Judy: gli ultimi anni di Judy Garland e la fine dell’arcobaleno

René Zellweger è Judy Garland, attrice e cantante celebre per il Mago di Oz del 39'

Visto in anteprima al Cinema Arlecchino di Milano e dal 30 gennaio al cinema, Judy di  Rupert Goold, è un film biografico-musicale, che ricostruisce gli ultimi anni di carriera di Judy Garland, attrice e cantante che esordì giovanissima nel mondo dello spettacolo, bucando gli schermi con la sua interpretazione ne il Mago di Oz, film del 39′ di Victor Fleming, considerato un classico intramontabile del cinema, per la potente affermazione del sonoro e del technicolor (il sonoro fu portato al cinema alla fine degli anni 20′ e Il Mago di Oz fu uno dei primi trionfi produttivi della Warner nel musical hollywoodiano parlato e cantato). Il film di Rupert Goold si rifa a sua volta ad una piece teatrale inglese  End of the Rainbow di Peter Quilter, un musical di grandissimo successo, che è stato recitato nei teatri di tutto il mondo.

Judy, come nell’opera di riferimento, è una pellicola che più che parlare del passato della Garland si concentra sui suoi ultimi anni di vita e mette in luce le contraddizioni di questa artista dalla personalità difficile: una donna ironica, talentuosa, affamata di successo, ma anche autodistruttiva. Una cantante “partorita” da Hollywood, un mondo agognato, desiderato ardentemente e di continuo, che la condizionò fin dai primi anni di età e segnò profondamente la sua vita.

Come End of the Rainbow, il film su Judy Garland racconta “Il viale del tramonto” di una star illusa dai grandi sogni (da qui il titolo della piece “The end of the rainbow”). Il pregio maggiore della pellicola è indubbiamente l‘interpretazione di Renè Zelweger, che ha davvero plasmato il suo fisico, la sua voce, la sua mimica e la sua gestualità su quella della cantante, offrendo un’interpretazione notevole, la migliore della sua carriera, che la vede ben posizionata per ottenere il Golden Globe per cui è candidata come Migliore Attrice Drammatica e chissà, forse anche l’Oscar 2020 come migliore attrice.

Forte di quest’interpretazione il film segue l’ottica della protagonista. Non ci racconta, infatti, il passato dell’attrice per filo e per segno, ma solo dei momenti particolari che vengono ricordati dalla donna, come ad esempio la proibizione di una torta sul set di Il mago di Oz, o il compleanno festeggiato in anticipo pur di far piacere ai media… Tutte queste vicende, legate al passato rubato di una ragazzina ammaestrata per stare sul palcoscenico, si intervallano ai tentativi della Garland adulta di riassettare la propria vita e “conquistare” il diritto di stare con i propri figli (avuti con il quarto marito). Chiunque dia una sbirciata alla biografia e al curriculum di Judy Garland si renderà conto della complessità della vita hollywodiana di questa attrice e cantante con ben cinque matrimoni e trentanove film in carriera.

Il film non parla di moltissime cose della vita della Garland – ad esempio non parla del rapporto con la madre, la quale sembrerebbe avere spinto molto per farla esordire fin da bambina (due anni) nel mondo dello spettacolo – ma sceglie il momento ultimo di crisi, quello più difficile in cui la donna non aveva nemmeno un sostentamento economico. La parabola inglese descritta nel film, con il ritorno della Garland a Londra per una serie di concerti, è costellata da successi strepitosi e cadute rovinose, come tutta la vita dell’attrice e cantante.  Il regista sfrutta questo palco per riprodurre le canzoni più famose del repertorio musicale (qui la componente musical del film).

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Judy Garland da ragazzina (interpretata da Darci Shaw) sul set de Il Mago di Oz

Chiara, anche se non ricostituita pedissequamente, ma piuttosto tramite flashback, la denuncia del film alla spietata Hollywood che addirittura somministrava caffè e farmaci pur di mantenere sempre attiva e magra la giovanissima attrice durante le riprese del il Mago di Oz: un utilizzo continuo di sostanze, che segnarono la donna nel fisico, da adulta, causandone poi la morte (a 47 anni), per overdose dovuta ad utilizzo prolungato e ininterrotto di farmaci.

Da questo punto di vista è molto d’effetto la scena iniziale: quella in cui il produttore della Warner lusinga la giovanissima Judy Garland (Darci Shaw) a non essere come tutte le altre e la invita ad entrare nel mondo spettacolo promettendole “Il mondo di Oz” come ricompensa. Una promessa fatta di sacrifici e speranze, prontamente deluse.

Ma se la Garland è vittima di questo star system – addirittura fu portata a cambiare nome ( Frances Ethel Gumm, l’originario) –  il film mostra (ed è un pregio della pellicola), come ella ne sia anche l’artefice. Come fosse “affetta” una Sindrome di Stoccolma la donna non riesce davvero a distaccarsi dal palcoscenico: ne ha bisogno e quando si dedica ad altro sente la mancanza di quella “prigione dorata”  che è in fondo vitale per lei, anche più dei suoi figli. L’attrazione verso Hollywood è magnetica, come una droga-farmaco di cui non si può fare a meno.Risultati immagini per judy garland oz

Il film fa emergere gradualmente questa contraddizione. Ed’ così che l’interpretazione matura e sofferta di “Somewhere over the rainbow“, uno dei brani più famosi del musical, rappresenta un po’ la vita nomade e sbandata della cantante e il brano si riveste non tanto di speranza, quanto di malinconia.

Come si diceva ci sono moltissime cose che la pellicola non dice e che forse potevano essere raccontate. Il film dà senza dubbio una visione parziale di questo personaggio, lasciando molti punti anche cruciali della sua vita in ombra. E’ una scelta voluta, indirizzata a descrivere gli ultimi anni di vita dell’attrice. Ci sta anche, ma forse si poteva aggiungere di più: al termine della visione si avverte la mancanza del passato dell’attrice reso sulla scena. I traumi sono in fondo omessi dalla pellicola o delineati in modo veloce, come se si fosse in un musical e non in un biopic  (Ed infatti il film è tratto da un musical teatrale come si diceva).

Tuttavia si ha l’impressione di un’occasione non sfruttata a pieno. Il personaggio della Garland, così ben interpretato da Renè Zellweger, forse poteva essere utilizzato per scavare ancora più in profondità e sondare ancor più le cause che portarono l’attrice a conoscere lo star system, piuttosto che gli effetti di quest’ultimo sul suo fisico e sulla sua vita. Nel complesso un film godibile che in fondo celebra la Garland. A volte lo fa con scene un po’ più banali che forse potevano essere sostituite con momenti di maggiore drammaticità e intensità, enfatizzando maggiormente la psicologia della protagonista anche raccontando aneddoti più forti di quelli proposti, legati all’intera vita dell’attrice.

Francesco Bellia