Le Ondine nella mitologia: tra leggende e maledizioni

Continua il viaggio all’interno del mondo delle creature leggendarie. Dopo avervi parlato recentemente del Jackalope, oggi andiamo a conoscere un essere dalle origini ugualmente misteriose e indefinite, l’Ondina, il cui nome è stato associato a quello di una nota maledizione.

Il termine ondina, o undina, derivante dal latino unda, il cui significato letterale è “onda”, indica degli spiriti acquatici somiglianti a fate, ninfe o sirene, a seconda delle tradizioni di riferimento.

Le ondine vivono spesso in prossimità di fiumi, sorgenti, stagni, cascate, laghi, sono creature senza anima ma possono ottenerla sposandosi con un mortale.

Molte leggende europee le descrivono come spiriti erranti sempre a caccia dell’amore, tendenzialmente benevole ma pronte a uccidere e a vendicarsi in caso di inganni e umiliazioni.

Nella maggior parte delle raffigurazioni appaiono belle, talvolta provviste di coda di pesce, con lunghi capelli ornati di fiori e conchiglie, dedite al canto, alla danza e alla filatura.

La loro voce ammaliante ricorda, a tratti, lo scrosciare dell’acqua.

Nel dipinto Ondine di Jacques Laurent Agasse (1943) la dolce protagonista è velata da lunghi capelli biondi, immersa in un fiume/lago palustre, mentre in Ondine di John William Waterhouse (1872), l’ondina che veste un lungo abito bianco e ha capelli color dell’oro, se ne sta in piedi accanto a una fonte d’acqua.

Il dipinto Ondine di Jacques Laurent Agasse
Foto: “Ondine”, il dipinto Jacques Laurent Agasse.

In comune, oltre ai capelli biondi e fluenti, hanno la straordinaria bellezza.

Più recentemente, nel volume illustrato Ondine dell’artista francese Benjamin Lacombe, ispirato alla novella dello scrittore bretone Friedrich La Motte-Fouqué, l’ondina appare come una fanciulla dai lunghi capelli rossi, giovanissima e sempre immersa nelle acque di un lago.

Alcune leggende germaniche le mostrano simili alle Oceanine di origine greca, ninfe figlie del titano Oceano e della moglie Teti, che sostenevano le acque del mondo, proteggendo i viaggiatori.

In età romantica diventano invece emblemi dell’eterno conflitto tra eros e thanatos, incantatrici ambigue, seduttrici dal fascino misterioso, che giocano sull’attrazione dell’uomo per l’ignoto e la morte.

Non a caso il loro habitat è l’acqua, elemento indefinito e inafferrabile.

Il quadro Ondine di John William Waterhouse
Foto: il quadro di John William Waterhouse intitolato “Ondine”.

Le origini delle ondine

Stando ad alcuni ricercatori, la figura dell’ondina potrebbe avere a che fare con quella della melusina, da cui forse ha tratto origine.

Le melusine erano figure medievali per metà femmine e per metà draghi o pesci, tipiche del folclore nord-europeo.

Si narra che queste figure potessero sposarsi con i cavalieri solo se questi ultimi promettevano di non vederle mai nella loro forma originaria. L’eventuale rottura del patto avrebbe procurato rovina al cavaliere e costretto all’esilio la melusina coinvolta.

Tuttavia alcuni studiosi ritengono che le melusine fossero presenti ancor prima del Medioevo in varie culture, anche molto distanti tra loro, e che man mano nel tempo avessero subito mutamenti divenendo simili a fate.

Intorno alla fine del 1300 lo scrittore francese Jean d’Arras avrebbe contribuito, con la sua Mèlusine, a tracciare contorni più netti di questa figura leggendaria.

Nella sua opera si narra che la giovane Melusina, figlia di Pressina, fata dei boschi, e di Elinas, re di Albania, scoprì che il padre aveva tradito la madre violando un patto.

Pressina, a suo tempo, gli aveva severamente vietato di guardarla mentre faceva il bagno e durante il parto ma Elinas, mosso da curiosità, lo fece comunque. Pressina, infuriata, si rifugiò con le tre figlie, tra cui Melusina, sull’isola di Avalon.

Per vendicare la madre, Melusina decise di intrappolare il padre in una montagna insieme alle ricchezze che possedeva.

Pressina si arrabbiò con la figlia condannandola a subire una metamorfosi ogni sabato. In questo giorno la parte inferiore del suo corpo si sarebbe trasformata in una coda di drago fino a quando non avesse incontrato un uomo in grado di rispettare il patto di non guardarla in bagno.

Melusina un bel giorno si innamorò di un certo Raimondo di Poitou, i due si sposarono e l’uomo accettò di rimanere fedele al patto. Ma un sabato, mosso da curiosità, lo infranse vedendola trasformarsi. Visto che la amava non glielo rivelò.

La coppia ebbe dei figli, tutti malformi, e Raimondo a questo punto, profondamente amareggiato, allontanò Melusina definendola un essere mostruoso.

A quanto pare è proprio da questa leggenda, e dal famoso libro sulle ninfe, le silfidi, i pigmei e altri spiriti di Paracelso, che trae origine la figura dell’ondina per come la conosciamo oggi, resa famosa a sua volta da Undine del 1811, opera di Friedrich de La Motte-Fouqué.

Undine è diventato nel tempo un vero e proprio classico della letteratura romantica, incentrato sulla complessa figura dell’ondina e del suo passaggio da creatura innocente ed egocentrica a donna inquieta e riflessiva.

Un successo che coinvolse anche la musica dando vita ad Opere famose come quella del musicista tedesco E.T.A. Hoffmann, che compose un singspiel in tre atti dedicato proprio al racconto di Undine.

La storia narra che Undine, figlia del Re del mare (da cui ha tratto ispirazione la Disney per la figura di Ariel, la Sirenetta), avesse deciso di abbandonare il suo ambiente di origine per innamorarsi di un umano ed ottenere così un’anima immortale. La sua scelta la fece rinascere sulla terra da un pescatore e da sua moglie.

Una volta adulta, Undine si innamorò del cavaliere Hulbrand, che le promise amore eterno, sebbene consapevole della sua vera natura. Lo zio di Undine le spiegò che un eventuale torto subito dal fidanzato umano le sarebbe costato il ritorno al mare per sempre e la morte dell’amato.

Un giorno l’ex fidanzata di Hulbrand, amica di Undine, decise di riconquistare il vecchio amore tradendo l’amica. La loro unione si distrusse e gli spiriti dell’acqua rivendicarono vendetta costringendo Undine a uccidere Hulbrand con un bacio fatale.

La copertina del libro Ondine di Benjamin Lacombe
Foto: la copertina dell’edizione spagnola del libro “Ondine” di Benjamin Lacombe.

La maledizione di Ondina

La leggenda di Ondina più famosa appartiene al folclore germanico e prende il nome di “Maledizione di Ondina” o “Sonno dell’Ondina”.

Si narra che una ninfa acquatica di nome Ondina, bella e immortale, si innamorò del cavaliere Lawrence. I due convolarono a nozze e Lawrence promise alla compagna di amarla per sempre rimanendole eternamente fedele.

Un anno dopo il matrimonio Ondina ebbe un figlio da Lawrence e fu allora che iniziò a invecchiare perdendo la sua memorabile avvenenza. Lawrence perse interesse per la moglie che imbruttiva e un pomeriggio Ondina lo scoprì nelle scuderie insieme a un’altra donna, addormentato tra le sue braccia.

Ondina, infuriata, gli puntò un dito contro svegliandolo di soprassalto, quindi lo maledì: “Mi hai giurato fedeltà con ogni tuo respiro, io ti ho creduto e ho accettato il tuo voto. Così sia. Finché sarai sveglio, continuerai a respirare, ma se ti addormenterai, allora ti sarà tolto il respiro e morirai.” 

L’espressione “maledizione di Ondina” è oggi utilizzata per indicare una grave forma di apnea del sonno, la cosiddetta ipoventilazione alveolare primitiva, che causa la perdita del controllo automatico del respiro provocando la morte di chi ne è affetto durante il riposo, visto che in questa fase non è possibile respirare volontariamente.

Si ritiene che il mito abbia voluto tramandare la descrizione di questa sindrome che colpisce soprattutto i neonati, nonostante vi siano anche casi di manifestazione in età adulta soprattutto negli uomini.

La prima descrizione della malattia si deve a Severinghaus e Mitchell che, rifacendosi alla leggenda germanica, affermarono: “la ninfa dell’acqua, Ondine, essendo stata tradita dal marito mortale, gli prese tutte le funzioni automatiche, costringendolo a ricordarsi di respirare. Quando alla fine si addormentò, morì”.

Il disegno su Deviantart di un'ondina
Foto: un’illustrazione di una ondina di UnicornSaint.

Altre leggende sulle ondine

Un’altra leggenda famosa, altrettanto inquietante, è quella di Lorelei, ondina germanica che abitava nella parte più bella della valle del Reno, su una roccia di 132 metri di altezza, tutt’oggi visibile, chiamata in suo omaggio Lorelei.

La leggenda compare per la prima volta nel 1801 in una ballata del poeta Clemens Brentano, ispirando successivamente altri autori come il famoso Heinrich Heine.

Vi si narra la storia di Lorelei, ondina che si divertiva ad attrarre gli uomini con la sua voce melodiosa, in modo che non si rendessero conto dei pericoli della corrente, causandone di conseguenza la morte.

Si narra che un giorno un nobile, infuriato per la morte del figlio, avesse ordinato l’uccisione di Lorelei mandando sul Reno i suoi soldati. Il padre dell’ondina riuscì a salvarla in tempo inviandole un cavallo di schiuma che la condusse nel profondo delle acque. Da quel momento Lorelei non emerse più dal Reno. L’unica cosa che rimane in suo ricordo è la sua roccia.

L'ondina germanica Lorelei in un dipinto di Emil Krupa-Krupinski
Foto: l’ondina Lorelei in un dipinto del pittore tedesco Emil Krupa-Krupinski (1872–1924).

Anche i fratelli Grimm dedicarono una fiaba alla figura dell’ondina: si narra che un fratello e una sorella giocassero vicino a una fontana, finendoci improvvisamente dentro. Qui trovarono un’ondina che li costrinse a diventare suoi schiavi. La bimba venne costretta a filare del lino aggrovigliato e a portare acqua in una botte forata, il ragazzo dovette abbattere un albero con una scure priva di filo. L’ondina li nutriva solo con gnocchi duri.

I due fratelli un bel giorno, di domenica, decisero di fuggire mentre l’ondina era in chiesa. Quando si accorse della fuga, li inseguì ma la bambina gettò una spazzola dietro le sue spalle da cui emerse una montagna di spazzole dalle setole pungenti che impedirono all’ondina di raggiungerli.

Purtroppo ella riuscì comunque nell’intento e fu allora il turno del bambino di gettarsi dietro le spalle un pettine, da cui emerse una montagna di pettini provvisti di denti. L’ondina però vi si aggrappò e li raggiunse di nuovo.

La bambina gettò dietro di sé uno specchio e ne emerse una montagna di specchio, così liscia da impedire all’ondina di arrampicarvisi. L’ondina pensò di rompere lo specchio con la sua ascia e si diresse verso casa per procurarsi l’arma ma quando tornò i bambini erano scappati via.

Oltre alle ondine di acqua dolce, le saghe vichinghe ci parlano di ondine marine, per metà umane e per metà pesci, come le figlie del Re del Mare Ager, e della sposa Ran. Queste ondine avevano natura benevola e il loro compito consisteva nel soccorrere i naufraghi e riportare alle madri i marinai annegati.

In tutto le figlie di Ager e Ran erano nove: Himinglifa, Dufa, Hadoha, Hedring, Udir, Hronn, Bylzia, Bora e Kolga. Nel tempo libero le sorelle si divertivano a giocare e a nuotare con delfini, cavallucci marini e altre creature del mare oppure danzavano, cantavano e suonavo sedute su scogli e promontori.

Un'illustrazione della ninfa Lorelei
Foto: un’illustrazione di Lorelei di AlexandraVBach.

Le ondine tra eros e thanatos: una lettura psicologica

In Ondina e Lorelei. Storie di incantatrici romanticheDaniela Stucchi propone un’interessante lettura di queste figure leggendarie in chiave psicologica.

Facendo riferimento alle leggende del primo Ottocento citate in precedenza, ispirate al folclore franco-tedesco, la ricercatrice afferma che le ondine siano divenute progressivamente emblemi del conflitto eterno fra eros e thanatos. Tant’è che il loro rapporto con l’amore non è pacifico ma tormentato e complesso.

Incontrarle sul proprio cammino consente di entrare in contatto con il proprio inconscio, di spingersi nell’ignoto, con tutto ciò che questo viaggio può comportare, nel bene e nel male.

In chiave junghiana, queste figure della tradizione popolare, simboleggiano contenuti inconsci della psiche umana collettiva e le loro leggende mettono in scena le paure ancestrali dell’uomo e il timore che l’essere umano prova da sempre nei confronti dell’altro e quindi di ciò che non conosce, che non può tenere sotto controllo, inclusa la morte.

Le ondine sono quindi l’alterità che mette alla prova l’uomo, trasformandolo in un eroe che deve confrontarsi con l’altro per diventare più consapevole di se stesso. Confronto che non sempre, purtroppo, finisce bene.

Una statua in bronzo raffigurante l'ondina Lorelei
Foto: la statua di Lorelei presso il porto Loreley a Sankt Goarshausen in Renania-Palatinato.

Le ondine e gli elementali nell’opera di Paracelso

Il medico e mago rinascimentale Paracelso dedicò un’intera opera ai cosiddetti elementali, esseri mitologici appartenenti a uno solo dei 4 elementi, terra, aria, acqua o fuoco. Tra questi esseri si annoverano anche le ondine, elementali d’acqua, oltre a salamandre, gnomi, silfidi e altre creature tipiche del folclore centroeuropeo.

Paracelso fu il primo durante la sua epoca dominata dalla teoria dei 4 elementi di Aristotele, che spiegava la composizione e i mutamenti della materia, a sostenere che esistessero altri 3 principi della materia, il sale, lo zolfo e il mercurio, e che esistessero degli spiriti della natura responsabili dei suoi mutamenti.

In De Nymphis, Sylphis, Pygmaeis et Salamandris et coeteris spiritibus, Paracelso afferma che gli spiriti della natura vivono in una dimensione intermedia, invisibile, sospesa tra realtà materiale e spirituale, non accessibile alla maggioranza degli umani.

Paracelso descrive gli elementali come creature simili all’uomo dal punto di vista fisico e intellettivo ma prive dell’anima, né buoni, né cattivi perché incapaci di distinguere tra bene e male: “… poiché sono privi di anima non pensano a servire Dio né a seguire i suoi comandamenti; soltanto l’istinto li spinge a comportarsi onestamente.”

A proposito del loro modo di vivere, il medico rinascimentale sostiene siano dotati di organizzazione sociale e di un naturale orizzonte etico e che ogni popolo, a seconda della propria natura, viva nel proprio elemento di pertinenza. Le ondine, pertanto, vivono nell’acqua, le salamandre nel fuoco, gli gnomi nella terra e i Silfidi nell’aria.

Per quanto riguarda le unioni con gli esseri umani, Paracelso afferma: “Questi esseri, benché abbiano apparenza umana, non discendono affatto da Adamo; hanno un’origine del tutto differente da quella degli uomini e da quella degli animali, […] però si accoppiano con l’uomo, e da questa unione nascono individui di razza umana.”

L’autore ritiene quindi che gli ibridi umani/elementali siano esseri umani in tutto e per tutto, che perdono i poteri degli elementali puri, come la capacità di divenire impalpabili a piacimento.

Non tutti gli elementali sono propensi a questo genere di unioni ma le ondine sembrano prediligerle perché è il solo modo che hanno per ottenere un’anima divenendo così partecipi dello spirito divino.

Gli elementali infatti non sono stati riscattati da Cristo in quanto sprovvisti di anima e la desiderano per poter accedere al regno divino ed “elevarsi” rispetto alla condizione in cui vivono.

Tuttavia, come abbiamo visto, il rapporto con le ondine non è affatto privo di rischi.

“Se tradite senza permesso”, dice Paracelso, “esse ricompaiono all’improvviso ed uccidono senza pietà l’amante umano infedele. Inoltre, il legame che instaurano con i loro amanti è talmente profondo e forte, che il loro destino si riflette prontamente su quello dell’amante. Se esse soffocano o patiscono, anche il loro sposo soffocherà e patirà. Se esse muoiono, anche lo sposo morirà. Il legame si scioglie solo con il consenso unanime delle due parti.”

Uomo avvisato…

redazione