“Cultura usa e getta”: un binomio da distruggere!

Fin dalla nascita dei primi musei, archivi, gallerie d’arte o biblioteche, fin dalle loro prime attività e diffusione, si impose la struggente quanto “doverosa” necessità di conservare, tutelare, valorizzare e comunicare le incredibili quanto affascinanti manifestazioni culturali della storia dell’uomo. Conoscere il passato per capire il presente e orientare il proprio futuro. Così recitava il grande storico greco Tucidide. In fin dei conti altro non si chiedeva che proteggere la nostra cultura: niente di più, niente di meno.

Ogni singolo oggetto, dipinto, affresco, monumento, edificio, rappresentante la storia dell’uomo era assolutamente meritevole di protezione e cure d’ogni tipo, rendere fruibile per alimentare ad ogni contemplazione ciò che fu per comprendere ciò che avevamo e ciò che sarebbe stato. Rendere orgogliosi ogni città, ogni regione e nazione. Oggi purtroppo rimane poco di tale nobile concetto, di tale volontà e  di un simile bisogno di “valorizzazione”.

Attualmente nella nostra società, ogni evento o istituzione culturale “vive” il tempo che gli viene concesso o le energia che gli vengono dedicate: tutto ciò che è accaduto prima viene messo in cantina e spesso dimenticato troppo velocemente. Ad ogni mostra, di qualsiasi genere sia, splenderà il tempo necessario della sua durata, alla fine non rimarrà più nulla. Quelle che una volta erano gloriose biblioteche o archivi, adesso vivono e difficilmente sopravvivono all’interno della mercificazione degli eventi, per cui la cultura si produce, si vende, si compra ma non si “farà propria”.

Ormai, da molto tempo, viviamo in un clima culturale “usa e getta”, dove predomina il “tutto e subito”, di “mentalità dello spot” che mal si accorda con quel che furono le originali quanto più che lodevoli necessità dei musei, mostre, archivi o biblioteche che avevano ed hanno strategie comunicative e didattiche sicuramente impostate su tempi lunghi del saper fare, sulla pazienza dell’indagine e del confronto.

I musei, purtroppo, vivono un clima d’ancor peggior adattamento, sempre di più considerati come delle vere e proprie aziende, con un loro bilancio e determinati guadagni da dover raggiungere. Non era più sufficiente che fossero stati costituiti per scopi quanti più nobili possibili, tra conservazione e valorizzazione, non bastava più che fossero gli unici e reali baluardi di difesa per non dimenticare la cultura dell’uomo. Ormai diveniva un soggetto che si doveva necessariamente adeguare, e anche in fretta.

Dall’ultimo ventennio in poi, crebbe il problema dei finanziamenti: senza questi anche il più grande dei musei, avrebbe vita assai breve. Per averli, era necessario inserirsi all’interno di un sistema economico spesso finalizzato a “trasformare” il museo, come se fosse una nuova attrazione che avesse dovuto attirare, divertire e persuadere ogni visitatore, che fosse più interattivo possibile. Forse, un’unione, museo – spettacolo che li considerasse come luoghi d’intrattenimento di massa sarebbe un errore da non commettere.

Se spettacolarizzazione sarà, dovremmo essere bravi a non approfittarne e a far si che ogni museo, biblioteca o archivio del mondo sia l’unico modo privilegiato per fare ricerca e divulgazione, tra conoscenza e valorizzazione della storia dell’uomo.

Alfonso Lauria