L’Italia non è più un paese sicuro per lo sbarco di profughi da navi civili e straniere a causa del coronavirus

L’Italia non è più un paese sicuro, per lo sbarco di profughi da navi civili e militari straniere a causa della pandemia di coronavirus, lo ha deciso il governo, lo si legge in un documento firmato dai ministri Di Maio (Esteri), Lamorgese (Interni), De Micheli (Infrastrutture) e Speranza (Sanità). Le partenze dalla Libia non si sono mai interrotte, ma il decreto arriva proprio mentre la nave Alan Kurdi della Ong tedesca Sea Eye, battente bandiera tedesca, ha 150 persone a bordo e si dirige verso le coste italiane dopo due salvataggi lungo la rotta del Mediterraneo centrale.

Nel decreto si legge che “in considerazione della situazione di emergenza connessa alla diffusione del Corona virus, dell’attuale situazione di criticità dei servizi sanitari regionali, e all’impegno straordinario svolto dai medici e da tutto il personale sanitario per l’assistenza ai pazienti Covid 19, non risulta possibile assicurare sul territorio italiano la disponibilità di tali luoghi sicuri senza compromettere la funzionalità delle strutture nazionali sanitarie logistiche e di sicurezza dedicate al contenimento della diffusione del contagio e di assistenza e cura ai pazienti Covid 19”.
Alle persone soccorse “tra le quali non può escludersi la presenza di un contagio, deve essere assicurata l’assenza di minaccia per la propria vita, il soddisfacimento delle necessità primarie e l’accesso a servizi fondamentali sotto il profilo sanitario, logistico e trasportistico”. Per i soccorsi effettuati da “unità battenti bandiera straniera, che abbiano condotto le operazioni al di fuori dell’area Sar italiana, in assenza del coordinamento dell’Imrcc Roma” il decreto precisa che “le attività assistenziali e di soccorso da attuarsi nel porto sicuro” possono “essere assicurate dal Paese di cui le attività navali battono bandiera, laddove abbiano condotto le operazioni al di fuori dell’area Sar in assenza del coordinamento dell’Imrcc Roma”.

In sintesi, viste le condizioni attuali del nostro paese, ogni nave deve sbarcare nel porto della bandiera di origine della nave stessa.

Alle parole pronunciate da Papa Francesco “Nessuno si salva da solo“, ecco qual è la traduzione pratica: un decreto per chiudere i porti alle navi che soccorrono in mare persone che scappano dall’inferno libico” si legge in una nota di Mediterranea Saving Humans. “Si utilizza la pandemia come pretesto per riproporre il terribile messaggio che se muoiono affogati donne uomini e bambini in mezzo al nostro mare, è infine ‘un male minore e necessario’. Un decreto senza alcun fondamento, né giuridico, né sanitario, visto che i protocolli per agire in totale sicurezza, ci sarebbero tutti”. 

“Un decreto in ogni caso inaccettabile: forse non è ancora chiaro che ogni vita umana va salvata – continua Mediterranea – perché non ci sono vite che valgono di più e vite che valgono niente, cancellate da poche righe scritte solo per un’operazione di macabro marketing, a cui ci aveva abituati il precedente governo. Le navi che soccorrono i naufraghi in mare hanno una sola bandiera: quella dell’umanità. È all’umanità che oggi, voi governanti, avete chiuso i porti, non alle navi. Perché non vi fate carico voi, che sedete al Governo, di inviare  navi militari per soccorrere gli esseri umani che chiedono aiuto? Perché fate la guerra a chi aiuta? Nemmeno questo terribile contagio vi ha insegnato che con le vite degli altri non si può giocare.  Incredibile che non si provi vergogna a scrivere un’aberrazione etica e giuridica del genere”.

Alessandra Filippello