Con il ritorno di ART CITY Bologna, sono tanti gli artisti che esporranno durante le giornate del 7-8-9 Maggio nel cuore dell’Emilia-Romagna. Tra la creatività e l’essenza artistica di diversi personaggi, ci ha colpito particolarmente la presenza di Norma Jeane.
Norma Jeane – vero nome di Marilyn Monroe – è lo pseudonimo di un*artista che non intende essere identificato/a. Riguardo alla sua biografia, le uniche informazioni trapelate sono che è “nata a Los Angeles il 5 agosto del 1962, lo stesso giorno in cui è morta Marilyn Monroe”. L’assenza fisica totale che l’artista ha deciso di rispettare si materializza nelle persone che di volta in volta coinvolge nel progettare e realizzare le proprie opere, installazioni e performance.
Ma chi è, quindi, Norma Jeane? In realtà, può essere chiunque e nessuno, può essere lo spettatore stesso guidato dall’artista. L’invito che ci fa è di non guardare solamente, ma anche partecipare attivamente.
Ed è proprio così che all’interno delle Serre dei Giardini Margherita di Bologna, Norma presenterà l’istallazione “Cosa sono le nuvole?”.
L’installazione si rifà al titolo del cortometraggio scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini nel 1967, inserito insieme ad altri cinque episodi in Capriccio all’italiana. L’episodio pasoliniano è una rivisitazione dell’Otello di William Shakespeare che racconta la vita di un gruppo di marionette, metà burattini e metà umane: sul palco recitano il ruolo a loro affidato, dietro le quinte si comportano come perfetti umani interrogandosi sul perché fanno ciò che fanno. Mentre nella tragedia shakespeariana Otello, istigato da Jago, uccide l’amata Desdemona, nel cortometraggio pasoliniano il pubblico irrompe sulla scena facendo a pezzi i burattini, ribaltando così il finale a noi conosciuto. Le marionette distrutte, vengono gettate in discarica e per la prima volta in vita loro mirano il cielo, regalandoci un dialogo finale che racchiude l’essenza dell’installazione di Norma Jeane. “Che cosa sono?”, chiede Otello. “Sono le nuvole”, risponde Jago. “Come sono belle! A che cosa servono?”, chiede ancora Otello. “Non lo so”, confessa Jago.
E così come il cortometraggio di Pasolini, anche Che cosa sono le nuvole? di Norma Jeane va intesa come una allegoria sulla vita.
Noi di Social Up abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere (da remoto, ovviamente) con Norma Jeane per farci raccontare qualcosa in più sulla sua arte. Venite con noi!
“Norma Jeane can be everyone and no-one”: perché ha scelto l’anonimato?
Da un lato per spostare l’attenzione dall’artista all’opera, dall’altro per sottolineare l’importanza del lavoro di tutte le persone coinvolte in ciascun progetto. Chi contribuisce a realizzare un’opera costituisce il corpo (collettivo) di Norma.
Non rivelando il proprio nome si è più liberi nella propria arte?
Non necessariamente. Tuttavia in alcuni casi sottrarsi al feticismo dell’autorialità — e dunque della biografia — può permettere una maggior varietà di soluzioni. Ad esempio per le interviste, che possono tranquillamente essere rilasciate ogni volta da una delle persone coinvolte nel progetto del momento.
Cos’è l’Arte per lei?
L’arte è l’equivalente della ricerca di base scientifica in ambito esistenziale. È l’attitudine a creare occasioni che suscitano domande, sapendo che anche quando si presentasse qualche risposta non farebbe altro che generare nuove domande. In questo senso esistono gli artisti e non l’”Arte”. Poi si può discutere di scultura, fotografia, alta cucina o meccanica quantistica.
Ci può raccontare cosa vedremo in occasione di ART CITY? Qual è lo scopo principale del suo lavoro?
Non ci sarà molto da vedere in effetti. Più che altro sarà opportuno tenere d’occhio il cielo da cui, in modo casuale, arriveranno delle sorprese. Non sarà Norma a determinarle ma una macchina, realizzata ad hoc dal fablab WeMake di Milano, che agisce in totale autonomia. Una specie di robot dallo spirito burlone e l’aspetto medievale. Ci piacerebbe che questa fosse un’occasione per vivere in modo spensierato alcuni aspetti, più o meno allegorici, della pandemia in cui stiamo vivendo. Alto e basso, incertezza e divertimento, quiete e scompiglio, situazioni e sentimenti contrastanti che, pur non richiedendo una particolare applicazione intellettuale, possono creare una stratificazione di senso che (forse) arriva dopo, come le battute di spirito riuscite.
La situazione pandemica ha avuto conseguenze sulla nostra vita e sulla creatività: ha provato un senso di mancanza di creatività durante il lockdown? Ritiene che i suoi lavori riflettano in qualche modo la nostra situazione attuale?
Le idee hanno percorsi imperscrutabili. Si presentano quando meno te le aspetti. In questo senso stare in quarantena non ha cambiato molto l’approccio con l’ideazione di nuovi progetti. Più che altro sono diminuite le opportunità per realizzarli. Per quanto riguarda la relazione con la pandemia sì, i progetti riflettono inevitabilmente il contesto esistenziale quotidiano. Ma questo è vero in generale. Siamo in fondo un tubo digerente circondato da organi e apparati, tutti finalizzati a mantenerci in vita filtrando un po’ del mondo con cui veniamo in contatto. Poi sta a noi raccontarcela in modo che sia il più piacevole e divertente possibile…