Sonniloqui: i discorsi che pronunciamo nel sonno

Nomi di persona, frasi senza né capo né coda, farfuglia, urla, risate e addirittura parolacce.
Queste tra le possibili opzioni pronunciate da quelle persone che inconsciamente parlano nel sonno, ignare di ciò che succede loro attorno, accoccolati comodamente tra le braccia di Morfeo.

Il più delle volte, al mal capitato che vi dorme affianco, risultano essere frasi senza senso e dalla comprensibilità vaga; ma cosa si dice davvero quando si parla nel sonno? C’è un collegamento con le nostre esperienze di vita?

Un gruppo di scienziati del Pitié-Salpêtrière Hospital di Parigi ha dato delle risposte ai quesiti inerenti a questi insoliti sonniloqui. I risultati della ricerca, pubblicata su Sleep, effettivamente confermano in parte quello che l’esperienza ci insegna – e cioè che chi parla nel sonno riporta spesso emozioni negative – ma non risparmiano sorprese.

Il gruppo di scienziati francesi ha preso in esame 232 casi, e inoltre, in quanto raramente si hanno “conversazioni notturne”, i soggetti scelti erano soprattutto coloro affetti da parasonnie, disturbi del sonno che facilitano questo comportamento. I volontari hanno accettato così di dormire per due notti in laboratorio, monitorati da una video polisonnografia (una registrazione simultanea di tutti i parametri del sonno).

Il risultato dell’esame ha riscontrato in totale 883 discorsi, contenenti termini per il 59% non verbali (mormorii, urla, bisbigli, risate) e 3349 vocaboli comprensibili. La parola più frequente, con una percentuale del 21,4% è stata “NO”, ma c’è da dire che anche le parolacce hanno avuto il loro spazio (9,4% dei lemmi). Chi parla nel sonno impreca 800 volte più che da vigile, e lo fa in maniera diversa in base alle fasi del sonno. Nel sonno REM, per esempio, sono prevalsi gli insulti volti a condannare o ad accusare qualcuno, in quello non REM, invece, le semplici parolacce. In generale, il tono usato e le parole pronunciate sono risultati molto aggressivi, a conferma del ruolo interiorizzante del sonno nei confronti degli eventi che accadono durante la giornata.

L’aspetto più interessante – oltre a quello contenutistico sopracitato – è quello riguardante la precisione di pronuncia e uso attuata dai parlanti notturni. Le parole decifrabili, infatti, sono risultate in genere grammaticalmente corrette, e anche le pause tra una frase e l’altra nel caso di monologhi “completi” sono parse fedeli al reale. Una conversazione standard, insomma.

Questo esperimento ha avuto esiti molto importanti, e soprattutto ha permesso agli scienziati di poter constatare ulteriormente l’efficienza del nostro sistema nervoso anche in stati di sonno profondo. È come se il nostro cervello avesse bisogno di esternare certi sentimenti, ma dal momento che da vigili i nostri freni inibitori ce lo impediscono, durante il sonno riusciamo a “sfogarci”.

E voi,parlate nel sonno? Avreste il coraggio di registrare i vostri sonniloqui?

Camilla Antonioni