Intervista a Massimo Cracco: “Senza”, la felicità e un nuovo romanzo

“Senza” è il nuovo romanzo di Massimo Cracco, matematico, ingegnere e con studi di conservatorio. Nel suo percorso di scrittore, anche un passato da ghost writer per Atlantyca e la pubblicazione di “Restare senza un lavoro non è per sempre” per Scripta edizioni nel 2015 e di “Mimma” per Perrone Editore nel 2017.

Con “Senza”, pubblicato da Autori Riuniti nella collana I nasi lunghi, lo scrittore veronese fa un viaggio nel cuore oscuro di un’Italia di qualche decennio fa, in un contesto che oggi ritorna a inquietarci. È una discesa nel rifiuto viscerale di una società ipocrita. All’efficacia abbacinante della sua prosa, Massimo Cracco affianca una visione lucida fino all’estremo del saper stare al mondo oppure del volersene liberare.

Le quattro parti del libro sono tutte introdotte da un aforisma di Emil Cioran. «Nella stesura del romanzo mi ha molto condizionato Cioran, il filosofo del nihilismo più estremo, ogni suo libro è una censura del mondo, un’esortazione alla fuga dal mondo, Cioran è il profeta dell’inutilità del vivere. – ha dichiarato l’autore – Amo questo filosofo perché collima con il mio modo di intendere la realtà».

“Senza” è candidato al Premio Comisso, Premio Città di Como, Premio Carver e Premio Cultura sotto il vulcano annesso al Festival del libro e della cultura Etnabook.

In questa intervista Massimo Cracco ci racconta di “Senza”, di come si diventa un ghost writer e dei progetti in agenda per i prossimi mesi.

Massimo Cracco, benvenuto a Social Up. “Senza” è il suo ultimo romanzo. Da cosa si è fatto ispirare per l’intreccio?

Grazie  a voi dell’attenzione riservata a Senza. L’intreccio, un mix di vita vissuta e di invenzioni, è ispirato da fatti di cronaca accaduti a Verona negli anni ottanta. Emerge la mia visione del mondo che ho trasferito al protagonista Paolo. Ci sono temi legati alla Chiesa Cattolica, dunque in qualche modo temi religiosi e temi attinenti all’etica della cura medica, il significato della sofferenza dei corpi. L’innesco, che poi diventa elemento trainante la storia, lo fornisce la vicenda di Chloe Jennings, personaggio non di fantasia, e la sua paradossale determinazione a voler perdere l’uso delle gambe. Chloe è il punto di partenza e il punto di svolta per Paolo, una fatidica illuminazione.

Protagonista del libro è Paolo che resta affascinato dal caso Jennings del 1982. Lo stordisce vedere la felicità nel volto della donna che non ha gambe. Nel libro accosta la verità ad un fatto doloroso e ciò traumatizza Paolo….

Quando pensiamo alla violenza ci riferiamo sempre a vittima e carnefice, un soggetto attivo e uno passivo distinti. Chloe Jennings incarna entrambi i ruoli, compie intenzionalmente violenza sul proprio corpo e dunque è contemporaneamente soggetto attivo e passivo; è questo a provocare disorientamento, è una violenza tautologica che suscita orrore e tenerezza assieme, somiglia alla violenza del suicida: da una violenza circolare scaturiscono emozioni circolari, condanniamo chi commette violenza e proviamo empatia per chi la subisce solo che qui i sentimenti sono indirizzati sul medesimo soggetto. È un corto circuito: violenza ed empatia sono punti di un inizio e di una fine sovrapponibili e indistinguibili, è questo a disarmarci.

Cosa è per lei la felicità? Anche lei fa la distinzione tra serenità e felicità?

‘Felicità’ è un significante senza significato, un trucco semantico per nascondere il fatto che, al pari di tutti gli esseri viventi, lottiamo per un adattamento soddisfacente, ‘felicità’ è un presunto fine ‘naturale’ assegnatoci geneticamente. Di fatto noi non siamo soggetti desideranti (aspirare alla felicità passa per una somma di desideri), siamo strumento del ‘desiderio’ atavico di una biologia; in ogni egoismo c’è un carattere soggettivo e un ‘ananche’ e se un adattamento definitivo è irraggiungibile perché in divenire, nemmeno la felicità intesa in questi termini può esistere; ‘felicità’ è un’idea dinamica perché l’adattamento è evoluzione per passaggi e sono proprio questi passaggi che forse si possono definire ‘serenità’: ‘serenità’ dunque è ciascun intermedio di un processo di adattamento che dura una vita intera, è ciascun singolo punto di approdo che tocchiamo nel tentativo di costruirci una sicurezza, di venire a patti con ‘lo scandalo della creazione’ come direbbe Cioran.

Il libro si intitola “Senza” e quindi insiste sulle privazioni. Quali sono le cose senza le quali potrebbe vivere rimanendo felice?

Posto che io non sono ‘felice’ nei termini descritti sopra, la domanda  è complessa, meriterebbe pagine di disamina, è complessa perché la risposta suppone uno sforzo di immaginazione inattuabile; possiamo solo formulare ipotesi: ‘se mi mancasse questo come starei? Se invece a mancarmi fosse quell’altra cosa?’ il fatto è che se dovessimo subire questa o quella privazione non potremmo prevedere a priori la nostra risposta, la domanda suppone un riscontro basato sull’esperienza che è sempre successiva e non prevedibile, è il vissuto a sancire la verità o la falsità delle nostre aspettative. I ‘se fossi’ i ‘se avessi’ sono condizionali che nell’istante della loro enunciazione implicano ipotesi inverificabili, accade spesso di ottenere qualcosa che sogniamo per capire solo poi che non ha il potere di appagarci come speravamo.

Nel suo curriculum, vi è un periodo anche da ghost writer. Poco se ne parla del lato scuro dell’editoria, se così possiamo definirlo. Ci svela qualche dettaglio in più?

Ho fatto qualche lavoro di ghost con soddisfazione, sviluppare temi o idee altrui è interessante, interessante il confronto con il committente e il lavoro di convergenza, interessante proporre soluzioni alternative. “Restare senza un lavoro non è per sempre” è nato come lavoro di ghost, mi venne commissionata la storia di un’agenzia per il lavoro, inizialmente mi chiesero una semplice cronaca basata sul loro archivio, proposi di scriverlo in forma di romanzo, con personaggi reali e personaggi di fantasia ma sempre inerenti il tema.

Cosa c’è in agenda per i prossimi mesi?

I prossimi mesi li dedicherò alle presentazioni di Senza, sperando che si torni in libreria, nel frattempo ho iniziato un nuovo romanzo. In estrema sintesi racconta di due giovani molto dotati che traducono la loro intelligenza in violenza, la vecchiaia di uno dei due è il tema centrale, una vecchiaia di svelamenti finalmente possibili; comprende che il suo carattere ossessivo è in piccolo quello di tutta la città di appartenenza che, arroccata in consuetudini intoccabili, ripete tradizioni in una nevrosi collettiva, è stato lui a uccidere ma la sua mano è stata armata, inconsapevolmente, da una intera comunità con uguali pulsioni, benché latenti.

Sandy Sciuto