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Italia in pole position nell’assegnazione del Recovery Fund, 209 miliardi di euro arriveranno tra il 2021 e il 2023

Sembrerebbe che il dado finalmente sia tratto, gli accordi europei ci vedono in pole position per l’assegnazione della fetta più grande dei sussidi e dei prestiti del Recovery Fund. E’ quanto emerge da due tabelle diffuse da fonti italiane con la stima della ripartizione tra i Paesi. All’Italia andrà “il 28% dei fondi”. Secondo le stime Roma dovrebbe ricevere 81,4 miliardi di sussidi, seguita dalla Spagna con circa 72 miliardi, dalla Francia con 40 miliardi, dalla Polonia con circa 32 miliardi e dalla Germania con oltre 25 miliardi. Dal Recovery Fund all’Italia arriveranno, in totale, 209 miliardi di euro. Il denaro verrà distribuito tra il 2021 e il 2023: il 70% nel 2021-2022 (è in questi due anni che l’Italia avrà 146 miliardi) e il 30% entro la fine del 2023 (63 miliardi per il nostro Paese).  E’ previsto un prefinanziamento del 10%, un anticipo delle risorse che arriveranno sempre nel 2021, ma prima delle altre. Per l’Italia si tratta di 20,9 miliardi di euro. Questo denaro potrà essere utilizzato per coprire una parte delle spese imposte dal coronavirus.  Il nostro Paese, come gli altri, deve preparare un Recovery Plan nazionale, un piano triennale (2021-2023) che verrà presentato in autunno e, anche se giudicato idoneo, sarà successivamente “riesaminato e adattato, ove necessario, nel 2022 per tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023”.

Il piano dovrà essere in linea con le raccomandazioni della Commissione, la quale lo valuterà entro due mesi dalla presentazione (quindi novembre-dicembre). I criteri della coerenza con le raccomandazioni specifiche per ogni paese riguardano l’Italia, sono una riforma della giustizia, una del fisco e una del lavoro. Fondamentale per la valutazione positiva anche “l’effettivo contributo alla transizione verde e digitale”. Su proposta della Commissione, il piano dovrà poi essere approvato a maggioranza qualificata dal Consiglio. Uno o più Stati membri, in via eccezionale, possono dire che ci sono “gravi scostamenti dal soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali” e chiedere di portare la questione al Consiglio Europeo.

Alessandra Filippello