Intervista a Postino: una vita tra ambulatori e concerti

Samuele Torrigiani, in arte Postino, ci aiuta ad esorcizzare la nostra malinconia attraverso la musica senza farci mancare un tocco di ironia e critica sociale nei confronti della vita.

Postino è un cantante indie italiano che di una passione ne ha fatto un lavoro. Il tutto è successo per caso, ma a volte le opportunità vanno colte al volo, anche se si scontrano con la vita di tutti i giorni. Samuele Torrigiani non è solo un cantautore, ma è anche un medico. Insomma un medico cantante, non vi ricorda un po’ Enzo Jannacci?

Dopo l’album “Latte di soia” il cantante Postino si racconta. Siete pronti a scoprire tutto su quest’artista in bilico tra carriera e passione?

Chi è realmente Postino e com’è nato questo nome d’arte?

Postino e Samuele sono la stessa persona. Postino è l’alterego di Samuele. É come se indossassi una maschera, quello che non riuscirei a fare nei panni di Samuele lo fa Postino. Anche per questo il nome Postino è diverso dal mio nome di battesimo, è nato per distinguere le due cose. La scelta del nome Postino è stata anche abbastanza facile visto che un soprannome che mi porto dietro da quando frequentavo le medie, insomma da quando avevo 11 anni. Mi ricordo che avevo creato un account su hotmail e mi ero chiamato “Samuele il Postino” e da lì tutti mi hanno iniziato a soprannominare. Quando ho iniziato a pensare e a realizzare il mio progetto musicale, il nome Postino mi è sembrata la scelta più naturale.

Come è iniziata la tua carriera da cantante indie?

L’inizio della mia carriera è stata casuale, anche se la chitarra la suono da quando sono piccolo. Quando avevo 7/8 anni mia mamma mi ha mandato a lezione di chitarra. Per convincermi ha usato la scusante che a 15/16 anni avrei potuto “conquistare” le ragazze sulla spiaggia suonando la chitarra. Mi inculcò quest’idea. Iniziai le lezioni con la chitarra classica, per poi passare alla chitarra acustica. Feci musica celtica fino ai 16 anni, più o meno. Suonavo solo ed esclusivamente la chitarra senza cantare. Dopo aver frequentato le medie ad indirizzo musicale mi sono preso una breve pausa dalla musica. Non desideravo formare una band o scrivere canzoni mie. A18 anni, però, ho ripreso in mano tutto. Sentivo il bisogno di prendere in mano la chitarra e iniziare a scrivere pezzi miei. Dovevo esorcizzare le cose che mi accadevano: le paure, le emozioni negative e tutto ciò che appunto si mette dentro una canzone.

Successivamente però, iniziando l’università e facendo medicina, mi risultava difficile coltivare la mia passione. La carriera universitaria è stata abbastanza totalizzante, quindi mi sono dedicato a quello, anche se nel frattempo, quando avevo del tempo libero continuavo a scrivere canzoni. Laureatomi a 24 anni ho chiesto ai miei genitori, ai parenti e a tutti i miei amici di aiutarmi a realizzare il mio sogno. Ho fatto una specie di cena/colletta per raccogliere i soldi per andare a registrare un disco fatto di canzoni che ho scritto da quando avevo 17 anni. All’inizio volevo fare semplicemente un disco da regalare ai miei amici, ma poi tramite l’etichetta ….. ho deciso con loro di realizzare un progetto più serio. Ho caricato il mio primo brano su spotify all’incirca un anno fa e nel giro di 5 giorni era quarto nelle top vibes di spotify, senza aver fatto niente, senza averlo sponsorizzato o aver attivato nessun tipo di promo o altro. A me è andata molto bene, mi dispiace per quelli che non ce la fanno dopo anni di gavetta, mentre a me è nato tutto per caso. È andata bene.

Come reagisci a chi ti definisce un cantante malinconico?

Che è vero. La malinconia è il mio approccio alla vita. In quello che scrivo non ci vedo un qualcosa di terapeutico per crogiolarsi nella malinconia, ma piuttosto un esorcizzarla per soffrire per stare meglio. Poi è più facile scrivere e cantare delle emozioni negative per entrare in empatia col pubblico. Le emozioni negative hanno il potere intrinseco più forte delle emozioni positive, quindi quando sono veramente felice non mi metto a scrivere emozioni ma esco, anche se non nego di aver provato a scrivere qualcosa che riguardasse qualche aspetto più positivo della mia vita. Risultava palesemente una merda perché, purtroppo, le emozioni positive non sono potenti quanto quelle negative. Infatti se si fa caso funziona così per quasi tutti i cantautori.

In questo momento qual è la canzone che ti rispecchi maggiormente e che ascolti più spesso?

Fondamentalmente una canzone che voglio riascoltare spesso è “La vita Pensata” di Brunori dall’album “A casa tutto bene”. È la canzone che ho sempre voluto scrivere e che non ho saputo scrivere: ha detto tutto. Penso che Brunori sia anche il miglior cantautore che si possa ascoltare in Italia al momento.

L’album latte di soia è stato il tuo inizio, quali sono stati i feedback e le reazioni del pubblico?

Inizialmente quando il progetto è partito non c’era nemmeno un volto, nessuno sapeva chi fosse Postino e forse questo ha giocato a nostro favore creando curiosità. Quando mi sono rivelato, ho iniziato a fare concerti, i primi live e mi sono reso conto che stava diventando tutto molto più grande di quello che credevo anche ricevendo ogni giorno molti messaggi di persone che si rispecchiavano nelle mie canzoni, piangevano sui brani. Erano brani che arrivavano alla gente. Quei brani che scrivevo in cameretta da solo durante gli anni di medicina improvvisamente sono diventati parte di tante persone, qualcosa stava accadendo. Poi i live sono cresciuti e si è creato anche una sorta di sentimento empatico con il pubblico e sono aumentate le responsabilità. Io pensavo di fare una cosa molto più blanda e con altri ritmi, ma quando ho iniziato ad avere più successo il mio pubblico ha iniziato a chiedermi di più: “Perchè non vieni mai qui?”, “Ti prego, vieni a suonare in questo posto”. Sto cercando di accontentare il mio pubblico il più possibile, infatti è da un anno che sono in tour e non mi sono ancora fermato.

Parlando di futuri, cosa prevedi?

Ci sarà una battuta d’arresto per il progetto Postino essendo entrato nella scuola di specializzazione perché ho intenzione di completare la mia formazione medica. Continuerò, se ne sentirò l’esigenza, a scrivere brani per un forse futuro secondo album. Non ho intenzione di abbandonare una cosa o l’altra, voglio farle combaciare con i loro tempi e i loro ritmi. Non mi piace correre, come spesso avviene nel mondo del pop. Alla fine in questo mondo si parla di fare subito un secondo album, ma non sarà questo il caso perché si affrettano i ritmi e si forza la scrittura per paura di perdere il pubblico che ci si è creato. Non ho mai scritto a comando. Ho sempre scritto quando ne sentivo l’esigenza, a volte non scrivo un brano per 7/8 mesi e poi un giorno posso scriverne anche 2 o 3. Vedremo cosa succederà in futuro, non lo so nemmeno io.

Adesso con “Postumi” cosa dobbiamo aspettarci?

Il progetto Postumi invece verrà completato a Dicembre, ma verrà fatto uscire in più parti a partire da settembre. Postumi è un’appendice di “Latte di Soia”, cioè sono i brani che sono stati esclusi da “Latte di Soia” ora ne diventano i postumi, giocando sull’associazione dei postumi di una serata alcolica.

Cosa vorresti dire ai tuoi fan?

Gli vorrei dire semplicemente che chi saprà resistere alle mode e alle meteore del momento apprezzerà sicuramente di più tutto ciò che farò in futuro, malgrado potrebbero inizialmente offendersi per questa battuta d’arresto per dedicarmi ad altro dopo due anni di questa vita. Intanto li ringrazio per esserci stati. Mi hanno fatto passare gli anni più spiazzanti e destabilizzanti della mia vita perché mai avrei immaginato di fare un tour italiano e avere sempre dalle 300 alle 500 persone davanti che cantavano a squarciagola i miei brani.
Grazie.

Silvia Menon