si è tenuta giorno 15 dicembre, presso il Teatro Metropolitan di Catania la seconda tappa di Micio Tempio vietato ai minori, promosso dall‘Associazione Culturale Le Nuove Museche sarà rappresentato per altre 3 date in Sicilia. Lo spettacolo, ideato da Piero Lipera e diretto da Rosario Minardi e Marco Tringali (anche sceneggiatori), si pone come obiettivo quello di recuperare la figura del poeta siciliano per iscriverla in una cornice storica e biografica che possa fare luce sul carattere e il vissuto di questo personaggio, attraverso una narrazione certamente romanzata (non sono molte infatti le notizie giunte a noi riguardo a tale autore) che mira però a cogliere molteplici aspetti della vita e della poesia di Tempio, interpretato sulla scena da Angelo Tosto, senza etichettarlo facilmente, come spesso è accaduto, alla stregua di mero “poeta sconcio”.

E’ così che lo stesso titolo appare un po’ una simpatica beffa agli spettatori, poiché i contenuti “libertini” della rappresentazione sono senza dubbio in secondo piano, rispetto al tema principale che rimane la figura di Micio Tempio, vista nella sua interezza. Le “poesie vastase” non sono che dei momenti della narrazione e non rappresentano affatto l’oggetto esclusivo di quest’ultima.

Attraverso una struttura ben costruita, infatti, in ogni scena viene focalizzato un aspetto diverso della vita del poeta: dal rapporto con gli amici all’interno della Civita (quartiere storico di Catania), a quello con la compagna Caterina (Luana Toscano); dalle discussioni animate e appassionate con gli affezionati amici intellettuali dagli intenti rivoluzionari (interpretati da Antonio Caruso e Santo Santonocito), al legame con il principe di Biscari e la sua corte; dalla scarsa abilità commerciale del poeta, fino alle malinconiche riflessioni dell’autore durante la vecchiaia.
La voce narrante di Giuseppe Castiglia (anche nel ruolo del principe di Biscari), scandisce i passaggi di scena, che sono resi anche da variazioni di illuminazione e dalle musiche de I Beddi, suonate dal vivo dalla platea, il tutto realizzato in un unico ambiente scenico che non si avvale di sipario. La formula, arricchita dalla tecnica del flashback – lo spettacolo comincia infatti con un Domenico Tempio anziano che ricorda il passato – rende continuo il discorso narrativo, che è integrato costantemente dalle poesie dell’autore, le quali si inseriscono negli episodi di vita del poeta senza interrompere il corso del racconto. Non mancano variazioni comiche, mai comunque eccessivamente enfatizzate, utili a narrare la convivialità di Micio con gli amici ed escamotage per decantare le sue poesie più licenziose sul palco.

Lo spettacolo è ambientato nell’anno 1798, periodo in cui si verificò una terribile carestia in Sicilia, che ispirò l’opera maggiore, ma forse meno conosciuta di Tempio: “La carestia”, per la qualità linguistica della quale l’autore fu lodato dai contemporanei al punto da essere definito da alcuni come il Dante di Sicilia. Non solo quindi autore “sporcaccione”, ma anche, nell’ottica dello spettacolo, un conoscitore della gente e dei disagi di quest’ultima, un poeta del popolo, che oltre ad intrattenere con i suoi giochi linguistici gli amici e la corte, mirava anche ad attaccare con l’uso della satira, del grottesco e della parodia i potenti e i loro abusi.
Interessante da questo punto di vista la scena del colloquio tra Domenico Tempio e il principe di Biscari, il quale, pur avendolo in grande simpatia, lo invita a dissuadere gli amici rivoluzionari nei loro propositi e a distaccarsi da essi. Il poeta, che nella rappresentazione appare sempre più cauto e realista degli appassionati e idealisti amici rivoluzionari, difende questi ultimi e soprattutto rivendica la loro libertà di protestare contro le ingiustizie dei potenti. Questa un’altra caratteristica saliente del personaggio costruito dagli autori della rappresentazione: l’idea che Micio Tempio sia stato “un poeta senza padroni”, uno scrittore libero che si faceva beffe delle forme canoniche di scrittura e che anzi giocava spesso a sfidarle attraverso innovazioni stilistiche e provocazioni, senza farsi condizionare da nessuno, che fossero amici o persone influenti.

Emblematica in tal senso la scelta di rimanere in Sicilia nonostante la possibilità di andare altrove prospettata dagli intellettuali vicini a Tempio, rimanendo nella sua terra, seppure altamente contraddittoria, che appariva così soprattutto dopo il fallimento dei moti rivoluzionari. Anche in questo caso la scelta del poeta appare libera dai condizionamenti. Egli si dimostra fortemente attaccato alla sua realtà conterranea. Seppure sia consapevole che “La Sicilia non è la Francia e Parigi non è Catania” non dimentica le proprie origini e l’ambiente dal quale ha tratto spunto per le sue composizioni. Sceglie di morire nella sua città, anche se purtroppo verrà dimenticato nella sua complessità d’autore dai suoi concittadini. 

Francesco Bellia