Intervista a Gabriele Naccarato: danzattore che vede luce nel buio

Gabriele Naccarato è un giovane calabrese, danzattore, ballerino ed insegnante di teatrodanza. Amico e affabile, con lui ho avuto modo di ritrovare una parte di me, e ho capito ancor meglio che tutti possiamo valere tanto se scorgiamo un senso nascosto dentro, lasciandoci cullare dalle corde dell’arte.

Scopriamo insieme la sua carriera, la sua vita, i suoi progetti futuri e le sue idee di arte a 360 gradi.

Quando hai iniziato a fare danza e quando hai capito che amavi questa forma d’arte?

Ho iniziato a fare danza tra i 6 e i 7 anni, ho cominciato per caso. Da piccolo amavo molto stare al centro dell’attenzione. Ho mosso i primi passi proprio nell’ambito della danza classica, poi a causa di un problema respiratorio smisi e iniziai a fare piscina per quattro anni, vincendo anche delle coppe a delle gare. Poi il cloro cominciò a darmi ulteriori problemi respiratori. Passai al basket e alla pallavolo, ma poi ritornò il richiamo della danza. Da piccolo per questioni caratteriali o andavo velocissimo a parlare o non riuscivo a tirar fuori le parole, per paura di non essere compreso e con la sensazione di vivere in una realtà apparente.

Pur non facendo danza, con lo sport cercavi un modo per essere al centro, ovvero facendo valere te stesso. Il movimento nel tuo caso soccorreva alla parola?

Esattamente. Poi ritornai alle origini, e quindi a ballare in accademia. La danza all’inizio faceva in modo che il gesto sostituisse la parola, permettendomi comunque di arrivare alle persone. Superai il provino per la stagione lirica a Cosenza e partecipai al “Carnevale degli animali”. Il docente, Giuseppe Della Monica, mi lusingò, affermando che io andavo oltre il movimento.

Un preludio all’epoca da parte mia inconoscibile circa quel mondo del teatro che in seguito si sarebbe affacciato nella mia vita, incrociandosi così le due arti nel teatrodanza. Col passare del tempo mi sono reso conto che la danza puntava troppo all’estetica, e così il messaggio al pubblico arrivava poco. Ecco perché io decisi di riprendere la parola e di coniugarla alla danza, perché volevo abbattere quella barriera, quel vecchio Gabriele che era in me. Io voglio che il pubblico sia esso stesso attore dello spettacolo.

E dove hai scoperto il teatrodanza? Spiega a parole tue questa forma artistica.   

A Civitavecchia, grazie ad un maestro di Monaco di Baviera. È così che ho iniziato a dedicarmi davvero a quel che cerco nelle persone, ovvero l’imperfezione. Il teatrodanza mi ha aiutato ad allontanarmi dall’estetica della danza. Il teatrodanza nasce come esigenza, battaglia, forma di protesta, una ribellione che scoppia alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Oggi si confonde spesso il teatrodanza con qualcosa di sperimentale, ma non lo è affatto. Tra le più famose danzattrici ricordiamo Pina Bausch, ma anche Agnese Riccitelli apprezzo tantissimo, specialmente per l’originale idea comunicativa che la contraddistingue oggi. Il teatrodanza aiuta a comprendere che tutti noi abbiamo uno stile di danza all’interno di noi stessi. Ogni persona ha un movimento. Le persone si conoscono poco, hanno tanti blocchi. Il teatrodanza non opera sulla psiche, non è una terapia, ma ti mostra il tuo limite. E a quel punto ci puoi lavorare.

Com’è andata avanti la tua formazione?

Dopo aver conseguito il master in teatrodanza ho iniziato a dedicarmi ad una dimensione spirituale dell’io. Credo in un concetto di Dio come natura. Credo nel Bene. Ho fatto laboratori, ho anche insegnato e insegno tutt’ora teatrodanza, ho conseguito un master in pedagogia teatrale. Poi ho iniziato a scrivere pensieri miei, che hanno preso sempre più forma.

Così ho scritto il mio primo spettacolo di teatrodanza, “heART”, per parlare di tutte le forme d’amore. Crescendo la voglia di essere al centro dell’attenzione è calata sempre di più, perché piano piano ho preso consapevolezza di quanto fosse bello creare un linguaggio universale quale quello artistico. Sarebbe bello un giorno avere nelle scuole un’ora obbligatoria di teatrodanza: renderebbe i ragazzi più consapevoli delle loro possibilità.

Roberto Bolle è uno dei migliori ballerini italiani, anche se non è un danzattore. Mi piacerebbe sentire da uno come te che fa danza da tanti anni un’opinione sull’arte di questo fuoriclasse.

Bolle è uno degli elementi migliori della danza classica italiana. È pazzesco da un punto di vista tecnico e figurativo. È elegante, impetuoso, forte: un mix perfetto. Nelle altre forme di danza, invece, non credo sia all’altezza. Credo che non sia portato per le altre forme di danza.

Tu insegni, ma cos’è che invece impari dai tuoi allievi?

La cosa meravigliosa è che imparo molto di più dai miei allievi che dagli insegnanti. Oggi è difficile essere giovani: si tenta di trovare equilibrio in un mondo che è totalmente allo sfascio. Noto questo quando mi interfaccio con i miei allievi.

E poi sono giovane anche io. Dicono che adesso sia più facile vivere, ma non è vero: là fuori c’è una competizione spietata in ogni ambito. Il tempo non è tuo amico, serve solamente per distruggerti. I ragazzi mi hanno insegnato quanto sia difficile vivere nel 2021. Mi rendo anche conto, però, che per fortuna questi ragazzi vogliono davvero cambiare le cose.

Parlaci di un tuo progetto in corso.

Io e il mio collega ed amico Dmitrij Tallarico abbiamo dato vita ad “Astralis”: dal nome si capisce l’obiettivo di puntare alle stelle. All’inizio è nato per gioco, come una scommessa. Abbiamo deciso di fare dei corti inediti. Avevo già studiato cortometraggio. Ci interscambiamo io e Dmitrij quando li giriamo. Ho diretto, ho scritto testi di canzoni. Dmitrij ha realizzato costumi.

Lo scopo è avvicinarsi sempre e comunque alla gente anche in un periodo come questo che stiamo vivendo. Comunicare e condividere attraverso diverse forme artistiche è la nostra mission, e anche il teatrodanza è arte a 360 gradi. Se non ci fosse una persona che guarda e che pone una domanda sull’arte che sta guardando, l’arte non avrebbe senso. L’arte ha senso quando diventa comunicativa.

Vuoi svelarci anche qualche progetto futuro?

A parte “Person”, un’idea che ho nel cassetto di spettacolo d’arte a 360 gradi che valorizzi pienamente il concetto di arte e persona, vorrei dare un consiglio a tutti gli insegnanti: non limitatevi alla parte esterna, perché ogni persona ha una luce dentro, e se tirata fuori tutti possiamo salvarci.

Grazie del consiglio, anch’io un giorno vorrei insegnare. Le tue parole mi riempiono il cuore e condensano in sé un’idea di Bene e Bello, che è Arte a 360 gradi. Grazie della poesia, dei messaggi. Ed in bocca al lupo per tutto.  

Grazie mille a te e viva il lupo!

Gabriele Naccarato è sulla buona strada per toccare le stelle del firmamento. Perché il suo segreto sta nell’essere umili e al servizio del pubblico, con generosità. Gli auguriamo una carriera brillante e gli diciamo grazie anche per le foto inviateci.

Christian Liguori