L’uomo che non fu possibile impiccare

Che cos’è la fortuna? E possibile darle un valore numerico come il QI, l’altezza o il numero di scarpe? Quando una persona guarda in faccia la morte e miracolosamente esce illeso, è questa fortuna, pura casualità, o forse qualche tipo di intervento divino? Tutte domande legittime che però al momento non trovano una risposta univoca.

Ci sono stati innumerevoli casi di persone che hanno evitato la morte in un modo talmente misterioso da lasciar pensare che quella che chiamiamo ” fortuna” sia un fattore essenziale per la vita di un individuo.

Certamente uno dei casi più famosi di quest’influenza è quello di George Lee, un uomo condannato a morte per impiccagione, ma che inspiegabilmente nessuno riuscì ad applicare la sentenza. La serie di eventi che capitarono dopo la essa a morte gli fecero assumere il soprannome di “l’uomo non fu possibile impiccare.”

John Henry George Lee, anche conosciuto più notoriamente come John “Babbacombe” Lee, nacque nel 1864, in Abbotskerswell, Devon. Macchio la sua fedina penale creandosi una reputazione di ladro, inizialmente con furti di poco conto, poi con estorsioni in piena regola. Crimine chiama crimine e infine fu addirittura dichiarato colpevole di un brutale omicidio. Era veramente colpevole? Non si saprà mai…

Nel 1882 Lee lavorò come cameriere in una tenuta conosciuta come “il Glen”, a Babbacombe, Torquay. Il suo datore di lavoro era in realtà una ricca e anziana zitella di nome Emma Keyse. George Lee lavorò a casa della signora Keyse per qualche mese, per poi essere arruolato in Marina. Una volta congedato cercò lavoro e poco dopo si fece 6 mesi di carcere per il furto ad un altro datore di lavoro in un maniero.

A giugno del 1884 tornò a lavorare per la signora Keyes, ma nel novembre dello stesso anno la donna venne brutalmente assassinata dal suo fidato cameriere. Per coprire le tracce dell’omicidio l’assassino diede fuoco alla casa, ma il cadavere venne recuperato prima che le prove fossero contraffatte. La donna aveva la gola tagliata ed aveva subito un grave trauma da corpo contundente alla testa. C’era anche dell’olio su tutto il corpo (ovviamente sparso dall’omicida per favorire l’incenerimento), ma i vigili del fuoco riuscirono ad arrestare l’incendio in tempo da poter rinvenire il corpo della donna.

Lee era l’unico servo della donna, era sul posto e al momento del delitto, aveva precedenti penali, e durante l’arresto venne trovato un taglio inspiegabile sul braccio. Le prove erano più che sufficienti per arrestarlo e poi condannarlo per il crimine efferato.

Lee proclamò la sua innocenza fino all’ultimo, ma nonostante tutto venne condannato all’impiccagione per l’omicidio, con la motivazione di aver tentato di rapinare la donna e di averla poi uccisa in un impeto di rabbia.

Lee venne rinchiuso nel carcere di Exeter e pochi giorni dopo, il 23 febbraio 1885, venne ordinata la sua esecuzione. Nel braccio della morte Lee continuò a proclamare la sua innocenza a chiunque volesse ascoltarlo e affermò di avere sogni vividi del fallimento della sua esecuzione.

Il giorno dell’esecuzione Lee salì lentamente le scale del patibolo. Il giustiziere James Berry gli mise il cappio al collo e gli coprì la testa con un cappuccio. Nel silenzio dell’attesa l’uomo iniziò a pregare sommessamente chiedendo di essere risparmiato dalla sua inevitabile fine.

Quando il boia tirò la leva per aprire la botola del condannato il meccanismo si inceppò e la botola non riuscì ad aprirsi. Berry, l’esecutore, interruppe la procedura e scese sotto il patibolo a controllare del meccanismo della botola, che stranamente non aveva nulla di strano. Fu fatta una prova senza il corpo di Lee e tutte le botole del patibolo si aprirono proprio come era stato previsto. Lee allora venne posizionate nuovamente alla forca, ma per prudenza fu spostato di botola. Ancora una volta dovette attendere l’interminabile momento della sua esecuzione.

Anche in questo caso, una volta tirata la leva, il meccanismo non scattò e Lee rimase sconcertato, almeno quanto tutti gli astanti. Lee venne riportato nella sua cella e fu eseguita un’indagine completa di tutto il patibolo alla ricerca del difetto. Si diede la colpa ad un meccanismo che, secondo i controllori, non sopportava il peso dell’uomo. Dopo aver testato il nuovo meccanismo di rimpiazzo con una pietra pesante (per emulare il peso di un uomo) e avendo riscontrato il corretto funzionamento, Lee venne portato fuori ancora una volta a scontare la sua pena.

Per la terza volta la leva venne abbassata, ma ancora una volta le botole non si aprirono, lasciando l’imputato in piedi vivo e vegeto. Dopo tre tentativi di esecuzione falliti di fronte a decine di testimoni sconvolti e sconcertati il ministro dell’Interno Sir William Harcourt commutò la pena di Lee in ergastolo.
Molte teorie sono state avanzate per spiegare perché non fu possibile appendere Lee per il collo. Il rapporto ufficiale concluse che il meccanismo delle botole quel giorno era stato impropriamente montato e, complice probabilmente l’ umidità del mattino, la serratura era rimasta bloccata all’apertura delle botole.

Molti altri, invece, gridarono al miracolo: quello per loro era l’ intervento divino per salvare un uomo innocente. Alcuni pensarono che fosse opera di magia nera, soprattutto ricordando le parole incomprensibili che Lee disse a bassa voce la prima volta che fu messo sulla botola, mentre altri furono portati a pensare che il boia stesso era stato corrotto per mandare a monte l’esecuzione. Fino ad oggi rimane un mistero il motivo per cui le botole non si apritono, anche dopo ripetuti controlli e le riparazioni sul dispositivo.

Anche dopo la commutazione in ergastolo della sua condanna Lee continuò a presentare petizioni per dichiarare la sua innocenza.

Mentre Lee scontò la sua pena, il sospetto cadde per un periodo su Reginald Gwynne, che era un assiduo frequentatore del Glen e che si era offerto di rappresentare Lee in tribunale, stranamente dopo poche ore l’omicidio, quando ancora non si sapeva nulla di come fosse morta l’anziana signora e quindi nemmeno che fosse stata assassinata. Qualcuno avanzò l’ipotesi che l’uomo fosse il vero artefice di tutto e che poi sfruttò il passato di Lee per farlo condannare su prove comunque deboli. Lee sostenere che Reginald Gwynne era stato ospite in casa della donna la sera del delitto, ma nessuno accolse il suo appello.

Lee alla fine scontò 22 anni di carcere e venne finalmente rilasciato per buona condotta come uomo libero nel 1907. Negli anni a seguire sfruttò la sua notorietà vendendo la sua storia a un importante quotidiano e diventando una piccola celebrità.

Come ha fatto John Henry George Lee a schivare una delle più sicure esecuzioni di morte? Fu fortuna, intervento divino, il risultato di un sabotaggio, o semplicemente semplice guasto meccanico? Quale che sia la risposta oggi non ha più importanza perchè di Lee oggi rimane solo il ricordo: “l’uomo che non fu possibile impiccare”.

redazione