Fonte: corrieredelticino.it

La Birmania: la capitale, il governo ed i walkie-talkie

Chi è che non ha, per scherzo, almeno una volta nella vita, domandato a qualcuno quale fosse la capitale della Birmania?

Questa è la classica domandona dei quiz sulla geografia, fatta essenzialmente per mettere in difficoltà l’altro, ma anche per farsi due risate. Tra l’altro la ritroviamo anche nel famoso film di Aldo, Giovanni e Giacomo “La leggenda di Al John e Jack”, ma non è questo il punto.

Anche se data la curiosità ci si limita a dire che l’attuale capitale amministrativa della Birmania è Naypyidaw.

Fonte: Tripadvisor
Naypyidaw, Birmania

LA LND DELLA BIRMANIA

Oltre alla capitale, non tutti sanno che la Birmania è una nazione del sud est asiatico e che nonostante la presenza di una rigida dittatura militare, al suo interno c’è anche spazio per la LND. Si tratta della Lega Nazionale per la Democrazia il cui leader è una donna che si chiama Aung San Suu Kyi.

Il suo nome di recente è stato riportato da diverse testate e media internazionali perché è stata accusata, e successivamente arrestata, per possesso di walkie-talkie illegali.

Tgcom24, tra le tante testate a riportare la vicenda, sottolinea la motivazione dell’accusa come se si prescindesse da uno dei motivi più ovvi: il colpo di Stato.

Fonte: indiatoday.in
Aung San Suu Kyi, leader della LND

La Lega nazionale per la Democrazia nel 2016, pur avendo vinto le elezioni, ha sempre suscitato un profondo scetticismo tra i membri dell’esercito. Quest’ultimo ha comunque goduto di un’influenza non indifferente tra i cittadini.

Dato il malcontento, il primo febbraio 2021 proprio l’esercito ha deciso di rovesciare il governo “civile” attraverso un colpo di stato che ha portato all’arresto di Suu Kyi. Consegnando così il potere nelle mani del capo delle forze armate, Min Aung Hlaing. Quest’ultimo aveva da sempre parlato di frodi elettorali, sin da quando la LND ha avuto la meglio sul governo militare e con il golpe si è deciso di agire.

Tuttavia, tra le due fazioni, per il bene del Paese, sembrava esser nato un patto di pace, che si è rivelato essere poco duraturo a quanto pare.

Fonte: corriere

Ma allora in Birmania cosa c’entrano i walkie-talkie?

C’è una rigida legge in Birmania sull’import-export e pare che il premio NOBEL per la pace, la leader Suu Kyi, l’abbia violata proprio per importare questi oggetti.

Su Il Fatto Quotidiano si legge che le prove incriminanti sono state ritrovate durante la perquisizione di casa Suu Kyi. Infatti, i walkie-talkie importati illegalmente pare che venissero utilizzati dalle sue guardie del corpo.

Un accusa (o una scusa) ben fondata che ha di certo favorito la risalita al potere dell’esercito. Suu Kyi, da sempre attivista nella difesa dei diritti umani sul proprio Paese, rischia fino a due anni di carcere a riguardo.

Tra le altre accuse che l’esercito militare ha rivolto all’ex leader c’è anche quella di avere “violato la legge sulla gestione delle catastrofi naturali”.

Suu Kyi si trova ora ai domiciliari a casa propria in buona salute. Tra i suoi pensieri, quello rispondere delle accuse ricevute.

ARRESTI E PROTESTE IN BIRMANIA

Tra l’altro, il suo non è stato l’unico arresto avvenuto durante il colpo di stato.  Con l’accusa di aver violato la legge sulla prevenzione e la gestione delle catastrofi naturali e delle emergenze, anche il presidente della Birmania dal 2018,  U Win Myint, si trova nella stessa situazione. Non sono mancate, ovviamente proteste contro questa situazione. “Rilasciate i nostri leader”, è questa la frase che si legge nei manifesti di chi non accetta il governo militare, e auspica ad un ritorno alle elezioni libere nel paese.

Forse da oggi la Birmania, non sarà ricordata come il paese di cui nessuno conosce la capitale, bensì come il Paese “dei walkie-talkie” illegali.

Nel frattempo, il nuovo esecutivo ha deciso di bloccare internet, e anche il social più importante: Facebook. Una violazione dei diritti democratici fondamentali, nonché un danno per tutti quei settori che necessitano dell’utilizzo della rete per lavorare.

Facebook, dal canto suo, ha bloccato la pagina ufficiale dell’esercito che ha apertamente violato alcuni valori della community. Chiaramente, non sono mancate altre reazione dal mondo.

Le parole di condanna del  segretario generale dell’Onu

Degli ultimi giorni è il twitter di Antonio Guturres, dal 2017 segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite:

“L’uso della forza letale, dell’intimidazione e delle violenze contro i manifestanti pacifici è inaccettabile. Ognuno ha il diritto di protestare pacificamente. Faccio appello a tutti i partiti a rispettare i risultati delle elezioni e di tornare alle norme civili”. 

L’auspicio, in attesa di nuovi sviluppi, è che la situazione del governo instabile finisca presto e che si ritorni a prestare sempre più attenzione ai diritti umani.

 

Giulia Grasso