Dimmi cosa butti e ti dirò chi sei!

La scienza che studia la spazzatura si chiama “Garbologia”  e deriva dal termine inglese “garbage” (=spazzatura). Tale termine fù usato per la prima volta dallo scrittore Alan Weberman in un suo libro dedicato a Bob Dylan.
Weberman divenne noto alla fine degli anni 1960 con la sua controversa metodologia di ricerca e di interpretazione di cose inerenti la vita di Dylan, che veniva fuori anche dall’esaminare il contenuto dei suoi rifiuti domestici.
Successivamente il temine ritornò alla ribalta grazie all’archeologo William L. Rathje che a capo di alcuni studenti dell’università dell’Arizona, diresse il progetto “Tucson Garbage“, uno studio effettuato nella vecchia discarica ‘Fresh Hills‘ (area intorno all’omonimo fiume) che ha raccolto l’immondizia di New York dal 1948 al 2001 e che dovrebbe ora diventare un parco.
Il dr Rathje ed i suoi collaboratori studiarono il contenuto dei rifiuti al fine di esaminare i modelli di consumo.
Spesso quello che veniva fuori dall’esamina dei rifiuti di una zona, non corrispondeva alle informazioni note sulle abitudini dei suoi abitanti. Per esempio,  il consumo di alcol è stato dimostrato essere in realtà molto più alto di quanto risultava dai questionari compilati dalle famiglie della zona. Pertanto, lo scavo e l’analisi della spazzatura relativa agli anni passati, aveva un suo valore scientifico ed ha portato Rathje a suddividere l’età del consumismo in tre periodi: arcaico (1950-1960),  classico (1961-1975) e decadente (1976-1980).
In aggiunta, la ricerca Rathje ha rilevato che il tasso di biodegradazione naturale è molto più lento di quello che era stato, invece, dato come probabile.
redazione