Le vittime di Chernobyl 31 anni dopo

Il disastro di Chernobyl è tristemente famoso per essere il più grave incidente accaduto in una centrale nucleare. Il disastro avvenne il 26 Aprile 1986 alle 13:23 ora locale presso una centrale nucleare situata in Ucraina (all’epoca ancora parte dell’URSS). A causa di gravi errori del personale, sia tecnico che dirigente, una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore, contaminando pesantemente il territorio. L’impatto del disastro di Chernobyl su flora, fauna e popolazione è stato catastrofico e oggi possiamo vederlo nel coraggioso reportage di Jadwiga Bronte, intitolato “The Invisible People of Belarus“. Jadwiga Bronte è una fotografa e documentarista polacca nata nel 1986, anno del disastro di Chernobyl

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Nel suo ultimo libro fotografico, Jadwiga ha esplorato gli effetti della catastrofe nucleare sui reduci, rinchiusi nei cosiddetti “internats”, gli istituti governativi che li ospitano

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“Ho deciso di andare in Bielorussia per documentare le storie di bambini orribilmente trascurati e abbandonati, nati con deficienze mentali e fisiche a causa di quel tragico incidente”, racconta la donna

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“Durante le mie ricerche, ciò che mi ha sorpreso di più è stato il fatto che non c’erano solo le vittime di Chernobyl in quegli istituti…”

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Gli internats, infatti, ospitano chiunque sia stato rifiutato dalla famiglia perché affetto da disabilità: “Letteralmente chiunque sia considerato dal governo bielorusso come diverso può essere rimosso dalla società e rinchiuso”

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“Credo che per migliorare la situazione degli internats, si debba innanzitutto cambiare la mentalità dei bielorussi: hanno la possibilità di cambiare il futuro di persone innocenti, che vengono rifiutate dalla società senza avere nessuna colpa”

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“Ma nel paese non è concessa la libertà di stampa: ho realizzato il mio progetto per sensibilizzare il resto del mondo su come vivono e come Chernobyl abbia cambiato per sempre la loro vita”

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Sono delle vittime e non possono, non devono, essere dimenticate

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“Durante il progetto un ragazzo mi ha detto: Non parliamo mai, non ci lamentiamo, non urliamo. Siamo pazienti, come sempre. Abbiamo paura di parlare”

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“Ma per me, i residenti delle istituzioni che ho visitato sono persone incredibili, belle e forti”

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“E attraverso il mio lavoro voglio dimostrare che le persone disabili sono in grado di studiare, lavorare, costruire relazioni durature e contribuire alla società”.

redazione