Il periodo di contrazione dell’Unione Europea: la situazione e gli scenari

La crisi dell’Unione Europea. L’oligarchia eretta da anni a capo del sistema Europa, esercitante un potere semi-assoluto, sta attraversando un periodo di forte ostilità da parte di molti Stati membri dell’Unione Europea. Un sistema oligarchico di elitès finanziarie che esercita il proprio potere decisionale sull’Europa senza una vera e propria legittimazione democratica: un sintomo del tendente abbandono di diverse ideologie politiche in direzione di un governo globalista europeo, concentrato nelle mani di pochi.

Le ripetute crisi bancarie dettate da una ricerca di preservazione di sé stessa, la crisi dei migranti da anni sulla bocca di tutti, l’incapacità dell’UE di costituirsi come ente geopolitico a se stante: queste alcune delle cause che hanno generato negli ultimi mesi plurime accuse al sistema centrale europeo, dalla Turchia al caso Brexit, passando per la Catalogna stessa. Se negli ultimi decenni avevamo assistito ad un forte periodo di espansione di questo ente sovranazionale, negli ultimi anni ci si sta invece infilando verso una contrazione dell’Unione Europea.

LE PAROLE DI ERDOGAN – In seguito al tentato golpe nell’agosto dell’anno scorso, Erdogan parlò così nel corso di un’intervista a Rai News 24: “In Turchia c’è stato un golpe contro la democrazia che ha fatto 238 martiri e nessuno è venuto qui. Ora vi chiedo una cosa: l’Europa è dalla parte della democrazia o del golpe?”. A pochi mesi dopo risale un’altra uscita del presidente turco: “L’UE tratta i migranti come gli ebrei nella II Guerra Mondiale, e l’islamofobia sta crescendo”. Gli scontri Turchia-Europa derivano dalla battaglia politica messa in atto dal governo di Ankara per entrare a pieno titolo nell’Unione Europea, obiettivo che sta fallendo non tanto per la mancanza dei titoli economici, quanto per lo standard di democrazia presente nel Paese: le massicce campagne repressive verso la stampa – soprattutto contro il quotidiano Cumhuriyet – e diversi apparati pubblici, in seguito al golpe, e il caso Boehmermann in terra tedesca non hanno fatto altro che far crollare le quotazioni turche in relazione ad una futura entrata nel panorama europeo.

IL CASO BREXIT – Emblematico di questa tendenza contrastiva nei confronti dell’UE è stato il caso Brexit. La vittoria del Leave con il 51.9% nel referendum britannico del 23 giugno 2016 ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Un’istituzione, quest’ultima, che ha raramente trovato la piena accoglienza da parte della penisola britannica (Scozia esclusa, che ha rilanciato per l’indipendenza ed il rientro in Europa).

Brexit che è però il prodotto finale, o meglio intermedio ma con una maggior cassa di risonanza, e non la causa dei movimenti in contrasto con l’Unione Europea. I primi sintomi di questa tendenza risalgono ancor prima della crisi finanziaria del 2008: tra questi, la tentata bocciatura di Francia e Olanda dei Trattati di Lisbona nel 2005 e la stessa Eurozona. La moneta unica, che avrebbe dovuto portare stabilità e benessere finanziario, ha causato invece una mala-gestione dei focolai di crisi economica, una cura di austerità fiscale generalizzata e un crollo degli standard di vita dei cittadini: tutte conseguenze messe in luce dalla crisi economica che hanno innalzato il livello di euro-scetticismo, di cui la Brexit è appunto un prodotto, di immense dimensioni.

LA CATALOGNA – L’ultima situazione critica in mano all’Europa, in ordine di tempo, deriva dalla Catalogna. Il referendum tenutosi l’1 Ottobre in Catalogna, incostituzionale ma allo stesso tempo represso con estrema forza dalla polizia spagnola e avente registrato il 90% di voti favorevoli all’indipendenza, ha aperto diverse delicate questioni in sede UE. A riguardo, il presidente della Commissione Europea Juncker ha già espresso come, essendo una questione interna spagnola, le parti in causa dovranno trovare un accordo senza chiamare in causa l’organismo sovranazionale europeo.

La questione catalana, forse ancor più della Brexit stessa, è il volto più evidente della sanguinante condizione in cui versa il Vecchio Continente, condizione imputabile in molti casi all’Europa stessa. L’Unione si trova quindi a dover bilanciare e moderare queste spinte indipendentiste con le ragioni della sovranità statale; al tempo stesso, si trova a dover fronteggiare un generale sentimento di disapprovazione da parti degli stessi Stati che ne fanno parte, mossi dall’eccessiva centralizzazione del potere, dagli effetti della crisi e dai tagli al welfare.

Non c’è dubbio: dai primi anni del nuovo millennio, successivamente con la crisi del 2008, il processo di integrazione ed aggregazione in seno all’Europa, di cui l’Unione Europea si è resa naturale portavoce e primo interprete, ha subito un forte ed evidente rallentamento. Questa non è una critica ma un chiaro dato di fatto, di cui bisogna essere consci proprio per risolvere questo periodo di contrazione dell’Unione Europea, organismo che purtroppo, negli ultimi anni, si è reso inadatto nel porsi come entità unica e nel sanare le fratture interne al sistema.

Andrea Codega