Dopo essersi già fatto conoscere come frontman e songwriter della Busy Family, con il suo disco d’esordio “Memorandum” inizia il suo progetto solista. Due nomi per un unico grande artista: Simone Zampieri, in arte The Leading Guy, nome preso in prestito dall’omonimo brano di Micah P. Hinson.
Una voce e una chitarra, un sound essenziale, una melodia che si ispira alla tradizione folk con delle note che raccontano e conservano la memoria di luoghi, paesaggi, storie e persone che, altrimenti, svanirebbero via. Ecco come si potrebbe descrivere la musica di The Leading Guy, cantautore folk rivelazione del panorama musicale italiano. Cresciuto in Italia, ha vissuto molto tempo in Irlanda e in giro per l’Europa, da Copenaghen alla Cappadocia, dalla Spagna al Belgio, dall’Inghilterra ai Balcani, prima di ritornare in patria.
Oggi si racconta a noi di Social Up in un’intervista tutta da leggere, accompagnata dagli scatti di Simone Di Luca e Gianmaria Fioriti.
Com’è nata questa tua grande passione per la musica e quando hai capito che sarebbe diventato il tuo lavoro?
Distinguo sempre la passione per la musica dalla passione per il “comporre musica”. La prima è nata da bambino un po’ come per tutti, la seconda nel periodo in cui abitavo in Irlanda. Ricordo che entrai in un locale ed un ragazzo stava suonando un brano di Billy Joel. La ragazza che era con me smise di ascoltare le mie parole e cominciò a cantare con gli occhi fissi sul pianista. Era ipnotico e provai qualcosa di strano. La mia non era invidia ma ammirazione. Non ho più rivisto quella ragazza ma le devo molto. Da quel giorno ho capito cosa volevo diventare.
C’è qualche artista in particolare a cui ti ispiri nel comporre la tua musica?
Le influenze musicali sono qualcosa che teniamo sottopelle e che emergono senza che noi lo vogliamo. Se mi accorgo che un brano è troppo influenzato da qualche “mostro sacro” solitamente lo cestino. Ho un debito enorme nei confronti di molti artisti ma con il tempo sono riuscito a distaccarmi da loro. Ho bisogno di scrivere per me e quando mi accorgo di non riuscirci al 100% tendo a ripartire da zero. Nessun artista è felice quando ne ricorda un altro, nemmeno se questo qualcuno è Bob Dylan o i Beatles.
Come tanti giovani italiani, anche tu hai lasciato il Belpaese per andare a vivere in Irlanda. Quanto è servita questa esperienza alla tua crescita artistica? Ora che non abiti più lì ne senti la mancanza?
Non credo che oggi sarei un musicista senza il periodo irlandese. Li ho imparato la vera anima dell’ espressività che si trova nelle ballate o nei canti popolari. Ho capito che una canzone può parlare di “cose piccole” e nonostante questo essere “immensa” per l’anima delle persone. Mi manca tutto di quel paese e rimane il luogo a cui penso quando penso alla parola “casa”. Ci sono tornato spesso e spero di tornarci a breve da musicista.
Ha collaborato nel 2015 con Max Gazze e 2Cellos. Com’è stato lavorare con questi grandi artisti? Ti hanno dato qualche consiglio prezioso per “sopravvivere” nel mondo della musica?
Osservare artisti importanti al lavoro mi ha fatto capire una cosa fondamentale: essere musicista è il lavoro più bello del mondo ma non bisogna mai dimenticare che è un lavoro. Siamo fortunati a fare questo mestiere e la professionalità fa la differenza. Stare a contatto con grandi artisti spesso ti aiuta soltanto a capire perché sono tali. Puntualità, dedizione, gentilezza con le persone che ti circondano e ti aiutano ad essere ciò che sei. C’è molta poesia nella musica ma è il tuo datore di lavoro e va presa seriamente.
Da frontman e songwriter della “Busy Family”, oggi ti affacci al mondo della musica con un progetto tutto tuo. Com’è stato intraprendere una carriera da solista? È stato più difficile del previsto?
E’ stata una scelta naturale ed ogni scelta naturale è sempre semplice. Con la band ho vissuto tre anni belli ma a tratti molto difficili. La vita è durissima per le band in Italia e ammiro chi tiene duro nonostante tutto. Suonare da solo non significa che non esistano i compromessi ma quel periodo sentivo che era finito. Aveva espresso il massimo ed era il momento di cambiare.
“Memorandum” è il tuo album di debutto come solista. Come descriveresti il tuo lavo in tre aggettivi?
Onesto. Istintivo. Viscerale. E’ un disco che ho scritto spogliandomi di molte paure personali.
Il sound intimistico e il folk elegante, leggero e delicato che caratterizzano “Memorandum”, nascondono alcune vicende autobiografiche. È stato difficile mettere in musica le proprie emozioni?
E’ stata la parte più difficile. Mentre scrivevo lo facevo esclusivamente per me ma una volta terminato il disco ti chiedi a chi possa interessare ciò che hai detto. Fortunatamente con il passare del tempo ho capito che le paure sono le stesse per ogni individuo, cambiano solo le sfumature. Questo mi ha dato la forza di continuare e credo sia il motivo per la quale la gente mi ascolta.
Com’è il rapporto con i tuoi fans e come riesci a dividerti tra palcoscenico e vita privata?
Il termine “fans” non è forse il più giusto. In questi mesi ho trovato dei compagni di viaggio, persone che non conosco ma che mi hanno fatto sentire meno solo. Custodisco gelosamente la mia vita privata e la scelta di usare un acronimo è legata proprio a questa necessità. Chi ti ascolta può conoscere molto di te attraverso le canzoni ma rappresentano solo una parte della mia vita, non la totalità. Ci sono porte che decido di tenere chiuse o aprire soltanto a chi mi è più vicino.
Sappiamo che stai già lavorando al tuo secondo album, puoi già anticiparci qualcosa a riguardo?
Quello che posso dirti è che sarà diverso da Memorandum. Quando ho cominciato a scrivere mi sono ispirato al mio primo disco credendo che il secondo sarebbe diventato il seguito naturale. Scrivevo continuamente e cestinavo tutto. Poi finalmente ho capito dove stavo sbagliando. Componevo pensando di essere la stessa persona che aveva scritto Memorandum, e non era cosi. Finalmente le canzoni ci sono e hanno un sapore totalmente diverso rispetto al mio primo lavoro. C’è più energia, maggiore consapevolezza. Se Memorandum è il disco del naufragio ora mi sento più vicino ad essere salvato. Non sono a casa, ma sembra che qualcuno mi abbia visto. E’ già un punto di partenza.