Intervista a Umberto Maria Giardini: la musica di qualità che arricchisce il panorama italiano

Chiuso anni fa il precedente progetto discografico come Moltheni per iniziare una nuova carriera col suo vero nome, oggi Umberto Maria Giardini è sinonimo di talento, ricerca nella scrittura dei testi e qualità di arrangiamenti nel panorama musicale italiano. Lo abbiamo raggiunto ed intervistato per saperne di più della sua musica, delle recenti collaborazioni e dei suoi progetti futuri. 

Una carriera intensa, costellata di successi prima come Moltheni e dopo come Umberto Maria Giardini. Quando e perché ha deciso di chiudere un progetto discografico e di aprirne uno nuovo? Questa scelta ha inciso sul suo percorso artistico?

Ho chiuso un progetto e ne ho aperto uno nuovo, due cicli diversi sia nel tempo che a livello artistico, due cose distinte. Per forza di cosa dovevano chiamarsi in due maniere diverse. Dal 2012 ho adottato semplicemente il mio nome, che – a dir la verità – ha tanto sminuito il mio lavoro da un punto di vista della visibilità, ma questo a me non è interessato. Era un fattore assolutamente prevedibile, poiché in Italia nessuno chiude o interrompe qualcosa che va bene e che funziona. Io invece l’ho fatto, poiché consideravo artisticamente il mio un ciclo esaurito. Il mio percorso artistico è così cambiato ed ha assunto un valore aggiunto. Sia grazie alla collaborazione con Antonio Cooper Cupertino che ha prodotto molti miei lavori sia da un punto di vista mio personale. Mi sono sentito di nuovo ripulito, intaccato, e capace di ricominciare da zero. Molti moltissimi progetti oggi in Italia dovrebbero dire basta, band, cantautori, ma la disperata ricerca del denaro, e dell’immagine immobilizza questo gesto onesto assolutamente impercorribile. Chi ha, cerca di mantenere e preservare oltre limite, a costo di finire (come spessissimo accade) nel ridicolo.

Quanto di Moltheni c’è in Umberto Maria Giardini?

Non lo so, non me lo sono mai chiesto poiché non mi interessa.

Il tuo recente progetto discografico si intitola “Futuro proximo”, pubblicato nel 2017. Perché questo titolo?

Perché tra le righe dei testi dell’album si legge “anche” quello che io vedo nel mio prossimo futuro.

“Futuro Proximo” è una riflessione realistica della società attuale. Credi che la musica possa essere una cura alla crisi di valori che stiamo vivendo?

“Futuro Proximo” sintetizza la più totale crisi dei valori umani, e sottolinea cosa siamo diventati, senza vergogna.

Escludo tassativamente che la musica possa dare slanci e riflessioni a chi ne usufruisce, di sicuro in una società come quella italiana, oramai scadente in tutto.

Nel 2018 è uscito un nuovo singolo in vinile formato 12” con brano principale “Il giorno che muore” e b-side “Curami deus” (brano di Moltheni del 2001). Ci racconti come è nata “Il giorno che muore”?

“Il giorno che muore” è di fatto un brano inedito, scritto nei mesi scorsi in sala prove dove lavoro, quasi per caso. Trattasi di un brano molto ispirato dedicato a mia madre, pensato e scritto di getto.

“Curami deus” sembra richiamare il tema religioso, così come in “Futuro Proximo” è stato per i brani “Caro dio”, ” Graziaplena” e “Mea culpa”. Come mai hai scelto questi titoli?

Il tema religioso non è mai contemplato da me, sia per il fatto che non sono credente sia per il fatto che non amerei di base farlo. In “Curami deus” lo feci, ma fu all’epoca esclusivamente un aneddoto legato alla mancanza materiale di mio padre scomparso qualche anno prima. Penso fu ispirato dal bisogno di capire, dove finisce l’amore che si prova verso una persona che fisicamente poi non c’è più. L’amore è un sentimento, e non si può toccare con mano, né quantificare. Spesso mi chiedevo dove va a finire quando scompare anche la direzione verso cui farlo approdare. I titoli dei miei brani quasi sempre sono dettati dal suono delle parole. “Graziaplena” è un cognome, è il cognome della mia stirpe, dei miei avi. “Mea culpa” è riferita a me e “Caro dio” è un gioco, e così via dicendo.

Hai di recente collaborato con i Bud Spencer Blues Explosion per la scrittura del loro nuovo album. Com’è nata questa collaborazione?

È nata perché ci vogliamo bene e artisticamente ci amiamo. Ho scritto svariati testi, ho registrato dei cori nel nuovo album e in futuro suonerò anche in studio con loro, per nuove uscite. Quando chi si riconosce assume la consapevolezza del bello, e del semplice gusto di suonare assieme deve collaborare. La maggior parte delle collaborazioni nasce per soli scopi e fini commerciali. Nessuno se ne accorge, guarda Sanremo: un lacrimorium di collaborazioni senza senso e con musicisti che nemmeno si conoscono. Anche questa una roba del tutto italiana.

Cosa c’è in serbo nel 2018 per il pubblico di Umberto Maria Giardini?

C’è tanto lavoro. In primis, c’è Forma Mentis, ovvero la registrazione del nuovo album di UMG che uscirà presumo nel gennaio 2019. Poi, c’è il proseguimento del tour di Stella Maris che tante soddisfazioni ci sta riservando, sia a me che ai miei compagni di viaggio. Presto uscirà un nuovo singolo di UMG “Madre nera” registrato assieme al mio caro amico Edda, inoltre qualche produzione in cantiere, nonché una collaborazione con un mito degli anni ‘80 internazionale. Ma riveleremo il nome quando questo si concretizzerà.

Sandy Sciuto