Intervista a Dente: il nuovo album tra prime volte e molte novità

Ha scelto il giorno del suo compleanno per far uscire “Dente”, il settimo progetto discografico di inediti prodotto da Federico Laini e Matteo Cantaluppi e arrangiato da Dente, Federico Laini e Simone Chiarolini.

Così Dente è tornato sulle scene, a tre anni di distanza da “Canzoni per metà” con un disco totalmente diverso dalla sua produzione artistica.

Al centro vi è Dente, all’anagrafe Giuseppe Peveri, che ha messo da parte i giochi di parole e la chitarra acustica per dare spazio nelle nuove undici canzoni al sound ricco e maturo, contraddistinte dalla sua originalissima cifra pop e dalla sua capacità di arrivare in profondità con semplicità.

Abbiamo chiacchierato con lui in un primo pomeriggio in cui il Coronavirus ci aveva già imposto di rimanere in casa e di dover sospendere ogni tipo di manifestazione o evente, compreso instore tour e tour di Dente.

Tra tantissime domande, abbiamo realizzato uno dei sogni di un fan di Dente ossia chiacchierare con lui della sua musica, di quanto sia bravo e di come nessuno come lui sa cantarci la vita. Tra una battuta ed un “Complimenti per il buongusto!”, Dente si è raccontato. Sono stati venti minuti bellissimi!

Non ti nascondo che ho l’ansia da prestazione. Sei uno dei miei cantanti preferiti e non vorrei far brutte figure con chi mi spiega la vita cantandomela. Iniziamo e incrocio le dita. “Dente” è il tuo settimo album. È un album di tante prime volte tutte insieme ma anche quello in cui il pronome personale io è preponderante. Quanto ti ha entusiasmato realizzarlo?

È stato un parto molto difficile e doloroso, soprattutto all’inizio quando ho provato a mettere in piedi queste canzoni e a dargli una struttura, una forma e un vestito. Poi ho trovato dei collaboratori giusti per farlo e allora lì si è aperta la porta ed è arrivato l’entusiasmo. Lì ho lavorato tanto e con grandissima gioia passando le notti in studio a vestire queste canzoni.

Cosa ne è stato del Dente di prima e chi è il Dente di oggi?

Il Dente di prima è ancora qui. È cambiato. Quel che è stato, è stato. Sicuramente non lo rinnego, ecco. Rifarei tutto. Il Dente di oggi è quello di prima solo un po’ cambiato com’è normale che sia per il genere umano. Secondo me si deve cercare di fare cose diverse rispetto a prima.

“Anche se non voglio” è stato il primo singolo estratto dall’album ma è anche la prima canzone che apre il disco. È un manifesto autobiografico in cui però il giudizio della gente sembra l’unico avversario.

Il giudizio della gente è una cosa che mi spaventa molto perché può fare molto male. Ci sono degli esempi anche nel mondo dello spettacolo in cui le dicerie hanno rovinato delle persone. Anche perché una frase può avere molti significati in un momento in cui con i social network ognuno si sente in diritto di dire quello che pensa e di rovesciare le proprie frustrazioni attaccando in modo barbaro, cattivo e rabbioso qualcun altro. È una cosa proprio terribile.

Ma dici anche “Io sono vivo solo se mi tocchi, solo quando ti guardo negli occhi”. Come ti rapporti con il giudizio della gente o degli haters? È questa la tua definizione d’amore?

Non è la mia definizione, ma è una frase d’amore. Un’immagine che mi piaceva molto in contrapposizione al pensiero della gente che per chi fa il mio mestiere è importante. Se non appari per tanto tempo, la gente ti dimentica. Quindi è in contrapposizione con questo concetto perché anche se “manco dalle scene”, io sono vivo comunque attraverso gli occhi di chi mi vive e quando sto bene nella vita reale.

In “Adieu” c’è la regola del cambiamento ossia “se non giochi non vinci mai”. Quando hai iniziato a giocare veramente secondo te?

Ho cominciato a giocare veramente quando mi sono trasferito a Milano e per una serie di fortunati eventi mi sono dedicato a questo lavoro. Ho iniziato proprio lanciandomi sul treno e dicendomi: “provo a farla giocandoci veramente”. Quindi, capitandomi nel 2006 la fortuna del primo contratto discografico, mi sono dedicato a questo lavoro 24h su 24h rispetto a prima.

Credo sia una regola fondamentale cominciare a giocare perdavvero, ossia di dedicarsi al cento per cento ad una cosa che ti piace e che vuoi fare perché credo che nel fallimento di questa cosa, poi non si possano avere rimpianti perché si è provato perdavvero a farla. Il rimpianto non è un sentimento che mi piace provare.

Dici anche “i ragazzi lo sanno bene quanto costa la fantasia”: Dente cosa è la fantasia per te e quanto costa?

La fantasia è molto importante. Credo si avvicini molto alla libertà. Costa avere tanta fantasia e soprattutto costa avere la voglia di realizzare le cose che si hanno in testa ma col rischio di non raggiungere le aspirazioni che si hanno.

“Tra 100 anni” e “Sarà la musica” hanno una cosa in comune: tendono entrambe al futuro con un po’ di scazzo per i tempi di oggi. Com’è essere cantautore oggi?

È bellissimo come lo è sempre stato perché quando si ha la libertà di poter usare la propria fantasia per comunicare, credo non ci sia soddisfazione più grande al mondo per come vedo la vita io.

E tu ci credi davvero nella forza della musica per cambiare il mondo?

Beh…se il mondo sono io, sì. Se il mondo è il pianeta Terra come concetto anche, perché ha cambiato me ed il mondo intorno a me e quindi anche il mio mondo.

“Trasparente”, “Paura di niente” e “Non cambio mai” sono i brani più emotivamente impegnati. Quando e come sono nate?

“Trasparente” è nata quando scendevo dal treno. In un momento di sconforto in cui mi sono venute queste parole e questa melodia mentre uscivo dalla stazione l’avevo praticamente scritta. Quando sono arrivato a casa l’ho finita. È stato un piano sequenza nato mentre camminavo. Racconto quel che ho sentito in quel momento.

“Paura di niente” è la prima canzone che ho scritto con il nuovo piano. Mentre provavo a suonare, è uscita istintivamente.

“Non cambio mai” non ricordo quando è nata.

“Una salita e una discesa sono due facce di una moneta”: hai ancora paura della gente? E poi cosa c’è di male se non cambi mai?

Sì, bisogna sempre avere paura di se stessi. Siamo i nostri migliori amici ma possiamo essere anche i nostri peggior nemici.

Per me cambiare è necessario. È una forma di sopravvivenza a noi stessi e al mondo che ci circonda. Rimanere fermi in un punto senza evolvere sicuramente non è una cosa buona.

Canti in “Non te lo dico” che sarebbe bello essere normale e stare bene e che fai cose che ti rendono felice, ma non lo dici. Perché?

Perché a volte siamo i nostri peggiori nemici, quindi non riusciamo a fare delle cose che vorremmo fare.

Si ripetono nel disco delle stesse parole come il tempo, io, i treni, la luna, la gente come se fossero delle fissazioni e invece?

E invece ho un vocabolario molto ristretto perché sono un perito elettronico.

Canti ciò che scrivi, ma hai anche interpretato canzoni di altri. C’è una canzone che avresti voluto scrivere tu? Quale?

Avrei voluto scrivere tantissime canzoni, soprattutto quelle che hanno venduto tante copie perché così sarei ricco. Non è la cosa più importante, però se devo scegliere, preferisco una canzone non solo bella ma che ha venduto tanto.

“L’ago della bussola” è la canzone d’amore del disco. Non so se tu sei l’unico difetto che hai, ma penso che lei sia molto fortunata a stare con un uomo che le dedica queste parole. Tu che dici?

Non so, devo chiederlo a lei. Spero che lo pensi anche lei!

Sandy Sciuto