Pure il gruppo Zara abbassa la testa alla crisi post pandemia e chiude 1200 punti vendita

Il colosso dell’abbigliamento Inditex, proprietario di Zara e di altri marchi come Bershka, Pull & Bear, Massimo Dutti e Oysho,  nel primo trimestre di quest’anno ha registrato una perdita di 409 milioni di euro con ricavi in calo del 44%. Si è trattato del primo trimestre negativo da quando il gruppo fondato da Amancio Ortega è quotato in Borsa. Da qui la decisione, di chiudere 1200 negozi per passare dagli attuali 7500 a 6.700/6.900 punti vendita, grazie all’apertura di altri 450 negozi. Come per altri settori, anche nella moda il coronavirus sta accelerando tendenze che erano già in atto. Una di queste è sicuramente il passaggio all’e-commerce a scapito dei negozi fisici. Un modo per abbattere costi legati all’affitto, al personale e al mantenimento dei locali, senza contare le spese per la sanificazione.

Chiamiamola strategia ed evoluzione commerciale, solo per coprire con un velo, che la crisi della pandemia comincia ad avere un nuovo look nell’assetto mondiale. Le persone ormai hanno paura di tutto, anche di incontrarsi per strada e soprattutto all’interno di un negozio. Vedi una maglietta, ma potrai mai avere la sicurezza che nessuno l’abbia toccata o indossata in precedenza, e poi chi ti dice che il soggetto era sano, magari un infetto asintomatico, anche lui può essere contagioso.

Alla fine non resta che concludere ma chi me lo fare. Via con lo shopping on line, nasce una nuova era, commessi a casa, rapporti umani sempre di meno. Lo specchio del camerino di prova dove rispecchiarsi con il capo nuovo,viene sostituito con una prova virtuale all’interno della propria testa.

Le vendite on line,  nel mese di aprile sono quasi raddoppiate rispetto al 2019 e le previsioni parlano di una crescita costante dell’e-commerce. Per sfruttare al meglio questo canale, Inditex ha già programmato investimenti per 2,5 miliardi di euro per migliorare la piattaforma di e-commerce (1 miliardo) e adattare i negozi a diventare centri di distribuzione della merce. L’obiettivo è arrivare a coprire il 25% del fatturato con le vendite online entro il 2022 e battere la concorrenza di H&M e Uniqlo. Nessuno sembra riflettere sul fatto che piano piano stiamo entrando in un’era che distrugge quanto di umanitario e sociale si era creato nel tempo a favore del nulla, e forse, siamo soltanto all’inizio.

Alessandra Filippello