Intervista a Michele Marzola: “Amo la prosa, ma la tradisco con la poesia”

Michele Marzola nasce a Legnago nel 1996 e si diploma al liceo scientifico di Ostiglia. Dopo essersi reso conto di aver sbagliato percorso (e meno male!) si laurea nel 2019 in Lettere, arti e archeologia a Ferrara. Michele è uno scrittore con i piedi per terra e la testa tra le nuvole (anche di capelli), infatti attualmente studia Culture e tradizioni del Medioevo e del Rinascimento per insegnare. Scrive due libri “Il colore dell’anima” (2015) e “Storie sospese tra terra e aria” (2018). Abbiamo avuto l’opportunità di passare un paio d’ore con questo giovane talento. Un’intervista che alla fine si è trasformata in una chiacchierata fatta di sogni, letteratura e opinioni al gusto di musica e liquore. Ecco l’intervista a Michele Marzola.

Michele, hai scritto due libri, “Storie sospese tra terra e aria” e “Il colore dell’anima”. Che cosa significano per te?

Hanno due significati molto diversi. “Il colore dell’anima” è stato il mio esordio nella scrittura, avevo solo diciassette anni quando l’ho scritto. Ero molto molto giovane, e ancora inesperto del mondo della scrittura. È stato per me una grande soddisfazione: è un romanzo lungo, impegnativo e con un progetto molto complesso alle spalle. Ha rappresentato insomma una prova di forza che poi ha avuto dei risvolti successivi: sono passato cioè ai racconti.

Dopo “Il colore dell’anima” infatti non ho più scritto romanzi, ho scritto invece un paio di raccolte prima delle “Storie sospese”. Sono anch’esse parte di un percorso: partendo dal romanzo ho cercato di ridurre sempre di più il corpo della scrittura fino ad arrivare a scrivere un piccolo libro di ottanta pagine. Rappresentano un po’ un traguardo: passare da un libro impegnativo dove parlavo di tutto, a volte anche del superfluo, all’essenziale. Lo definirei un lavoro sulla parola che infatti è proseguito nella poesia, la naturale prosecuzione delle “storie sospese”. Ora che ci penso nemmeno la loro è una prosa semplice. È quasi una prosa poetica se così si può dire. 

A questo punto capirai che dobbiamo chiederti quale hai preferito scrivere a livello di scrittura.

Io amo tutto ciò che inizio e concludo subito perciò penso di aver preferito scrivere “Storie sospese”. Sono tutti racconti lampo, senza pause di scrittura. “Il colore dell’anima” è completamente diverso dal momento che, come dicevo prima, alle spalle ha un progetto. È come se fossero la parte irrazionale e razionale di me. 

Michele, puoi raccontarci com’è il processo di costruzione e scrittura di un libro? 

La stesura de “Il colore dell’anima” è stato un processo molto travagliato. Costruire un romanzo è stato difficile. Difficile ma di grande soddisfazione: serve un disegno e serve saperlo mettere nero su bianco. Bisogna essere un po’ architetti insomma. Tutto deve essere preciso: ciò che accade, la psicologia dei personaggi ecc. Il processo che ha accompagnato invece le “Storie sospese” è  stato completamente diverso. Sono nate e cresciute all’interno di un’estate. Semplicemente quando avevo un’idea, ispirata da qualsiasi cosa, la scrivevo. Cosa impiegavo? Mezz’ora, un’ora per storia? 

In seguito mi sono accorto che tutte avevano un filo conduttore e quindi ho pensato di unirle in una raccolta. 

Scrivi da sempre o ad un certo punto hai avuto questa necessità?

Molto semplicemente ad un certo punto ho sentito la necessità di scrivere. Dopo un evento traumatico ho avvertito il bisogno di incanalare un certo tipo di idee e sensazioni, ed è nato “Il sole sta sanguinando”, il mio primissimo romanzo. Molto (ma molto!) imperfetto, scritto male ecc. però è stata la mia prima prova di coerenza di scrittura, che, dopotutto, è riuscita, nonostante sia un libro terribile! Quindi sì, scrivo per necessità e continua ad essere per necessità. E adesso sempre di più. 

Hai mai avuto momenti di blocco artistico? Da dove prendi ispirazione? 

Gli unici momenti “di blocco” non sono momenti di vero blocco, ma di pausa. Ho bisogno di momenti di pausa dalla scrittura, ora per esempio non sto scrivendo. Inoltre quando sento che qualcosa è stato concluso con successo mi fermo per qualche tempo e poi quando ho nuove idee riprendo naturalmente. 

Hai un posto speciale dove stare quando scrivere? 

Ho sempre scritto nel mio studio, ma da quando ho iniziato a scrivere poesie, queste preferisco scriverle in giro. Sempre. In realtà ho dei miei posti specifici ma se dovessi scrivere il romanzo che ho in mente lo farei sicuramente nel mio studio. È un posto molto bello per me: piccolissimo ma infinito. Si tratta di una specie di corridoio con una finestra che quando è aperta lo fa diventare infinito. È incredibile. 

Oltre a scrivere in prosa scrivi anche poesie. Quale forma di scrittura pensi ti si addica di più e perché? 

Preferisco scrivere in prosa. Ci sono nato e, almeno per adesso, la poesia è come se fosse un giovane amore appena nato con una ragazzina. È ancora acerbo. Invece la prosa è come se fosse un matrimonio che dura da anni in cui io e lei ci conosciamo molto bene e sappiamo pregi e difetti l’uno dell’altra. La poesia in questo caso è diventata una relazione extraconiugale però si ritorna sempre dove si è stati bene, quindi la prosa. 

Nella storia della letteratura si sono succeduti tanti tipi di poeti e scrittori come per esempio i notissimi poeti maledetti. Tu Michele come ti definiresti?

Io mi schiero dalla mia parte. Può essere un errore paragonarsi a qualcuno. I grandi rimangono grandi e non bisogna far altro che conoscerli  (molto bene),  ma è necessario trovare la propria identità. Io non dico che mi ispiro a qualcuno: mi ispiro a tutti e a nessuno. Le letture che faccio sono utili ma non mi condizionano. È giusto prendere uno spunto ma fare parte di un gruppo anche no. La letteratura dopotutto è fluida e io credo poco a questi incasellamenti. 

Michele sul tuo profilo Instagram tieni una piccola rubrica dove suggerisci lettura e di non giudicare mai un libro dalla copertina. Immagina ora di essere in una libreria. In base a cosa allora scegli un libro rispetto ad un altro? Cosa cattura la tua attenzione?

Se dovessi scegliere dei libri per me stesso vado molto a sensazione. Non nel senso di vagabondare nella libreria senza meta. Cerco sempre  infatti di fare un minimo di “conoscenza” con il libro che andrò a comprare. Lo guardo, cerco di leggerlo un po’ e cerco soprattutto di avere una conoscenza pregressa. Difficilmente vado allo sbaraglio e di solito ho ben chiaro cosa voglio acquistare dal momento che un po’ mi conosco dal punto di vista letterario.

Invece se consiglio un libro ad un’altra persona a mi baso sulla sua conoscenza. Alla fine la letteratura è anche un po’ rispecchiarsi nei libri secondo me, e quindi cerco di capire quale libro è simile alla persona in questione. Un po’ come se anche i libri fossero persone essi stessi. Per me infatti i libri hanno un carattere, una fisionomia e un’estetica. In definitiva non sono cosi diversi da noi e alle volte sanno essere più complessi e profondi ad un primo sguardo. Possono persino dare più soddisfazione! 

 

 

Potete trovare Michele Marzola anche su Instagram: @michele_marzova_

Rebecca Bertolasi