Il potere del cane: la recensione del film con Benedict Cumberbatch

Su Netflix dal 01 dicembre 2021, Il potere del cane, di cui potete leggere la recensione in questo articolo, è l’ultimo film diretto da Jane Campion, già regista di “Lezioni di piano”. La pellicola rappresenta l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Thomas Savage (Il potere del cane, Neri Pozza), un romanzo ambientato in Montana. A metà tra il western e la saga familiare, il film descrive la vita e i differenti caratteri dei due fratelli Burbank: Phil e George, interpretati  rispettivamente da Benedict Cumberbatch e da Jesse Plemons.

Si tratta di un grande successo letterario per Thomas Savage, che, come si diceva  adesso è anche un film Netflix, già premiato con il Leone d’argento alla regia a Venezia 2021 e con il recente Golden Globe 2020 nelle categorie: Miglior Film Drammatico; Miglior attore non protagonista (Kodi Smit-McPhee) e Miglior Regia (Jane Campion).  Prima di approcciarsi alla visione del film  è bene tenere presente che si tratta di una pellicola che dà molta rilevanza ai dialoghi, ai personaggi, così come alle loro azioni e omissioni.

Gli ambienti scenici si ripetono e, come se si fosse a teatro,  è tramite l’interazione dei personaggi all’interno degli stessi  che è possibile seguire il progressivo disvelamento dei misteri che avvolgono i protagonisti. Misteri che verranno svelati spesso in modo indiretto e che richiedono quindi l’attenzione e la partecipazione dello spettatore, affinché si componga il mosaico della personalità di ciascun personaggio.

Il potere del cane – Trama

Come si diceva Il potere del cane racconta la storia di due fratelli, dal carattere opposto: il primo, George (Jessie Plemons), è timido, un po’ impacciato, ma di buon carattere, con la volontà di farsi una famiglia propria per interrompere la solitudine. Il secondo, Phil (interpretato da Benedict Cumberbatch), è  solitario, scostante, burbero, animalesco e diretto, ma anche brillante, accattivante, con una personalità dominate e d’esempio per tutti gli altri cowboy .

Questo originario nucleo familiare è destinato a modificarsi con l’arrivo di una donna (Kirsten Dunst), vedova, che intende risposarsi con George, e Peter, figlio di quest’ultima (Kodi Smit-McPhee),il quale è decisamente l’opposto di un cowboy. Dall’aspetto fragile, pallido e poco avvezzo ad attività manuali, il ragazzo è creativo e più che altro dedito agli studi di medicina, che conduce per conto proprio, trascurando altre attività, ritenute generalmente più virili,  come la conduzione del ranch.

Il contrasto tra questi due nuovi personaggi e il contesto del Montana è netto. Su di loro aleggia il giudizio di Phil, che, almeno in apparenza, sembra la personificazione dello spirito selvaggio del cowboy del Montana. Egli è infatti rude, indomito, selvaggio come il suo caro amico e defunto mentore “Bronco” Henry, una vera e propria leggenda, di cui Phil compiange spesso la dipartita.

Ebbene, niente è come sembra… Il potere del cane è a tutti gli effetti un western drammatico e psicologico, fedele in questo all’idea di base del cinema western, fatto non solo di duelli e sparatorie, come spesso erroneamente si crede, ma anche di sottigliezze psicologiche affatto scontate (si pensi a “Mezzogiorno di fuoco“, un film sull’attesa di un duello).

Il potere del cane – Dentro ognuno di noi c’è un cane pronto a mordere

“Dentro ognuno di noi c’è un cane in agguato, pronto a mordere”. Questa frase potrebbe in parte riassumere la potente metafora che rappresenta il filo conduttore del film.

Ogni personaggio di Il potere del cane ha fin da subito un lato misterioso, tenebroso e inquietante. Jane Campion dirige gli attori alimentando questo mistero, senza mai svelare troppo. Fa parlare i personaggi, non solo tramite i dialoghi, ma anche con le loro azioni.

E’ così che ciascuno di loro, progressivamente mostra parte del suo lato oscuro, il quale emerge innanzitutto in risposta ad un attacco, per difesa da chi possa essere considerato una minaccia.

Così Phil, che si sente minacciato dalla vedova e dal figlio di questa, i quali hanno ribaltato del tutto la vita sua e del fratello. La sua ostilità aleggia negli ambienti ed è immortalata negli sguardi. In ciò l’attore Benedict Cumberbatch dimostra tutta la sua abilità di attore. Rende, anche in marginali espressioni, il ringhio di un cane che sente minacciato il suo territorio.

Ben presto però anche gli altri personaggi mostreranno le loro inquietudini nascoste, che andranno tra loro a cozzare, sprigionando necessariamente il dramma.

Ma il potere del cane è anche qualcosa che va conosciuto. Chi ne è consapevole, chi sa quali siano le sue ombre e riesce a distinguere quelle degli altri può spingersi molto oltre. Può arrivare a sfruttare le debolezze altrui per farne la propria forza…

Il potere del cane – La violenza nascosta e l’immagine segreta nella roccia  

E’ proprio questo elemento, quello della violenza nascosta ad essere una chiave di lettura del film. La regista Jane Campion gira il film proprio con questo intento. Vuole creare mistero e avvolgere lo spettatore in un avvolgente nuvola di enigmi relativi a ciascun personaggio, tra detto, non detto e ipotizzato.

Emblematica in tal senso la domanda che Phil (Benedict Cumberbatch) pone più volte rispetto ad una grande roccia che sovrasta le praterie del Montana. Chiede che cosa essi vedano, così come Broco Henry, a suo tempo, lo aveva chiesto a lui.

La domanda è centrale per il personaggio, quasi iniziatica, per capire se il suo interlocutore sia davvero all’altezza. Più di un semplice gioco, è metafora di qualcos’altro, della conoscenza del confine tra bene e male, nonché del superamento della soglia nella perdita dell’innocenza.

La risposta a questa domanda anticipa un ribaltamento dei ruoli che stravolge con un colpo di scena d’impatto la visione del film. La pellicola ne guadagna in complessità.

Jane Campion prepara con pazienza di scrittura la strada per il finale, con una regia asciutta, ma tagliente che si alimenta grazie all’inquietudine dei personaggi.  Ciascuno di essi quali trova a suo modo una risposta su quale sia la pulsione vitale, a volte anche mortifera, che anima gli esseri viventi. Essa è riassunta anche nella frase  di un salmo, da cui lo scrittore Savage ha preso spunto per il film Salva l’anima dalla spada e il cuore dal potere del cane” : frase che compare sul finire della pellicola. Come difendersi dalla parte oscura che è in noi? Sembra domandarsi lo scrittore e con lui la regista… 

Il potere del cane  – Meglio non rivolgersi la parola sul set 

Come si diceva la performance di tutti gli attori è di alto livello. Si ha l’impressione che essi abbiano seguito con pazienza lo sviluppo della sceneggiatura, sotto una direzione attenta da parte della regista.

Tra le voci che circolano anche quella secondo cui Benedict Cumberbatch e Kristen Dunst, si siano addirittura evitati appositamente durante le riprese.  Sembra che non si siano mai rivolti mai la parola al di fuori delle battute a loro affidate, proprio per calarsi meglio nell’interpretazione dei personaggi. Metodo radicale, ma a quanto pare riuscito, considerando, l’astio percepibile anche solo tramite sguardi, tra di due personaggi, sulla scena.

Ottima l’interpretazione del giovanissimo Kodi Smit-McPhee (già visto da bambino in The Road) nei panni di Peter. E’ un personaggio fragile, ma al contempo misterioso, capace di suscitare empatia, per la sua creatività, criticata dal machismo del Montana; ma anche di irritare per la subdola e cinica intelligenza che lo contraddistingue.

Da sottolineare anche la performance di Jesse Plemons, attore ombra, sempre in grado di ricoprire con equilibrio e consapevolezza i ruoli affidatigli dai registi.

Francesco Bellia