La vita è facile ad occhi chiusi:  un viaggio in macchina contro una “società di schiaffi”

Direttamente dalla Spagna arriva sui nostri schermi il film “La vita è facile ad occhi chiusi”, (uscito in Italia nel 2015) di David Trueba, che in patria ha vinto ben 6 premi Goya (i David di Donatello spagnoli).

E’ la storia di un simpatico ed eccentrico professore (Javier Camara), cultore dei Beatles e della loro musica, al punto da utilizzare le loro canzoni per insegnare l’inglese ai suoi studenti. Venuto a conoscenza della presenza di John Lennon su un set cinematografico ad Almeria, decide di non farsi scappare l’occasione per incontrare di persona il suo mito e chiedergli di trascrivere i testi delle sue canzoni, così da avere materiale sicuro per lo studio dei suoi alunni.

E’ così che intraprende un lungo viaggio in macchina, “raccogliendo” sulla strada altri due passeggeri che fanno l’autostop, due ragazzi: Belèn (Natalia de Molina) e Juanjo (Frances Colomer), ognuno con una propria motivazione per allontanarsi da casa. Dopo una breve e sprizzante introduzione sui personaggi, la pellicola assume i contorni classici del “road movie”, un filone cinematografico tipicamente introspettivo che sfrutta il viaggio come pretesto per approfondire la psicologia dei personaggi che lo intraprendono, le loro relazioni e gli incontri, usuali e non, che essi compiono sulla loro strada (appartengono a questo genere ad esempio il recente “Nebraska” e lo storico “Easy Ryder”).

La via scelta David Trueba è quella della commedia. L’acuta ironia dei dialoghi, la loro originalità e la delicatezza della regia (la macchina da presa sembra quasi assente) catturano lo spettatore, facendolo affezionare fin da subito  ai personaggi, merito anche della convincente prova degli attori.

Su tutti spiccano senz’altro il bravissimo Javier Camara (il professore), che è un po’ la figura paterna del gruppo, il quale con la sua travolgente loquacità “spagnola” scandisce le tappe del viaggio e l’evoluzione nel rapporto tra i personaggi (nonché il ritmo del film) e Natalia De Molina, che con il suo sguardo magnetico e la sua elegante sensualità buca lo schermo, meritando il premio Goya come migliore attrice rivelazione.

Lo spettatore si diverte, ma è invitato anche a riflettere sull’incontro di queste solitudini che si dipanano nel contesto del regime franchista. Una “società di schiaffi”, appena delineata sullo sfondo dal resista, che viene  oltrepassata  in macchina dai protagonisti, i quali, nel loro piccolo sono un po’ dei ribelli che si oppongono alle istituzioni. Il professore alla scuola, la ragazza al rigido buoncostume sociale, il ragazzo al genitore autoritario.  I tre emarginati trovano sostegno l’uno nell’altro sulle note di “Help” dei Beatles e di “Strawberry fields forever” (dal cui testo è tratto il titolo del film), impreziosite dalle esuberanti teorie del professore.

La leggerezza della narrazione e la sceneggiatura aggraziata sono senz’altro i pregi maggiori della pellicola. Nell’ultima parte, forse, è leggermente appesantita da una costruzione più canonica rispetto all’inizio, più incisivo e coinvolgente. Nonostante questo, si tratta di una commedia ben riuscita e non banale, che a buon merito ha vinto diversi premi:  un’opera positiva che lascia soddisfatto lo spettatore, per la sua equilibrata costruzione e per la storia che è riuscita abilmente a raccontare.

Chiudiamo con una simpatica foto degli attori insieme al regista David Trueba, che in effetti somiglia un po’ a John Lennon.

 

Francesco Bellia