Intervista a Simone Cristicchi, ospite del Taobuk nona edizione

Vincitore del Taobuk Award 2019, al Taobuk nona edizione, il Festival del libro di Taormina, tenutosi dal 21 al 25 giugno, Simone Cristicchi è stato ospite della Cerimonia serale di premiazione del 22 giugno al Teatro Antico, dove ha potuto esibirsi cantando cinque dei suoi brani.

Vincitore della 57 edizione del Festival di Sanremo, con “Ti regalerò una rosa”, il cantautore è stato presente anche all’ultima edizione del Festival con “Abbi cura di me”, ricevendo il premio Sergio Endrigo alla miglior interpretazione e il premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale. Molti i suoi brani e i suoi testi di successo, da quelli più ironici, a quelli più impegnati, volti a trasporre in parole e in musica le storie segrete e sconosciute degli ultimi Social up lo ha intervistato per voi.

Siamo qui al Taobuk 2019. Tema del Festival: il desiderio. Che ruolo ha il desiderio nella tua concezione artistica e musicale?

Desiderio è una parola fondamentale proprio per dare la luce a se stessi. Quindi comincia tutto dal desiderio. Già venire al mondo è un desiderio. Lottiamo contro una realtà che secondo me cerca in tutti i modi di metterci i bastoni tra le ruote. E’ difficile trovare una vita che non abbia interruzioni, fastidi, cose che deviano la tua strada, che ti fanno deragliare. Il desiderio è proprio il motore, invece, che tende a spingerti sempre avanti, a realizzare la tua piccola missione nel mondo. Perché io credo molto che ognuno di noi è venuto qui per fare qualcosa di importante, al di là della categoria a cui si appartiene.

Sei un esponente della musica autoriale italiana. Che influenza hanno avuto la poesia e la letteratura nella tua musica?

Per me la letteratura è stata fondamentale. Io sono un grande lettore, abbastanza compulsivo. Acquisto libri in continuazione. Ho dovuto comprare anche una casa più grande perché non c’entravano più. Ultimamente non leggo tanto romanzi, ma mi interesso più di filosofia, di religione e spiritualità. Un tema che sento molto importante. Però ho scritto nella mia vita quattro libri per Mondadori, l’ultimo si chiama “Il secondo figlio di Dio”, è la storia di un eretico vissuto a metà dell’ottocento. Per me comunque in generale l’arte e la musica sono state una sorta di terapia. Mi hanno aiutato a salvarmi da uno stato di chiusura in cui mi ero chiuso, in cui avevo interrotto i rapporti col mondo.

Taobuk è il Festival dei Libri. Anche tu sei uno scrittore. Tra i tuoi libri “Centro di Igiene Mentale, un cantautore tra i matti”, un testo che ha più di un collegamento con “Ti regalerò una rosa”, con cui hai vinto Sanremo 65. Cosa puoi dirci di queste due le esperienze?

In generale io mi reputo una sorta di rigattiere della memoria, uno che va a cercare negli “scantinati” delle storie nascoste e quando ho scoperto, appunto, l’esistenza del manicomio, mi sono incuriosito. Volevo capirne le dinamiche: come funzionava, chi ci viveva dentro. E quindi ho cominciato una ricerca che è sfociata in un documentario e in un libro. Poi la canzone, che in realtà era nata proprio per il documentario “Dall’altra parte del cancello”. Questa canzone poi, improvvisamente, è andata a Sanremo, ha vinto e si è trascinata dietro tutto questo percorso di ricerca che avevo fatto precedentemente. E’ stato un miracolo aver vinto con un brano che parla di un tabù come quello della malattia mentale.

Nei “I poeti” in cui duetti con Francesco Nuti, vengono riprese delle poesie di Alda Merini. Cosa è per te la poesia?

La poesia secondo me, quando è veramente forte e potente, si regge sulle sue gambe. E’ proprio un linguaggio a se, forse il più alto dei linguaggi. Va oltre la musica, va oltre la letteratura, perché è la parola che si incarna e quindi crea il mondo. La poesia, come forma artistica, io la trovo la più elevata in assoluto. Basta ascoltare la voce dei grandi poeti per rendersene conto. Purtroppo oggi viviamo in un mondo in cui, invece, alla poesia non viene data rilevanza. E’ un po’ lo specchio dei tempi: un piccolo avvertimento. “Dove stiamo andando?” viene da chiederci. Se buttiamo via la musica, se buttiamo via la poesia e la bellezza e la tenerezza ci rimane ben poco per salvarci.

Francesco Bellia