Crediti: Fondazione Feltrinelli

“Siamo a terra, era meglio un lockdown totale il più breve possibile ed efficace”

Quanta confusione ed incertezza, se il mestiere del politico è altalenante nei confronti della popolazione per tutta una serie di provvedimenti che possono essere condivisi da una parte e attaccati dall’altra, di certo governare un paese sottomesso all’aggressione di un virus come il covid-19, non è certo facile. Asintomatici che circolano tranquilli, contagiati con sintomi lievi e non che intasano per ansia e preoccupazione i vari ospedali, le terapie intensive che sia pur non contando numeri strepitosi, ogni giorno si riempiono sempre di più. L’economia che contagiata dal virus si piega ai vari restringimenti messi in atto per contenere i numeri degli infetti, ma sarà poi vero che occorre chiudere alle 18 bar e ristoranti, la soluzione per contrastare lo tsunami dei numeri in crescita, dipende proprio da questo? La categoria dei ristoratori si è stretta nello sgomento per il provvedimento, che sicuramente porterà si ad una decrescita ma prevalentemente delle loro risorse economiche già messe a duro rischio nelle prime fasi della pandemia. Una tromba ha suonato il silenzio, poi circa trecento proprietari e operatori del mondo della ristorazione si sono seduti terra, attorno a sedici tovaglie bianche apparecchiate sul granito del sagrato del Duomo di Milano. E’ la protesta organizzata da Fipe e Confcommercio, che si è svolta non solo nel capoluogo lombardo ma in più di 20 città italiane, da nord a sud, al grido di “Siamo a terra”. “Bloccarci alle 18 – dicono – è stato un colpo di grazia per la ristorazione. Allora, meglio un lockdown totale il più breve possibile ed efficace”.

Alessandra Filippello