Cary Grant: il fascino discreto della seduzione

E così quel ragazzo triste divenne un ragazzo di strada. Per cancellare la struggente malinconia dovuta all’assenza della madre, ricoverata in una clinica psichiatrica, non gli rimase altro che intraprendere un futuro migliore per un’esistenza diversa anziché fermarsi ai suoi margini: fuggì di casa e dalla natia Bristol, vagabondò  per le provincie inglesi al seguito d’una compagnia di saltimbanchi imparando il mestiere di vivere attraverso la coniugazione dell’arte teatrale con le sue molteplici sfaccettature.

Appena sedicenne di bell’aspetto cui trasparivano occhi avidi d’avventura e dai modi alquanto eleganti, un brumoso mattino del 1920, senza dire niente a nessuno accompagnato dall’invitante suono delle sirene, s’imbarcò su un piroscafo diretto in America al seguito della compagnia di Bob Pender con appresso il suo pacco di esperienza legato al fil di spago alla sua straordinaria naturalezza seduttiva che poi era il suo vero talento. Approdò a Broadway per recitare nello spettacolo” Good Times”: riportò un ottimo successo e per più di un decennio esibendosi in tutti i palcoscenici degli Stati Uniti, fornì ottima prova di sé stante che, oltre la recitazione, si distingueva nel music hall ed era perfino un ottimo funambolo. Fu così che entrò nel mondo della casa di produzione cinematografica Paramount come caratterista e factotum.

Il suo lungo viaggio artistico era finito, finalmente aveva ritrovato la parte mancante di se stesso, la sua metà: di lì a poco Archibald Alexander Leach avrebbe lasciato la scena a Cary Grant.

Siamo nel 1932 e a quei tempi a Hollywood il tipo d’uomo che s’incontra una volta e mai più, quello fatale e conturbante, contrastava l’immagine dell’onesto cittadino impegnato a difendere i sacri valori della Patria. Brioso con la sua ammiccante ironia, disinvolto nei movimenti, inconfondibile nel suo stile e simpaticamente irresistibile nella sua velata normalità, Cary Grant impose il suo personaggio alquanto originale poiché gli calzava a pennello il ruolo dell’uomo dalle belle qualità, sornione e romantico alle prese con le piacevolezze dell’essere donnaiolo che, a modo suo, riesce brillantemente a determinare un lieto fine nonostante equivoci ,malintesi e scherzosi capricci della sorte.

Il suo pregevole gioco delle parti incominciò, dopo il debutto con un piccolo ruolo nel film This Is the Night”, in quello stesso anno col film: ”Venere bionda”, in cui interpreta Nick, un avvolgente play boy invaghito della conturbante Marlene Dietrich; continuò l’anno dopo con “La donna fatale” nei panni di Cummings, il limpido capitano della polizia attratto, suo malgrado, dalla prorompente femminilità di Mae West, l’appariscente cantante che gestisce il night club infestato dalla presenza di loschi figuri.

A suo agio nel genere brillante per via del suo frusciante fascino e dell’innata classe, si trovò a meraviglia nella piacevole leggerezza dei ricercati ruoli della commedia Hollywoodiana. Particolarmente scintillanti quelli mirabilmente recitati in coppia con la scatenata Katharine Hepburn: lui paziente ma arguto, dolce e sottile, disinvolto o imbranato sempre in lotta con la sconsiderata vitalità di una donna emancipata, curiosa, eccentrica e in fondo sentimentale. Assieme girarono sotto la sapiente regia di due mostri sacri come George Cukor e Howard Hawks quattro indimenticabili film: capolavori di recitazione frizzante e sopraffina, irrepetibili perfomance in commedie raffinate disegnate allo scopo di far ridere e sorridere anche per sdrammatizzare un periodo incerto della società americana.  Sul set de ”Il diavolo è femmina” del 1935, avvennero le prime graziose schermaglie. La splendida accoppiata si ripresentò con ancor maggior successo tre anni dopo nel delizioso intreccio di caratteri opposti finemente proposto dal divertente film “Susanna”, continuò in quell’anno quando i due si ritrovarono nel delicato e sentimentale “Incantesimo”; e fu infine suggellata dal grandioso ritratto dell’epoca d’oro della sofisticata società americana in ” Scandalo a Filadelfia”del 1940.

Queste stupende interpretazioni sfumate da penetranti lampi d’introspezione, centrarono il bersaglio dell’assoluta notorietà e ancora una volta il genio visionario di Alfred Hitchcock le intercettò: Cary Grant possedeva, infatti, le caratteristiche ideali per incarnare un personaggio adatto ai suoi thriller. Era perfetto per rappresentare il lato oscuro della normalità perché aveva un’imperturbabile capacità di sdoppiamento tale da diventare un individuo particolare, ambiguo e drammatico senza però non perdere il suo umorismo anche nelle situazioni più paradossali.  

Così diventa protagonista nel 1941 del film “Il Sospetto”, dove nella parte dell’inquietante Johnny, turba la vita della tenera moglie Joan Fontaine. Anni dopo, risoluto agente Devlin di “Notorius”, scambia uno dei più lunghi baci della storia del cinema con l’adorabile Ingrid Bergman che salva dalle grinfie dei nazisti; poi, famigerato John Robie, nel giallo pieno di sottigliezze “Caccia al ladro”, s’incastra meravigliosamente con una sgargiante Grace Kelly; e infine nelle vesti del malcapitato agente pubblicitario Roger Thornhill, con l’imprevista complice Eva Marie Saint, sfugge al complotto organizzato dal bieco James Mason ne ”Intrigo internazionale” del 1959. In tutto questo frattempo, Grant aveva benissimo raffigurato un’altra vasta e assortita gamma di personaggi singolari: Mortimer il fresco sposino dubbioso della sua sanità mentale a causa degli omicidi delle candide vecchie zie di “Arsenico e vecchi merletti”; Cole Porter il guizzante musicista di “Nightand Day”; Riccardo ”Dick” Nuggent il vissuto pittore di “Vento di primavera di cui s’innamora la severa giudice Mirna Loy; con la stessa sposato é Jim Blandigs l’ostinato pubblicitario newyorchese de “La casa dei nostri sogni”; Henri Rochard, il brillante ufficiale dell’esercito francese irresistibilmente attratto dalle grazie di Ann Sheridan di “Ero uno sposo di guerra”.

Questa filmografia oscillante tra la metà degli anni quaranta e la loro fine, si rimpolpò nel decennio successivo : ecco Nickie lo scanzonato mantenuto di “ Un amore splendido” che prende coscienza del suo amore per la delicata Deborah Kerr; Anthony l’impettito ufficiale britannico di “Orgoglio e passione” in guerra contro Napoleone  che contende la fiammeggiante passione gitana di Sophia Loren al truce Frank Sinatra; Philip Adams il garbato diplomatico di “Indiscreto” che da impenitente scapolone cerca di sfuggire alle lusinghe amorose dell’ancor piacente Ingrid Bergman.

Il suo particolare magnetismo, di affascinante seppur brizzolato sex symbol, funzionò anche nei suoi ultimi film degli anni 60 a confronto di bellezze più giovani quali Audrey Hepburn, Doris Day, Leslie Caron e Sofia Loren, certificato nella vita privata anche da una quinta moglie. Per essere perfetto però aveva un difetto:non riuscì mai a vincere un Oscar come attore protagonista, però accettò con stile, nonostante fosse un palese contentino, quello alla carriera assegnatogli nel 1970. Fu questa la vera ingiustizia perpetrata ai suoi danni mentre l’ameno chiacchiericcio, durato quasi una carriera, sulla sua espressività sessuale in fondo rafforzò paradossalmente la sua immagine mascolina. La vita lo abbandonò dopo avergli dato il preavviso in scena un giorno di Novembre del 1986. La sua carriera cinematografica vissuta in assoluta sintonia col suo personaggio è stata una lunga storia d’amore durata trentaquattro anni: splendida parentesi di una vita privata condotta perfino al contrario.

 

Vincenzo Filippo Bumbica