La spugna che trasforma l’olio da cucina usato in biocarburante

Una spugna microscopica capace di convertire l’olio da cucina usato e altri prodotti di scarto in biocarburante. È l’ultima trovata, più semplice ed economica rispetto ai metodi comunemente usati, per progredire nel campo della green chemistry. Questo progetto è il prodotto del lavoro che gli scienziati del Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT), in collaborazione con altri ricercatori sparsi tra Cina e Regno Unito, hanno pubblicato nelle pagine della rivista Nature Catalysis.

Il team è stato in grado di sviluppare una spugna di ceramica unica nel suo genere. Si tratta di un catalizzatore multifunzionale i cui pori, di diversa grandezza, trasformano molecole complesse in materiali riutilizzabili attraverso delle reazioni chimiche con un grado di controllo senza precedenti. “In passato sono stati sviluppati catalizzatori in grado di eseguire più reazioni simultanee, ma questi approcci offrono scarso controllo dal punto di vista chimico e tendono ad essere inefficienti e imprevedibili”, ha dichiarato la ricercatrice co-responsabile dello studio, la professoressa Karen Wilson della RMIT University di Melbourne. “Il nostro approccio guarda ai catalizzatori della natura – gli enzimi – per sviluppare un modo potente e preciso di eseguire reazioni multiple in una sequenza prestabilita. È come avere una linea di produzione su scala nanometrica per reazioni chimiche, il tutto racchiuso in una particella di catalizzatore minuscola e super efficiente”, ha proseguito.

La spugna di ceramica realizzata nello studio (ingrandita 20.000 volte). [RMIT]

La spugna, di dimensioni microscopiche ed estremamente porosa, funziona in modo tale che le molecole che vengono immesse in essa subiscano una semplice reazione chimica. Tra gli elementi che possono essere soggetti a queste particolari trasformazioni rientra l’olio da cucina usato. Dunque, oltre ad evitare l’impiego dei comuni meccanismi di smaltimento, si aggirerebbero i metodi attualmente utilizzati per la conversione dell’olio in biocarburante che prevedono processi ad alta intensità energetica atti ad eliminare i contaminanti. I ricercatori del RMIT hanno sottolineato che mentre il processo tradizionale può gestire solo materie prime pure fino al 2% di contaminanti, il nuovo catalizzatore può produrre biodiesel da ingredienti di bassa qualità, contenenti fino al 50% di contaminanti.

Stando a quanto spiegato dai ricercatori, la produzione di grandi quantità di questa nuova spugna sarebbe finalizzata a realizzare carburanti partendo dai rifiuti agricoli, pneumatici in gomma o alghe. “I nostri nuovi catalizzatori possono aiutarci a ottenere il pieno valore delle risorse che normalmente andrebbero sprecate – dall’olio da cucina usato alla lolla di riso e alle bucce di verdure – per far alimentare l’economia circolare”, ha spiegato il professor Adam Lee del RMIT, ricercatore co-responsabile dello studio.

Giuseppe Forte