"El Camino": il film che tutti volevano, ma che nessuno si aspettava

Dopo mesi di teorie, speculazioni, conferme e trailer l’11 ottobre è finalmente arrivato, e ha portato con sé “El Camino“, il film di Breaking Bad. La pellicola, della durata di 122 minuti e disponibile su Netflix, racconta le vicende di Jesse Pinkman dopo il finale della serie. Alla regia troviamo sempre Vince Gilligan, il genio creatore di Breaking Bad e del suo spin off Better Call Saul.

Il film spiega e approfondisce il finale apertissimo della serie (che era già tuttavia perfetto così) in un modo che non ci aspettavamo.

Ovviamente questa recensione conterrà spoiler. Vi invitiamo dunque a proseguire nella lettura solo se avete già visionato il film.

Partiamo dall’aspetto meramente più tecnico. “El Camino”, sotto questo punto di vista, è una bomba, esattamente come la serie. Regia, fotografia e montaggio (che alterna continuamente presente e passato) sono decisamente azzeccati. Interessante è la scena in cui Jesse cerca soldi a casa di Todd: attraverso un egregio lavoro di montaggio, il regista ha dato alla scena un ritmo incalzante ma allo stesso tempo molto teso. Anche la colonna sonora è totalmente da apprezzare: Gilligan ha saputo dare, attraverso le musiche, il giusto peso alle azioni dei personaggi regalando anche atmosfere e sensazioni già vissute perché appartenenti alla serie madre.

Chi ha visto anche Better Call Saul, oltre ovviamente a Breaking Bad, saprà benissimo che Gilligan è un maestro nel creare collegamenti e riferimenti più o meno espliciti tra i vari prodotti che crea. Si può dire che anche in questo film ci è riuscito fin dal titolo. La Chevrolet El Camino (da qui il nome del film) è la macchina guidata da Jesse nell’ultima scena della serie, nella sua disperata fuga.

I riferimenti tuttavia si sprecano. Per citarne uno, il più interessante dal nostro punto di vista si ha nella scena in cui Jesse si trova a contatto con i due criminali che si fingono poliziotti. A quanti non è venuta in mente la toccante scena di Breaking Bad in cui Jesse è costretto, suo malgrado, a uccidere il povero Gale Boetticher? L’inquadratura è la stessa, il soggetto pure. Quello che cambia è il finale della scena.

A sinistra, Jesse uccide Gale nella 3×13 di “Breaking Bad” con la pistola non messa a fuoco. A destra, Jesse punta la pistola in faccia al criminale in “El Camino”. Questa volta è Jesse a non essere messo a fuoco.

Ma i riferimenti si hanno anche nella scena iniziale, con la comparsa di Mike Ehrmantraut, e nel resto della pellicola, con quelle di Jane Margolis, di Skinny Pete, dello zio Jack, di Todd e soprattutto di lui, di Walter White. Tutti personaggi fondamentali in Breaking Bad che qui tornano.

Il film è tutto un susseguirsi di confronto tra presente e passato, grazie ai continui flashback. Essi ci mostrano soprattutto i periodi di prigionia di Jesse. Pinkman, in questo film, viene approfondito definitivamente, vengono messe in luce quelle che sono state le sue debolezze e gli incubi che ha dovuto patire a causa di Walter. Nella prima scena, quando viene ospitato dai suoi vecchi amici Skinny Pete e Badger si sente ancora bloccato in gabbia.
Il film analizza anche il suo rapporto con Todd, il suo prigioniero (che nella serie morirà proprio per mano sua), con il quale ha avuto modo di passare tre giorni senza nessun altro durante la prigionia.

Il personaggio di Todd è un po’ il punto dolente del film. Da un punto di vista della caratterizzazione, esso viene sviluppato in modo molto chiaro (tutto in flahsback, ovviamente). Dopo aver ucciso la donna delle pulizie è come se non gli importasse nulla, (si rimette la cintura con la quale l’ha strangolata). Trova il suo spazio, dunque. Quello che fa storcere il naso è la forma fisica di Jesse Plemons, l’attore che lo interpreta. Anche vedendo il film a distanza di anni dalla serie non si può non notare come sia notevolmente ingrassato, andando a creare una situazione tragicomica: le sue vicende sono cronologicamente collegate a quelle della serie ma lui è totalmente diverso nell’aspetto fisico.

A sinistra l’attore Jesse Plemons in “Breaking Bad”. A destra, invece, in “El Camino”.

Ma passiamo alla scena migliore di “El Camino”, che è indubbiamente lo scontro in stile Sergio Leone tra Jesse Pinkman e Neil, il criminale che si è finto poliziotto. In questa scena, che si conclude con la morte del cattivo e la (ennesima) fuga di Jesse, la tensione è palpabile grazie soprattutto all’ottima colonna sonora. Il modo in cui il protagonista uccide il suo nemico, inoltre, è a nostro avviso geniale.

Si può vedere un parallelismo anche nella conclusione del film, il quale termina proprio come la serie: Jesse è in macchina, fugge via. C’è una differenza, però: ora ha l’occasione di ricominciare da zero, cosa che non gli era stata permessa in precedenza. Probabilmente è a questo che è destinato; è costretto a una continua fuga da una vita che ha deciso di crearsi e che vorrebbe ormai lasciarsi definitivamente alle spalle. Il finale (ancora una volta) aperto non ci permette di sapere cosa sarà e come sfrutterà questa “seconda opportunità”.

Non si può dire che questo film aggiunga qualcosa di veramente importante ai fini della trama, cosa che ci saremmo tutti quanti aspettati. Il film si concentra di più sull’approfondimento psicologico e umano dei personaggi, piuttosto che proseguire con la narrazione dopo gli eventi. Ma è andata bene così, è stato sicuramente bello rivedere Jesse, Walter, Mike e Jane. Un salto nel passato che ha dato un senso di completezza a un prodotto che già di suo rasentava la perfezione.

Marco Nuzzo