Fonte: inItalianews

Ankara, da capitale della Turchia a capitale del “sofagate”

A scandali, battute fuori luogo, comportamenti equivoci è abituata la politica, in tutto il Mondo. Gli scivoloni possono capitare, le giustificazioni possono arrivare e le scuse anche. Tuttavia, ci sono casi in cui il danno fatto è irrimediabile, e soprattutto con i social certe immagini possono essere riprodotte all’infinito. Molte volte questo accade in direzione univoca, lasciando poco spazio alle interpretazioni. Ankara, capitale della Turchia è diventata teatro di un fenomeno mediatico che coinvolge tanto Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia, quanto Charles Michel e Ursula von der Leyen, rispettivamente presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione Europea.

Ad Ankara lo scandalo del “sofagate”

Dalla denominazione del fenomeno formato dalle parole “sofa” e “gate”, è facilmente comprensibile la natura del problema. Il “caso del divano”, fa riferimento a ciò che è successo  il 6 aprile 2021 durante un incontro diplomatico tra la Turchia ed i vertici europei. Lo scopo era quello di discutere delle questioni UE-Turchia.

Le immagini di quel giorno, però, hanno fatto il giro del Mondo e non per questioni di relazioni internazionali.

Fonte: EuropaToday

Nel mirino, il protocollo standard degli incontri internazionali: due poltrone con due bandiere (nel caso specifico quella europea e quella turca). L’inconveniente nasce nel momento in cui il presidente Erdogan si trova ad accogliere accanto a sé due rappresentanti politici per l’Europa, un uomo e una donna, e la poltrona con molta naturalezza è stata offerta all’uomo.

Un fatto banale quello successo ad Ankara?

A detta di molti no. I gesti che si fanno, soprattutto in politica, gli atteggiamenti che si assumono hanno un peso specifico e sono portatori di valori. Che la Turchia non sia un paese propriamente femminista lo si sa ed a parlare, oramai da molto tempo, sono i fatti, non certo gli stereotipi.

Infatti, poche settimane prima dell’accaduto lo stesso Erdogan ha fatto un passo indietro a questo proposito, ritirando la Turchia dalla Convenzione di Istanbul “sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”. Una decisione che la dice lunga sul proprio atteggiamento nei confronti del genere femminile.

Tuttavia, se da parte del presidente turco, un’azione del genere era prevedibile – anche se non giustificabile – l’attenzione mediatica si è centrata sul comportamento di Charles Michel, che ha lasciato che la collega si sedesse sul divano – di lato rispetto a loro – quasi a ricoprire un ruolo marginale e poco importante rispetto ai due uomini in stanza.

Fonte: la Repubblica

Unione europea, dalla lotta per la parità di genere al caso di Ankara

L’Unione europea negli anni si è fatta portatrice di idee e valori ben specifici. Il rispetto della libertà e della dignità altrui sempre al primo posto. Il contesto europeo ha sempre rappresentato l’immagine di un mondo in cui le pari opportunità esistono davvero.

Una donna presidentessa della commissione europea, come Ursula von der Leyen, è già un esempio di per sé delle mille possibilità che grazie all’Unione europea si possono raggiungere per tutti.

Tuttavia, la situazione si fa critica quando lo stesso presidente del consiglio europeo dinanzi a quella situazione non fa nulla, e come hanno scritto diversi giornali, “cade nel tranello turco”.

Se avesse ceduto quella poltrona, Charles Michel, avrebbe sottolineato in maniera inequivocabile i valori in cui l’Unione europea crede e in cui si fonda. Ha deciso, invece, di fare finta di nulla, per evitare discussioni e polemiche a riguardo e concentrarsi sulle questioni diplomatiche che li avevano condotti fino in Turchia.

Anche Ursula ha fatto finta di niente per gli stessi motivi, sebbene l’imbarazzo si intraveda dal suo volto, seppur coperto dalla mascherina.

Le polemiche sono arrivate comunque dopo l’incontro ad Ankara

Stato di diritto, unione doganale, cooperazione economica, tutti fatti che sono passati in secondo piano, eppure di Ankara se n’è parlato tantissimo e le immagini hanno raggiunto davvero tutti.

Il danno era ormai fatto ed era evidente, per cui lo stesso Charles Michel ci ha tenuto tramite storie Instagram a dire la sua: “Le poche immagini trasmesse hanno dato l’impressione che io sia rimasto insensibile alla situazione. Niente può essere più lontano dalla verità o dai miei più profondi sentimenti. Al contempo, però, consapevoli della natura spiacevole dei fatti, abbiamo scelto di concentrarci sui temi per cui Ursula (von der Leyen) e io ci siamo recati in Turchia.”

A seguito della vicenda di Ankara e delle critiche ricevute ha,  poi, aggiunto durante un incontro con alcuni giornali europei:

“Mi spiace molto per l’accaduto. Ho già espresso il mio rincrescimento alla signora von der Leyen e a tutte le donne. Vi assicuro che da allora non dormo bene la notte e che nella mia testa ho riavvolto il film dell’episodio decine di volte. Assumo la mia parte di responsabilità. Dovremo evitare situazioni di questo tipo in futuro. Purtroppo, la vicenda ha contribuito ad occultare la sostanza dell’incontro con il presidente Erdogan e in questo frangente la capacità dell’Unione di mostrare unità.”

Il rammarico del presidente del consiglio europeo è evidente, ma non sufficiente per far scomparire del tutto l’accaduto. Inoltre, è vero il sofagate ha oscurato le questioni importanti trattate durante l’incontro ad Ankara, ma c’è chi sostiene che fosse tutto comunque considerato “a tavolino”.

La Turchia voleva avvicinarsi al contesto europeo, ma da un po’ di tempo con Erdogan si era iniziata una profonda campagna di nazionalismo radicale, e la cultura nazionalista, si sa, poco si sposa con l’Unione europea. I fatti di Ankara hanno rafforzato le differenze in termini di valori tra la cultura turca e quella europea, scatenando, però, una reazione che ha fatto di certo tremare più gli equilibri europei che quelli turchi.

Parità, uguaglianza, valori UE messi da parte ad Ankara

Il politically correct è un fenomeno di cui si parla spesso, sia in senso positivo che negativo. A volte è troppo, è esagerato, è inopportuno, altre invece è necessario.

Non è di certo stare seduta sulla poltrona che avrebbe reso più importante la figura del presidente della commissione europea, ma agli occhi di chi guarda quelle foto l’avrebbe sicuramente resa uguale, o meglio, alla pari delle altre due figure politiche all’interno.

Charles Michel non ha ceduto il posto per non rischiare di avere un atteggiamento paternalista nei confronti di Ursula von der Leyen. Il fatto è che comunque non doveva cedere un posto, anzi sarebbe stato altresì scorretto se si fosse seduta Ursula e lasciato in sofa il collega.

Parità significa che in quella stanza ci sarebbero dovute essere tre poltrone o nessuna.

Il premier italiano Mario Draghi, sulla vicenda del sofagate ha preferito commentare la figura del presidente turco, definendolo un “dittatore”.  A questo riguardo, il governo turco ha condannato le affermazioni attraverso il Ministro degli Esteri turco definendo, in tal senso, la retorica di Draghi “inaccettabile” e “populista”.

L’Unione Europea ha preso, inoltre, le distanze dall’affermazione del presidente del consiglio italiano. Nessun giudizio personale, ma, ancora una volta, dietro tale scelta c’è la necessità primaria di tutelare le relazioni internazionali, per mantenerle quanto più pacifiche possibili, evitando, quindi, scontri spiacevoli.

La medesima considerazione che è stata fatta nel momento in cui Ursula Von der Leyen è rimasta in piedi, e poi fatta accomodare sul divano.

Non si tratta di mettere inutili puntini sulle i per restare lontani da scontri diplomatici.

Il punto della situazione fa capo all’esistenza stessa delle foto degli incontri diplomatici, qualsiasi essi siano. L’obiettivo è quello di dare un’immagine di cooperazione internazionale anche a chi di politica non se ne intende. Un senso di comunità che possa veicolare il messaggio: “cooperiamo per voi”.

Quando però, la foto stessa viola addirittura i fondamentali principi di equità tanto proclamati dall’UE, allora, lì è normale che si inneschi una polemica.

Giulia Grasso