Sinisa Mihajlovic: oltre la malattia c’è la vitalità di un uomo fragile

Era il 13 luglio quando Sinisa Mihajlovic ha annunciato di dover momentaneamente lasciare la squadra del Bologna che allenava per curarsi dalla leucemia.

“E’stata una bella botta, sono rimasto due giorni chiuso in camera a pensare a tutto, a riflettere, a piangere, mi è passata tutta la vita davanti. Non sono lacrime di paura, le mie. Io rispetto la malattia, ma so che la vincerò. La guarderò dritta negli occhi, la affronterò a petto in fuori: non vedo l’ora di andare martedì all’ospedale, prima comincio e prima finisco” aveva raccontato durante la conferenza stampa, mostrando come dietro la corazza di allenatore forte, burbero e schietto, spesso troppo, vi era nascosto un uomo debole che non voleva arrendersi alla malattia.

Quattro mesi dopo, Mihajlovic ha deciso di rompere il silenzio. Indetta una nuova conferenza stampa, l’allenatore del Bologna si è presentato con cappello e maglione a collo alto rosso e giacca blu. Evidentemente trasformato dalla malattia, Mihajlovic, o semplicemente Sinisa come abbiamo imparato a chiamarlo in questi mesi, si è mostrato pubblicamente e ha rilasciato da sé dichiarazioni.

A seguito del trapianto di midollo, ricevuto da un non familiare, e di cure a cui sta continuando a sottoporsi, Sinisa è uscito dall’ospedale il 22 novembre come ha testimoniato il post su Instagram della moglie Arianna con la frase “Più bella cosa non c’è. Back Home!”

È proprio dall’ospedale che Sinisa ha voluto iniziare a parlare, ringraziando ogni singola persona che si è presa cura di lui e arrivando alla commozione mano a mano che i nomi gli ricordavano momenti e difficoltà.

La sportività presente nell’ex calciatore serbo è emersa prepotentemente in quella necessità irrefrenabile di spiegare che il suo attuale stato di salute è frutto ancora una volta di un lavoro di squadra concertato e ben programmato in cui la differenza l’ha fatta mirare tutti ad un unico obiettivo: la lotta alla leucemia.

Si muove poco Sinisa  mentre parla e risponde alle domande, e in quella sua immobilità c’è allo stesso tempo la tempesta di tutte le sue fragilità, debolezze e paure.

«Quattro mesi e mezzo chiuso in una stanza d’ospedale, solo, con aria e acqua filtrata, sono stati tosti. Il mio più grande desiderio era prendere una boccata d’aria fresca ma non potevo: ora poterlo fare è bellissimo. È una malattia bastarda: serve molta pazienza, bisogna darsi obiettivi a breve scadenza. Voglio dire a chi è malato che non si deve sentire meno forte se non affronta una malattia come l’ho affrontata io: non c’è da vergognarsi ad aver paura, piangere o essere disperati. L’unica cosa che non bisogna mai perdere è la voglia di vivere. Alla fine, se sei forte e ci credi, arriva il sole».

Fa strano, lo ammettiamo, ritrovare un Sinisa provato dalla malattia, scavato in viso, molto magro, ma con una tempra, un coraggio, una forza ed una voglia di lottare ineguagliabili.

È proprio questo contrasto così acceso che mette inquietudine. Sinisa si mostra forte, ma ammette di avere paura e, nonostante tutto, vuole curarsi ma per vincere la sfida con la leucemia.

Un senso di vertigine si avverte quando lo si sente parlare e, allo stesso tempo, riecheggia De Gregori che cantava: “Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia”.  Anche se in un campo e in una posizione diversi, è come se Sinisa continui a vivere investendo in quelle qualità che ogni singolo giorno sono diventate necessarie.

Non è di certo il primo a rivelare la lotta contro una malattia, ma ha il primato per riuscire ad essere assolutamente senza filtri sia quando bacchetta la squadra per i cattivi risultati sia quando si commuove, ammette di avere paura, ma si dice positivo.

L’uomo dietro il calciatore diventato allenatore è completamente nudo e non ha vergogna di esserlo. È l’altro volto del calcio che di solito si compone di vigore atletico, potenza d’azione e strategie per fare gol.

Prima di tornare a combattere la gara più importante della vita, il pensiero è per la sua Arianna, l’unica persona che conosce con “più palle di lui” e per i figli.

“Cito Vasco, io sono ancora qua. Non mollerò nulla. Alla malattia e sul fronte del lavoro. Cercherò di esserci il più possibile” chiosa così l’allenatore del Bologna.

Ti aspettiamo Sinisa, eh già!

Sandy Sciuto