La dipendenza da social media: facebook è come la cocaina

Siamo sempre più schiavi della rete, degli smart-phone, dei social network, di internet. Sono diventati il nostro passatempo, nei momenti di buco, di noia, fino a renderci schiavi. Forse però non molti sanno che i social media utilizzano le stesse tecniche utilizzate dalle compagnie del gioco d’azzardo per creare una dipendenza psicologica e radicarsi nelle vite degli utenti, così da creare una vera e propria dipendenza. I metodi impiegati sono talmente efficaci da attivare un meccanismo simile a quello che la cocaina ha sul cervello, creando un bisogno psicologico; sono metodi simili a quelli utilizzati per creare dipendenza nei giocatori d’azzardo.

I dati dell’economia online girano intorno al numero di utenti ed alle loro attività: il guadagno dipende dall’attenzione degli utenti, dai click e dal tempo speso. Non impora di cosa si tratti, se un’app per fotografie, un gioco, un socialnetwork, la persona entra in un “circolo ludico” fatto di incertezza, anticipazioni e feedback e la ricompensa è tale da convincere l’utente a continuare ad usare i social media. Basti pensare alle notifiche continue che i nostri smart – phone ricevono perchè il nostro livello di FriutLand aspetta di essere finalmente superato, o perchè un nostro amico di Instagram sta pubblicando un nuovo video in diretta. “La possibilità di aggiornare continuamente le notizie che riceviamo e di poterle passare in rassegna attraverso il meccanismo di scroll è inquietantemente simile a quello di una slot machine.” A sostenerlo è Tristan Harris, ex designer “etico” di Google, definito come la cosa più vicina ad una coscienza che la Silicon Valley ha . “Tiri una leva e ricevi immediatamente una ricompensa, oppure niente”, spiega Tristan Harris.

E’ ovvio che nella maggior parte delle ipotesi l’utente non ricava alcun guadagno e nella maggior parte dei casi non sa se troverà qualcosa di interessante o di gratificante, proprio come nelle scommesse. Poche sono le persone che sono riuscite a creare un reale business ed a farlo diventare un lavoro che a fruttato loro cifre importati. Ma proprio questo è ciò che  spinge l’utente a continuare, a rimanere in questo circolo “vizioso”. “La ricompensa è ciò che gli psicologi definiscono programmi di rinforzo variabile e che ci invoglia a controllare ripetutamente gli schermi dei nostri cellulari”, spiega il dottor Mark Griffiths, professore di comportamenti di dipendenza e direttore dell’Unità di ricerca internazionale sul gioco d’azzardo della Nottingham Trent University. “I social media sono pieni di ricompense imprevedibili. Cercano di attirare l’attenzione degli utenti e inserirli in una routine e far sì che controllino ripetutamente i loro schermi”.

L’uso dei social network è stato da molti studiosi collegato alla depressione, proprio come il gioco d’azzardo, che altera fisicamente la struttura del cervello e rende le persone maggiormente predisposte alla depressione e all’ansia. L’effetto psicologico  è talmente forte che possiamo arrivare a pensare che il nostro cellulare stia vibrando o che abbiamo ricevuto un messaggio, nonostante non sia assolutamente così. Tutto questo a causa di un’abitudine che si è sedimentata nella nostra testa, modificando gli input necessari per avere una risposta. “I social media possono attivare nel cervello lo stesso meccanismo che in genere attiva la cocaina”, spiega il professor Daniel Kruger, dell’Università del Michigan. La cosa più assurda e pericolosa è la continua ricerca che viene fatta dai centri nevralgici che gestiscono i social per far sì che il numero di utenti sia sempre maggiore, che i loro dati siano sempre più difficili da cancellare e per creare sempre maggior stimoli nell’utente.

Per fare due conti, basta pensare che il numero di utenti al mese su Facebook ha raggiunto, quest’anno,  i 2.13 miliardi, il 14 percento in più rispetto al 2017. Inutile negarlo, una bella pausa disintossicante farebbe certamente bene a tutti noi!

Sharon Santarelli