Analisi di “Atlantico”: un disco che è un frullato musicale per il ritorno di Marco Mengoni

“Marco se n’è andato e non ritorna più” pensavamo in Pausini style – lo speravamo – e invece dopo tre anni Marco Mengoni rilascia “Atlantico” il 30 novembre 2018.

Se non avessimo orecchie, saremmo felici di rivedere Marco Mengoni, sorridente e introspettivo, ovunque nei mass media per la promozione dell’album. Invece così non è. E siccome da quella datata vittoria di XFactor, Marco Mengoni nella carta d’identità alla voce professione ha scritto cantante, ci tocca ascoltare e parlare della sua musica.

L’album si presenta con in copertina il primo piano di Marco Mengoni circondato da altre persone che voltano le spalle di blu vestite. Si compone di ben quindici canzoni per la durata di cinquanta minuti e si intitola “Atlantico” perché ha affermato: “Ho attraversato l’oceano in lungo e in largo più volte e mi sono reso conto di quanto è grande e di quante culture tocchi. Quando sono partito ero scarico e privo di energie, avevo bisogno di nuovi input dovevo allontanarmi dalla mia realtà”.

Un progetto discografico che si basa sui due anni in cui Mengoni ha viaggiato molto conoscendo nuove culture, lingue, usi e ritmi. Tutti ingredienti presenti in “Atlantico”, un vero miscuglio del mondo musicale arricchito da testi retorici.

Il disco si apre con “Voglio” che insieme a “Buona vita” sono stati i due singoli estratti che hanno anticipato l’uscita dell’album. I due singoli hanno già dimostrato cosa ci saremmo potuti aspettare dal ritorno del cantante.

“Atlantico” è un frullato musicale, un’insalata di riso, una macedonia, un minestrone, un concentrato di tante cose che però lasciano il vuoto dentro. Da un punto di vista musicale, Mengoni ci tiene a far sapere che ha girato il mondo e che ciò che ha visto e scoperto l’ha cambiato, l’ha contaminato sin dentro le viscere. Ad esclusione della trap, nel disco sono presenti molti generi musicali ossia ritmi salseri e rumberi, rap, fado ed elettro pop. Un miscuglio di note, insomma, che potrebbe raccontare della poliedricità di Mengoni, ma si presenta come un modo sterile per riuscire ad avere appeal sul pubblico più velocemente. Una trovata commerciale per il “disco della maturità nel quale ho voluto condividere le mie esperienze di viaggio mentale e fisico, un disco in cui non parlo più di storie finite, ma di consapevolezza”, come l’ha descritto il cantante.

In realtà, di maturo c’è ben poco perché se la musica è solo una manifestazione uditiva dell’esperienze di Mengoni, i testi, invece, sono banali, sconclusionati e privi di profondità. Mengoni tratta argomenti come il viaggio, il coraggio di combattere per le cose importanti, l’importanza del rapporto con noi stessi, il tempo e l’amore con rime sterili, elementari e poco calzanti. Insomma, Mengoni prova a fare il predicatore elargendo pensieri in musica, ma il risultato è la somma di tante piccole frasi ottime per le prossime foto dell’estate 2019 su Instagram.

Poche le canzoni che si salvano. Tra queste annoveriamo: “Atlantico”, “Il giorno di domani” e “Rivoluzione”.

L’album è impreziosito dalla collaborazione con Tom Walker in “Hola” di cui è presente nel disco in due versioni, con Adriano Celentano in “La casa di Azul” dove la voce del Molleggiato è una bellissima sorpresa e rompe la monotonia del disco e con i Selton e Vanessa Da Mata in “Amalia”.

Non solo “Atlantico” è la somma di tutti i riassunti dei discorsi già fatti anche meglio da altri, ma c’è anche da dire che Mengoni torna alle scene dopo tre anni di silenzio. Tre anni nei quali la musica ha avuto una sua evoluzione come raccontano le classifiche, Spotify e le visualizzazioni dei video musicali e, soprattutto, la mancanza della musica del cantante non si è sentita.

Nessun dubbio che “Atlantico” avrà molto successo perché molto ben assortito, ma sarà effimero perché manca di quella cosa essenziale che era stata apprezzata di Mengoni ai suoi inizi: l’originalità unita all’autenticità della sua voce riconoscibile tra mille.

Sandy Sciuto