Il mondo del lavoro post pandemia? Flessibilità e wellbeing tra i must have più richiesti

Non accenna ad arrestarsi l’ondata di stravolgimenti che sta interessando, ormai da tre anni a questa parte, il mercato del lavoro italiano, che ha preso il via dopo la pandemia e nel tempo si è sempre più intensificata e diversificata, interessando svariate categorie di lavoratori e lavoratrici.

Dal fenomeno delle grandi dimissioni, che in Italia nel 2022 ha fatto registrare 1,6 milioni di contratti conclusi, al quiet quitting e poi ancora il quiet hiring, senza dimenticare il grande tema della fuga di cervelli, che interessa 2 milioni di italiani e costa all’Italia l’1% del PIL annuo.

In questo scenario esiste però un aspetto positivo e riguarda tutte quelle iniziative virtuose messe in campo dalle imprese che si sono rese conto dell’importanza di garantire ai propri dipendenti un ambiente di lavoro sano, inclusivo e attento alle loro esigenze.

Tra queste c’è Coverflex, startup portoghese da poco entrata in Italia e operativa nel campo del welfare aziendale, che ha studiato a fondo il mercato del welfare italiano, evidenziando gli aspetti più rilevanti per le risorse di oggi.

In Italia il mercato del welfare è un terreno molto fertile ma largamente non coltivato: basti pensare che, rispetto solo ai buoni pasto, sono poco più di 3 milioni i lavoratori che li utilizzano ogni giorno a fronte di un potenziale di cinque volte maggiore, 16 milioni,. Risultato? La maggioranza dei possibili fruitori non ne gode ancora, con conseguenze negative sulla soddisfazione e sul benessere del dipendente, e un sistema welfare potenzialmente molto valido che rischia di rimanere inespresso”, dichiara Chiara Bassi, Country Manager per l’Italia di Coverflex.

5 aspetti fondamentali in ambito welfare a cui ogni impresa dovrebbe fare attenzione

1) Flessibilità oraria 

La pandemia è stata un banco di prova importante e oggi i dipendenti non vogliono più rinunciare alla possibilità di lavorare da casa, qualora ne abbiano gli strumenti, gestendo con più libertà l’orario lavorativo e migliorando di conseguenza l’equilibrio tra vita privata e professionale. Molti Millennials, inoltre, hanno raggiunto quell’età in cui decidono di crearsi una famiglia e chiedono perciò maggiore flessibilità per gestire gli impegni che ne derivano, senza rinunciare a trascorrere del tempo di qualità con i propri cari. Ma c’è anche chi, in passato, ha dovuto rinunciare a hobby e altri impegni per motivazioni legate al lavoro e oggi ha la consapevolezza dell’importanza di dedicare del tempo a se stessi e alle proprie passioni;

Flessibilità…geografica!

Nota come workation, southworking o remote working, termini e modalità di lavoro che hanno preso piede negli ultimi tre anni e che concedono ai dipendenti la possibilità di scegliere da dove lavorare. Per alcuni questo si traduce in un ritorno nella propria regione di origine, per altri nella possibilità di essere operativi da qualsiasi parte del mondo, per altri ancora nell’abbracciare la vita da nomade digitale. Coverflex, a tal proposito, lavorando in full remote, permette a talenti da tutto il mondo di entrare nel team e offre budget dedicati al lavoro da remoto (1000€ all’anno da spendere in spazi di co-working, attrezzatura per home office, alloggi e molto altro);

2) Maggior potere d’acquisto

L’inflazione e la scarsa crescita dei salari hanno ridotto il potere d’acquisto dei lavoratori italiani, che cercano perciò imprese che offrano un miglioramento della retribuzione o un pacchetto retributivo che comprenda benefit con un impatto immediato sulla quotidianità – come buoni pasto, fringe e flexible benefit – senza gravare eccessivamente sui conti dell’azienda;

3) Atmosfera di lavoro

In particolare, attenzione all’inclusività, alla tutela della diversità e della sostenibilità, alla riduzione del gender gap e a temi come mobbing e trasparenza. Sono tutti aspetti particolarmente importanti per le nuove generazioni e che si aggiungono ai più comuni criteri di valutazione in fase di scelta;

4) Salute mentale e non solo

Il tema del benessere mentale è sempre più centrale in azienda, tanto che il 39% dei dipendenti ritiene che il carico eccessivo di lavoro a cui è sottoposto e le tempistiche strette siano fattori determinanti nel rischio di burnout. Inoltre, solo il 31% dichiara che il datore di lavoro sostiene realmente il benessere dei propri dipendenti, a dimostrazione di come la strada da percorrere in questa direzione sia ancora molto lunga e la necessità di attivarsi sempre più urgente;

5) Formazione e investimento sulla crescita

Ecco, infine, gli aspetti a cui i dipendenti, soprattutto quelli appartenenti alle ultime generazioni, non vogliono più rinunciare, perché credono nell’importanza di imparare durante tutto il loro percorso professionale, sperimentando e muovendosi all’interno della realtà in cui lavorano, onde evitare il rischio di ritrovarsi a svolgere una mansione alienante e poco stimolante che porterà necessariamente la risorsa a guardare altrove.

Le ragioni per le quali un lavoratore sceglie un’azienda, o sceglie di abbandonarla, sono cambiate radicalmente e sarebbe un errore continuare ad applicare modelli retributivi e di welfare che funzionavano dieci o venti anni fa e che oggi sono quindi obsoleti e controproducenti. I benefit offerti dall’azienda devono essere percepiti come un vero e proprio valore aggiunto, oltre a rispondere alle effettive necessità del dipendente, che oggi si trova ad affrontare una quotidianità molto diversa dal passato. È molto netta infatti, la presa di distanze dal concetto di “benefit come status” , auto aziendale o ultimo modello di cellulare, verso i quali le nuove generazioni non mostrano più interesse.  Un piano di welfare flessibile, di facile utilizzo e che metta al centro il dipendente come individuo e consumatore, prima che come lavoratore, può aiutare le aziende italiane, specialmente le PMI, ad attrarre e trattenere i talenti, che altrimenti saranno invogliati a guardare altrove e cercare soluzioni più in linea con le loro esigenze e i loro valori”, chiude Chiara Bassi.

Valentina Brini