L’Aquila, un giorno qualsiasi prima del 6 aprile 2009

Di Valeria Manilla per Social Up!

E’ successo così velocemente che non c’è stato il tempo per fare la mappatura mentale dei luoghi da custodire nella memoria. Così ieri dopo sette anni è riemersa la necessità di mettere insieme i post it e di dargli un senso.

L’Aquila, un giorno qualsiasi di un anno qualsiasi prima del 6 aprile 2009.

Erano veramente novantanove le piazze, le chiese, i castelli e le cannelle, c’era piazza Cavour e la sua movida, c’era l’estate a piazza San Biagio, i ragazzi a cavallo dei leoni di San Pietro e i cornetti delle quattro dopo il Magoo. C’era piazza Palazzo e l’odore del pane fresco, la ‘strina’[1] della mattina prima di entrare a scuola, il Parco del Sole quando si decideva di non andarci, a scuola. C’era la Fontana Luminosa con la neve e il Gran Sasso sullo sfondo, il corso illuminato a festa e i vicoli che erano pieni, in salita e in discesa, angoli freddi di una vita tranquilla e senza troppe pretese.

C’era il mercato in piazza Duomo, il rumore della monetina caduta per terra, l’odore del formaggio, le urla del fruttivendolo, gli insistenti, vanitosi rintocchi della Cattedrale di San Massimo quasi a richiamare l’attenzione su di sé e le Anime Sante, le bottegucce attorno e i negozi, le edicole ogni tre metri, le farmacie e le sale da tè. A L’Aquila c’erano tre cinema solo nel centro storico, c’era il teatro e le sale da concerto, i festival musicali alle novantanove cannelle, le palestre, e i centri sociali.

C’erano persino le pizzerie e i ristoranti. La villa e il castello delimitavano il confine della città, le mura e le porte a proteggere L’Aquila che “gridaro tucti insieme la città facciamo bella che nulla nello regame possa confrontarsi ad essa”.

Da scriverci un’enciclopedia per tutto quello che c’era.

Erano veramente novantanove le piazze, le chiese, i castelli, le cannelle e i rintocchi, poi sette anni fa ventitre secondi sono bastati e all’ improvviso non c’è stato più niente.

L’Aquila è come Atlantide, sommersa, esiste nei ricordi di chi ci ha vissuto e ci vive ancora con il sorriso spento e una falsa speranza nel cuore.

IMMOTA MANET.

Oggi L’Aquila è il cantiere più grande d’Europa.

[1] Strina: vento gelido in dialetto aquilano

redazione