Quando l’arte cambia il destino degli amori infelici

Immaginiamo che stiamo camminando, per strada, soli e ad uno dei passanti sfugge la parole “amore”, mentre parla al telefono. La dice piano, la ripete ancora come fosse una carezza per chi lo ascolta. Qualcuno di noi lo sente ed è già altrove, sempre più vicino al volto della persona che ama o che ha amato. Per quanto ci sentiamo logici e indipendenti, per quanto ci sentiamo vivi da liberi, non c’è mai modo di ribellarsi completamente all’amore che abbiamo provato. Resta sempre qualcosa in sospeso dentro di noi, una malinconia dolce dal retrogusto amaro.

Amori sfortunati, amori contrastati, amori unici nel loro genere e, per questo, indimenticabili. A volte, sono le nostre storie e, spesso, sono quelle che leggiamo nei romanzi, le stesse che incantano poeti e artisti. Pensiamo a Romeo e Giulietta, gli innamorati più famosi del panorama letterario, che danno anima a numerosi quadri, tra cui “L’ultimo bacio di Giulietta e Romeo” di Hayez. Chiaramente romantico, il dipinto mette in luce il legame indissolubile tra vita e morte, tra realtà e desideri irraggiungibili. Ricco di tutti gli elementi dell’arte classica(figure scultoree, chiaro-scuro, precisione nei tratti), il quadro fotografa i due amanti in un momento di vita quotidiana: il bacio, prima di separarsi, che diventa la promessa di aspettarsi ancora e attendere il prossimo incontro.

Percorrendo il filone shakespeariano, troviamo anche la storia d’amore di Antonio e Cleopatra. La passione distruttiva, che alimenta questa attrazione fatale tra i due, ha infiammato le tele di molti artisti. Tra i quadri più celebri, “Antonio e Cleopatra” di Lawrence Alma-Tadema coglie lo sguardo assorto e penetrante di Antonio, che mira la sua amata.

Se è vero che l’amore è desiderio e conquista, non si può nascondere che ha in serbo per noi anche la paura di perdere tutto quello che abbiamo costruito e per cui abbiamo lottato.

Si tratta della stessa paura di Andromaca, quando nel VI libro dell’Iliade, implora il suo Ettore di abbandonare la guerra contro gli achei e mettere, davanti alla devozione per la sua terra natia, l’amore per lei e il loro figlio. Purtroppo, le parole della giovane donna rimasero inascoltate e il destino beffardo le strappò Ettore e il sogno di una famiglia completa.


Rannicchiata in un angolo, nuda, Andromaca sembra chiusa nel dolore, mentre cerca ancora la pelle del suo amato Ettore. Il dipinto di Roberto Ferri, che vede il corpo di Andromaca fermare e stringere il braccio di Ettore, è capace di esprimere il dolore del ricordo, ma lascia anche la speranza sopita di un amore che non è finito. Il braccio, simbolo di forza e protezione, è la sola cosa che rimane di Ettore e continua a sorreggere Andromaca.

Tra gli omaggi più belli che l’arte ha regalato agli amori struggenti, c’è “L’uomo e la donna”, una scultura di otto metri in acciaio opera dell’artista Tamara Kvesitadze e situata a Batumi, in Georgia. I due corpi rappresentano Ali e Nino, i protagonisti del fortunato romanzo di Kurban Said. La trama, ambientata durante il periodo della rivoluzione sovietica, gira intorno all’amore contrastato tra Ali, un ragazzo musulmano-Azero, e Nino, una principessa cristiana-Georgiana. Dopo una serie di peripezie e intrecci, i due innamorati riescono a far coesistere le loro diversità e sposarsi. Ma, data la minaccia dell’invasione dell’Azerbaigian da parte dell’Armata Rossa, Ali decide di arruolarsi e perde la vita in battaglia.

Così, ogni sera, le due statue permettono ancora una volta ad Ali e Nino di abbracciarsi; i corpi d’acciaio si avvicinano lentamente, per poi sfiorarsi, fondersi l’uno con l’altro e attraversarsi.

Se il destino non ha voluto offrire a questi amori il dono dell’eternità, a cui tutti i romantici aspirano, l’ arte ha scelto di custodire la forza dei sentimenti e regalare agli innamorati, attraverso le tele, una vita senza fine e, soprattutto, insieme.

 

Alessandra Nepa