Hideo Kojima con Norman Reedus, che in Death Stranding darà il volto al nostro personaggio

Hideo Kojima: Death Stranding ci insegnerà a combattere l’odio

Dal giorno dell’annuncio all’E3 2016, fino a quello del lancio ufficiale l’8 Novembre scorso, il mondo Nerd non ha smesso un secondo di parlare di Death Stranding, l’ultimo ambiziosissimo progetto del maestro Hideo Kojima. Un tempo di attesa molto lungo, segnato da alti e bassi nell’interesse del pubblico. A partire da quel primo spettacolare trailer, che mostrò la complessità del progetto, riuscendo a conquistare il cuore degli appassionati. 

Al contrario, il primo gameplay, fu pesantemente deriso, facendo sembrare il gioco come un ripetitivo simulatore di portapacchi stile Amazon. Eppure, appena uscito, Death Stranding è riuscito a dimostrare di essere un’opera assolutamente originale, che nessuno avrebbe potuto prevedere. Qualcosa che potrebbe addirittura rivoluzionare per sempre la storia del videogame.

 

Hideo Kojima, artista dal cuore d’oro

Sarebbe semplicistico considerare Kojima come un semplice sviluppatore di videogiochi. Negli anni, l’autore di Metal Gear, ha mostrato al mondo la propria vena artistica, progettando opere che non puntassero semplicemente a divertire il proprio pubblico, ma a stupirlo, affascinarlo e a trasmettere un messaggio. Nel caso di Death Stranding il messaggio, nonché fulcro dell’esperienza, è la connessione.

Kojima lo ha definito uno “Stranding game” (strand, ovvero filo) un gioco di connessioni dunque, a partire dalla trama. Nel videogame infatti, l’obiettivo del protagonista sarà quello di riconnettere le città degli Stati Uniti da una costa all’altra, in uno scenario post apocalittico.

Un’avventura rischiosa e solitaria, ma in cui non ci sentiremo mai davvero soli. Kojima ha infatti ideato per la sua opera un nuovo sistema di multiplayer asincrono, grazie al quale i giocatori, pur non vedendosi fisicamente, possono entrare in contatto e collaborare. 

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Hideo Kojima con Mads Mikkelsen e Léa Seydoux, protagonisti di Death Stranding assieme a Norman Reedus

“Al giorno d’oggi siamo connessi ad internet 24 ore su 24, e si pensa che la tecnologia serva a renderci felici. Eppure quotidianamente vediamo persone che si  insultano e discriminano gli uni con gli altri in forma anonima. Negli ultimi tempi tutto ciò sta iniziando a far allontanare le persone dai social media o addirittura da internet. Eppure, quando giochi a Death Stranding, le tue connessioni con le altre persone sono totalmente positive. Inizi a prenderti cura degli altri. Quando ho visto l’effetto che il mio gioco aveva sulla persone, mi sono sentito davvero orgoglioso.” 

Il messaggio di Kojima è davvero forte e commovente, e sembra proprio che sia riuscito a colpire l’obiettivo Lo spirito di connessione dell’autore è stato perfettamente compreso dai giocatori, molti dei quali preferiscono concentrarsi sull’aiutare gli altri a progredire piuttosto che concentrarsi sulle proprie missioni.

Death Stranding è l’esempio perfetto di come il mondo dei videogiochi riesca talvolta a sfociare in quello dell’arte. Un progetto che emoziona lo spettatore e riesce anche ad insegnargli qualcosa, lasciando una traccia indelebile nella sua vita.