Intervista alla band Frammenti: troviamo il “Punto di fuga”

Alex Michielin, Mauro Serafin, Francesco Da Ros e Antonio Cettolin all’apparenza sono quattro semplici amici. Nei fatti sono invece i componenti di Frammenti, nota band della scena Indie italiana. Nel corso degli anni hanno suonato su palchi di locali storici e sono stati inseriti più volte nella playlist Spotify Scuola Indie. L’ultimo loro singolo si intitola “Punto di fuga” ed è un progetto curato da Maionese Project, Matilde Dischi e Artist First. Noi di Socialup abbiamo avuto l’occasione di conoscerli meglio con questa simpatica intervista in cui abbiamo scoperto molti aneddoti legati al gruppo.

Quattro amici che suonano insieme. Ma come nasce il progetto Frammenti? Chi di voi ha avuto l’idea di diventare una band?

Il nucleo originario della band si forma letteralmente a caso, in una mattina di autogestione al liceo in cui si conoscono Alex e Antonio. Fin da subito è una confusione di idee, ma è tangibile la sensazione che possa nascere qualcosa di unico. Dopo una serie di cambi di formazione, fa finalmente il suo ingresso Mauro, già componente di cover band assieme ad Alex. Ma è solo con il coinvolgimento di Francesco che vengono alla luce i primi risultati creativi, ed inizia a formarsi il legame fra elettronica e folk pop che contraddistingue il sound della band fin dagli inizi. Il progetto Frammenti nasce però ufficialmente davanti ad una pizza fredda, nell’autunno del 2016.

Perché avete scelto di dedicarvi all’Indie? Cosa ha questo genere in più rispetto agli altri?

L’Indie oggi è un grande calderone, in cui ribolliscono generi ed influenze diversissimi. Sono dell’idea che alimentando questa ricchezza e varietà, questo genere e il suo pubblico potranno conservare il preziosissimo ecosistema che si è fatto notare con artisti come I cani e ha avuto fortuna con esponenti come Calcutta e Tommaso Paradiso.

È vero, si è assistito negli anni ad una forte commercializzazione del genere, il che non è una cosa negativa per gli artisti, ma porta con sé anche dei rischi. Prima di tutto, quello di un “appiattimento” delle sonorità, delle tematiche, insomma del modo di fare musica. È il rischio delle formule vincenti: scoperte da un artista e poi riprese in maniera seriale, danno bei risultati nel breve termine ma un effetto distruttivo a lungo andare. Abbiamo scelto l’Indie per dare il nostro umile apporto alla vitalità di questo genere, che è stato prima di tutto un movimento culturale. Vogliamo esaltare il carattere “gender-fluid” di questa cultura, quel cosmopolitismo musicale che crediamo sia sempre stato la sua filosofia di base.

Per questo ci definiamo indie pur abusando di casse dritte, sintetizzatori acidi e bassi da club. E in realtà la cosa bella è che non siamo assolutamente gli unici, basti guardare ad artisti che apprezziamo davvero molto nella scena come Iside, Wlog, See Maw.

L’Indie è più forte perché non è genere, ma cultura dell’inclusione.

Le esibizioni live sono parte fondamentale della carriera di un artista e ognuno ha i suoi metodi per affrontarle. Voi avete dei riti scaramantici o delle tradizioni che ripetete prima di esibirvi?

Solitamente ci riuniamo in cerchio e guardandoci negli occhi ci promettiamo di suonare e andare subito fuori dai c****oni. Non funziona molto.

Con il nuovo singolo “Punto di fuga” affrontate il tema del tradimento e come da questo si possa ripartire. Esperienza autobiografica?

La nostra musica è autobiografica in toto, a prescindere dal fatto che si tratti di esperienze direttamente o indirettamente vissute. Il tema del tradimento è solamente un espediente per descrivere con efficacia tutte quelle situazioni in cui vorremmo lasciarci alle spalle ogni elemento negativo per ripartire da zero, senza alcun fardello. Particolarmente evocativa per questo brano è stata la figura di Adriano Meis nel celebre romanzo pirandelliano “Uno, nessuno e centomila”.

Avete mai tradito o siete mai stati traditi?

Essendo in quattro ne avremmo da raccontare per giorni interi, come minimo due. Abbiamo vissuto entrambe le situazioni, ma “Punto di Fuga” evidentemente non racconta il punto di vista di un tradito, nello specifico fa riferimento ad un’alba di mezza estate di Serafino.

Avete girato il videoclip di “Punto di fuga” nel negozio di un barbiere. Avete qualche aneddoto da raccontare riguardo le riprese?

Tornare dal barbiere dopo mesi di quarantena ci ha fatto rivivere un po’ di normalità: uscire di casa, prendere la macchina e andare a fare quelle semplici cose di tutti giorni. Forse abbiamo cercato di trasmettere anche nelle riprese un senso di libertà, di movimento; proprio ciò che in questi mesi ci è mancato di più.

La parte comica è che lo spazio in cui siamo finiti a girare era molto piccolo, forse 4 x 2 metri e ci abbiamo lavorato in sette. Noi quattro interpreti delle scene, il cameraman, il direttore artistico e la controfigura. L’obiettivo era di avere un unico piano sequenza; non potete immaginare quante volte abbiamo rigirato la scena per una semplice spallata. Dalle 8 di mattina alle 20. Con l’aria condizionata fortunatamente.

Alle 14 avremmo terminato tutto se, sul finire della sequenza non fosse entrata un’anziana signora disperata; aveva un invito a cena, era domenica e non sapeva dove poteva fare la messa in piega! Non è stato divertente come sembra. Il primo girato buono se ne è andato così.

In compenso Gintoni e Paradiso hanno imparato come si accoglie un cliente e come gli si levano le doppie punte. Avrebbero voluto anche “mettere in piega” la vecchietta, fortunatamente è intervenuto il titolare a spiegare la situazione…

Nella vostra To do list dei prossimi mesi cosa c’è? A quali progetti state lavorando?

Ci saranno tante cose nuove, state attenti!

Eleonora Corso