“Ancora un Poe”: Edgar Allan Poe al Teatro del Canovaccio

Alla sua terza trasposizione dei racconti di Edgar Allan Poe, dal titolo “Ancora un Poe”, la regista Eliana Esposito, sceglie due testi dello scrittore statunitense molto diversi tra loro “Una discesa nel Maelström”, sul perturbante metafisico e “Wiliam Wilson” sul tema del doppio, sviluppando con maturità e creatività  un percorso di scrittura e regia, che è stato promosso dal 2014 nella cornice del Teatro del Canovaccio, realtà catanese di teatro innovativo e sperimentale, diretta da Salvo Musumeci.

La formula scelta dalla regista è quella dell’essenzialità scenica. “Tre attori e un palco” che diventa spesso “tridimensionale”, ricavando spazi nascosti, inaspettati,  che si “affacciano” sugli spettatori, rendendoli parte integrante dei drammi e degli orrori custoditi dai protagonisti delle storie. Così ad esempio, nel primo racconto “Una discesa nel Maelstrom”, in cui il palco è assieme una scogliera e una nave. In questa trasposizione il lavoro di scrittura di Eliana Esposito, sceneggiatrice oltre che regista, è notevole, perché rilegge con intelligenza l’opera originaria, raccogliendo alcuni spunti suggeriti dal testo, per sviluppare nuove trame, dialoghi e colpi di scena, senza negarne però il significato di fondo.

La mostruosa grandezza del Malestrom, un gorgo mortifero che si manifesta lungo le coste atlantiche della Norvegia, spaventoso e terrificante, ma allo stesso tempo incredibilmente attraente, è l’incarnazione del sublime distruttivo, qualcosa di talmente immenso e superiore all’uomo, da suscitare in chi vi assiste il desiderio annichilente di perdersi e morire al suo interno, reputando al confronto un’inezia la propria vita.

Il monologo finale affidato ad un intenso Nicola Costa, rende a pieno il messaggio perturbante dell’autore; ma la regista non si limita ad una semplice trasposizione del testo. Il racconto di Poe, infatti, viene reso più empatico e meno impersonale, adattato per il coinvolgimento emotivo del pubblico, che viene attuato grazie all’ottima interpretazione dei due attori protagonisti. Costa, come si diceva, nei panni di un vecchio misterioso che vuole conoscere la vera storia della strage del Malestrom e Raffaella Esposito, che interpreta una ragazza dal passato tormentato, ossessionata dal gorgo e dalla sua immensa sofferenza, indissolubilmente legata al dirompente vortice. Attraverso una rete intrigante di dialoghi i due personaggi rivelano gradualmente se stessi. Il vecchio fa un po’ da Socrate, stimolando la ragazza a confessare le verità sul suo dolore. Introducendo nello spettacolo la figura femminile, assente nel racconto di Poe, la regista trasforma la rappresentazione teatrale in un dialogo, piuttosto che un monologo, e crea un tema di nostalgia-ossessione-agnizione, che arricchisce la cornice dell’opera originaria.  Le scelte registiche lasciano spazio agli attori, i quali si muovono continuamente sul palco interagendo tra loro e col pubblico e ciò permette una buona comprensione dei temi, pur non semplici del racconto. Al senso di impotenza-attrazione verso l’immensità del Malestrom, la regista aggiunge altro: una riflessione sull’eterna attesa, che può verificarsi dinnanzi all’idealizzazione dell’altro, la quale, in fondo è essa stessa un Malestrom, anche se umano e non metafisico, cioè una tensione verso qualcosa di irraggiungibile o comunque di gran lunga superiore alla realtà o alla propria rappresentazione ideale di essa. Realtà e Immaginazione, come Finito e Infinito, destinati a rincorrersi senza mai raggiungersi.

Nel secondo racconto “William Wilson”, il tema portante è quello del doppio: il testo di Poe, infatti, è uno dei primi sul tema e anticipa sia “Il dottor Jekyll e Mr Hyde” di Stevenson che il Dorian Gray di Oscar Wilde. La trasposizione teatrale è molto fedele al testo d’origine.

La resa scenica è affidata al giovane attore Daniele Bruno,  che regge su di se la perversa personalità del protagonista del racconto, naturalmente predisposto  al male e agli eccessi, oltre che alla necessità di prevalere con violenza e sadismo sugli altri; ma le azioni di William Wilson (il protagonista), sono ostacolate da un’altra persona, che lo perseguita fin dalla sua infanzia e che come un fantasma compare ogni volta per impedirgli di giungere fino in fondo alla sua dissolutezza. Con grande personalità, spigliatezza e ironia il giovane attore Daniele Bruno interpreta Wilson, ponendo l’accento sulla personalità istrionica, contorta, malata e ossessiva del protagonista. La regia che fa uso di luci rosse e blu, segue con attenzione tutti gli spostamenti e le irrequiete pose del tormentato Wilson, che racconta la sua storia, ora vantandosi dei propri successi, ora crogiolandosi nelle proprie sconfitte e nel proprio terrore verso il suo mortale nemico.

Il ritmo veloce, mobile e frenetico, scelto dalla regista, fatto di eccessi voluti, danze coreografiche, interazione diretta del detestabile Wilson con il pubblico, rende lo spettacolo accattivante. La lettura non è classica, ma sperimentale e ricorda in parte lo stile veloce di alcune pellicole cinematografiche, come ad esempio, Fight Club di David Fincher (anche’esso sul doppio) in cui ironia e thriller si uniscono tra loro senza soluzione di continuità.  Ne esce fuori un’interessante trasposizione di uno dei primi testi sul doppio, spesso non molto conosciuto. I due attori, Raffaella Esposito e Nicola Costa, sostengono il monologo del protagonista, assumendo ruoli sempre diversi, entrando ed uscendo con disinvoltura negli scenari in cui si consuma gradualmente la sua folle ossessione.

Per concludere, si può dire quindi che il progetto sulla trasposizione di Poe per il teatro abbia raggiunto una piena maturità con questo terzo episodio “Ancora un Poe” di Eliana Esposito, che apre la stagione teatrale 2017\2018 del Teatro del Canovaccio di Catania. E’ dunque riuscito l’intento della regista di  riportare in auge “un autore fin troppo sottovalutato, capace di far atterrare in quello spazio immaginario, ma vero, dove il sogno si fonde e si confonde straordinariamente con la veglia, il giorno con le tenebre, la gioia col dolore, la morte con l’amore”.

 

Francesco Bellia