La delusione amorosa di Soren Kierkegaard

Soren Kierkegaard è stato il prototipo di filosofo esistenzialista: angoscia di vivere, riflessione sulla fede e tormento interiore sono le parole chiave per capire la filosofia di questo profondo pensatore danese e amante di Regina Olsen che, non ci crederete mai, si è rifiutato di sposarla per colpa di una maledizione!

Dal 1840, Soren e Regina avevano instaurato una relazione amorosa che però non era destinata a durare. L’8 settembre 1840 Soren si era presentato sotto casa di Regina con una a lui inusuale schiettezza per comunicare il suo amore per Regina al padre di lei che accordò il suo permesso a quel giovane filosofo di 27 anni. In fondo, c’è di peggio al mondo per sua figlia Regina: agli italiani è spettato Leopardi, ai danesi è toccato Kierkegaard. A ciascuno il suo gobbo a quanto pare… Eppure Regina sembrava davvero innamorata di Soren e, nel corso della sua vita, sarà l’unica in grado di capirlo e che gli avrebbe reso la vita felice.

Come Soren, anche Regina era la più piccola della famiglia, ma l’affetto e il caldo clima familiare da lei vissuto era ben lontano dalla severità e dalla mestizia che regnano in casa Kierkegaard: il padre di Soren, ormai anziano, era convolato a seconde nozze con la dimessa domestica e cinque dei suoi sette figli morirono. Kierkegaard non ha ancora vent’anni quando perde i fratelli e cresce sotto la rigida educazione pietista del babbo, ovvero indirizzata verso una profonda riflessione spirituale interiore per cui l’uomo può ricevere il perdono delle sue colpe solo ed esclusivamente da un agente esterno che gli imponga la Grazia divina. Il giovane Kierkegaard però crebbe intelligente e allo stesso tempo ironico: gli piace leggere e si mostrò incline allo studio delle Sacre Scritture e della Teologia.

Qualcosa però turbava la sua giovane vita: la condizione pietosa dell’uomo. E’ da qui che prende le mosse il suo esistenzialismo che influenzerà i pensatori successivi. Una filosofia basata sull’interiorità, sulla riflessione del singolo e sulla labilità della vita. Una filosofia costellata dalle famose domande prive di risposta: “Come si fa ad essere cristiani e vivere in modo assurdo?”; “Come è possibile scegliere fra l’infinite possibilità di cui l’uomo dispone?”; “Come fa l’angoscia ad essere il sentimento fondamentale della vita?”. Vivere la vita, per Kierkegaard, equivale a distruggerla in poche parole? Non è proprio così semplice spiegare il pensiero di un così profondo filosofo…

“Kierkegaard” di Peter Kline.

Ma torniamo al nocciolo della questione: in che modo la sua filosofia gli ha permesso di rompere con la fidanzatina?

Forse che Kierkegaard temeva che la maledizione del padre potesse ricadere sui propri figli? Da giovane e umile pastorello il signor Kierkegaard, prima di diventare un ricco mercante, aveva imprecato Dio e pensava che la morte dei suoi figli fosse una maledizione inflittagli per l’errore giovanile.

O forse Kierkegaard temeva di poter vivere intensamente, amando e sposando Regina e avere figli da lei? Forse vivere veramente voleva dire falsità e orrore, insomma aver fatto la scelta sbagliata, lui che di scelte se ne intendeva? Era in realtà un amore troppo forte, che travalicava i limiti umani, ma l’infinito non appartiene alle creature poiché si configura come ciò che le differenzia da Dio.

Quindi “Aut-Aut”: bisogna scegliere! O distruggere la vita con Regina oppure lasciarla. Si lasciarla, ma senza una spiegazione. Così all’improvviso.

Regina tentò il suicidio e Soren era ormai davvero sull’orlo della follia se non vi fosse sembrato lo fosse già. Regina non saprà mai quale motivazione si celava dietro al “Ti mollo” del giovane Kierkegaard che, con grande sorpresa, rimase molto scosso quando Regina si fidanzò con il precettore Johan Frederik Schlegel. Ma lui era ancora pazzo di lei, ma si ricordava sempre puntualmente della maledizione del padre e si fermava a pensare. Iniziò dunque a scrivere, a scrivere come un forsennato. Scrisse così tanto da cambiare i risvolti filosofici europei non solo nel dibattito post hegeliano, ma anche a posteriori. Ma non firmava mai con il suo nome le sue opere, come non venne seppellito sotto una lapide con su scritto il suo nome. “UN SINGOLO”. Kierkegaard era questo: un singolo. Quel singolo che viene prima della comunità, quel singolo che viene prima di chiunque altro, quel singolo su cui è lecito porre una notevole attenzione perché se non si parte da se stessi, dalla nostra facoltà di scegliere e dalla nostra angoscia esistenziale non si va da nessuna parte. Al diavolo quel ciarlatano di Hegel, per usare un’espressione schopenhaueriana, che sottomette l’individuo alla collettività e alla Ragione!

Il don Giovanni, Abramo, il giudice, Victor Eremita, Johannes de Silentio e Costantine Costantius sono i nomi di alcuni dei personaggi dietro cui si cela l’identità del filosofo danese.

Ciò che non disse a Regina, ovvero il perché l’abbia bellamente mollata, è diventato il tema della filosofia occidentale moderna: la scelta di come vivere, banalizzando agli estremi!

Un giorno del 1855 giunse al nostro amico Soren una notizia inaspettata: Regina doveva lasciare Copenaghen per seguire il marito Schlegel alle Isole Vergini, nel Mar dei Caraibi, allora dominio danese. Soren cercò l’amata per tutta la città ma non la trovò finché lei sbuca improvvisamente da una viuzza e gli confessa di averlo perdonato e di non aver mai smesso di amarlo. Il poveretto è spiazzato, non capisce più nulla e, in circostanze misteriose, dopo qualche mese morirà forse per il dolore. Quando nel 1860 Regina tornò in Danimarca scoprirà con sua grande sorpresa che Kierkegaard le aveva lasciato in eredità tutto, dalla casa ai libri, come se fosse stata sua moglie. In un tale contesto sorprendente di certo, nel cuore di Regina avrebbero imperversato i sentimenti di venti anni prima, come quando l’aveva mollato.

E’ proprio il caso di dirlo: nella vita di Kierkegaard, l’amore ha vinto l’angoscia. Non c’è dubbio!