Intervista a Le Ore: “Ci metti il resto è il nostro nuovo singolo!”

All’anagrafe sono rispettivamente Matteo Ievea e Francesco Facchinetti ma insieme formano LE ORE.

Si son fatti conoscere al grande pubblico partecipando a Sanremo Giovani 2018 con la canzone “La mia felpa è come te” e con i brani quali “La tenerezza” e “Guardi avanti”. LE ORE sono molto attivi sui social, in particolare su Instagram e sono seguitissimi dai loro fan. Oggi, dopo un periodo di silenzio, hanno pubblicato il loro nuovo singolo dal titolo “Ci Metti Il Resto”.

Abbiamo avuto modo di ascoltare in anteprima il nuovo brano. “Ci metti il resto” è una canzone che resta impressa già al primo ascolto e fa pensare alla vita e a quanto sia importante quel resto attorno e accanto a noi. Ci è piaciuta a tal punto che abbiamo fatto due chiacchiere con Francesco Facchinetti a poche ore dall’uscita del loro nuovo singolo tra messaggi nella Direct di Instagram e mail. Ecco cosa ne è venuto fuori.

Francesco, andiamo alle origini per catapultarci ad oggi. Come nascono “Le Ore” e perché avete scelto questo nome per la vostra band?

LE ORE nascono come un racconto fotografico più che come una band, una foto al giorno ogni giorno raccontava lʼora fondamentale della nostra giornata, collezionandole tutte siamo diventati appunto LE ORE. Il nostro scopo era quello di far musica ancor prima di darlo a vedere. Matteo mi ha scritto su facebook perché, appunto, cercava un cantante, ma conoscendoci e creando insieme, abbiamo capito che nessuna forma dʼarte sia a sé stante, bensì che la collaborazione sia da ricercare sempre, e noi, nel nostro piccolo, abbiamo sempre lavorato in questo senso.

Avete all’attivo tre brani: “La tenerezza”, “Guardi avanti” e “La mia felpa è come te”, brani che hanno registrato un grande successo su Spotify. Vi aspettavate un riscontro simile?

Non era scontato, forse non lo è mai, forse non esiste una ricetta per fare il debutto perfetto, anche perché forse il debutto perfetto è soggettivo, però a noi il nostro è piaciuto, al di là dei risultati numerici la grande scommessa e la grande ansia erano sulla reazione delle persone, non degli ascoltatori, del pubblico che aspettava roba scritta da noi, non dei followers. La differenza sembra millimetrica, ma è enorme, quando scrivi un testo, una melodia che a te comunicano, la prima speranza è che comunichino qualcosa anche agli altri, che non sia il classico caso de “te la canti e te la soni” e sinceramente non lo è stato. Era la prima volta e non sapevamo cosa aspettarci, è stato bello e emozionante e speriamo sia così per sempre.

“La mia felpa è come te” è il brano con cui avete partecipato a Sanremo Giovani. Cosa vi ha lasciato questa esperienza e, soprattutto, riproverete a calcare il palco dell’Ariston?

Sanremo Giovani ci ha fatto crescere di due anni in dieci giorni, e non per quanto riguarda i capelli bianchi che per fortuna ancora non ci stanno, ma per quanto riguarda la concentrazione e la consapevolezza di un momento. Non avevamo mai messo piede in tv e là tutto va veloce, forse pure troppo per chi è romantico, ma se sai captare ti insegna tanto, ti fa tornare nel mondo offline potenziato. LʼAriston è un sogno, ma vogliamo rimanere lucidi e seguire in prima persona il nostro progetto, la televisione spesso rischia di alterare alcuni equilibri naturali, bisogna andarci, o provare a andarci, quando tutto è a prova di bomba.

I video ufficiali delle vostre canzoni hanno la regia e la sceneggiatura a firma Le Ore. Siete dei semplici appassionati o immaginate un futuro anche in questo senso?

Oddio, non ci abbiamo mai pensato e non vogliamo cominciare a farlo adesso perché già lʼansia per il brano che esce stanotte è abbastanza, però possiamo affermare senza dubbio che la passione per il cinema è veramente tanta. Nei nostri video abbiamo sempre evitato il playback del brano proprio perché vogliamo che siano mini storie, piccoli cortometraggi con degli attori che sappiano rappresentare al meglio quello che abbiamo in  mente, e che la canzone ne sia la colonna sonora. Di base finché ci consideriamo semplici appassionati e non “registi” veri e propri, non sembra neanche lavoro, e ci lascia liberi da quelle ansie e aspettative che chi lo fa di mestiere ha.

Dopo un periodo di silenzio, il 23 agosto uscirà “Ci metti il resto”, il vostro nuovo singolo. Ci raccontate come è nata? Da cosa è fatto “il resto” per Le Ore?

Nel momento in cui scriviamo mancano dieci ore allʼuscita del brano e, come detto prima, siamo abbastanza agitati, perché “Ci Metti Il Resto” a noi comunica molto, e ogni volta non sai quanto comunicherà a chi schiaccerà play. È nata in un momento in cui molte canzoni nascevano (come stanno nascendo anche ora), ma dopo averla scritta ci ha parlato in modo più diretto rispetto alle altre e, oltre al testo, la melodia e lʼarrangiamento, siamo sicuri che tanto dipenda proprio dal concetto di “resto”. Senza farlo apposta abbiamo toccato con questo brano un tasto importante, che a tratti può anche essere dolente, quel “resto” che è “altro” è “contesto”, è lʼambiente in cui cresci, anche da grande, anche da oggi a domani, e scriverlo ci ha fatto capire quanto in questo momento non riusciamo a immaginare una giornata (o una canzone) che sia sradicata dal contesto, che siano le persone con cui dividi un momento, o che sia la situazione economico politica che lampeggia sul televisore mentre stai organizzando la vacanza.

Il vostro successo è legato anche ai social network, che ha permesso al pubblico di scoprire la vostra musica. Quanto è importante la rete per far conoscere il proprio talento? Possiamo definirla come un moderno talent scout?

La rete è un mezzo, appunto, non può essere un fine. Eravamo più social di così, ci è servito, ci ha fatto conoscere a molti, ma ci è servito ancora di più allontanarcene per capire che ne bastava anche meno. Ovviamente parliamo per il nostro ambito, se invece avessimo voluto sponsorizzare bevande dietetiche o proporre black mask, la regola sarebbe stata quella del “più sei social meglio è”, ma per quanto riguarda la musica sentiamo che alla base ci debba essere verità, autenticità, ma se non vivi offline e non fai esperienze vere, col telefono spento (o perso in macchina non si sa di chi) poi come fai ad esserlo? Saper dosare il social ti permette di esserci, di raccontarti magicamente in pochi secondi a tanti in contemporanea, di mantenere un filo logico, uno stile, unʼimmagine, ma poi se alla base non cʼè effettivamente qualcosa da dire la gente se ne accorge, e cʼè talmente tanta offerta oggi che prende e va da unʼaltra parte, giustamente.

A proposito di video, avete già l’idea per il video di “Ci metti il resto”? Sarà sempre diretto da voi?

Il video lʼabbiamo già fatto, e ne siamo molto fieri, perché è un non videoclip, o meglio, è spontaneo come la canzone, pensato e anche girato da noi (oltre che montato e prodotto) in un contesto, appunto, in cui “il resto” ha un senso anche senza saperlo, senza che se ne accorga.

Nel futuro, ci sono collaborazioni con altri artisti. Potete svelarci qualcosa in più?

Pensiamo che le collaborazioni debbano nascere spontanee, da una comunione di intenti, da una stima reciproca, e anche da quelle dinamiche di uscite e pubblicazioni che devono incastrarsi affinché si esca con un brano condiviso. Al momento stiamo scrivendo molto e le altre logiche ci interessano poco, ma siamo sicuri che prima o poi arriverà il momento in cui ci ritroveremo qui a parlarne e ti diremo “Ecco, Sandy ti ricordi quella ottava domanda? Ti rispondiamo adesso” 🙂

Sandy Sciuto