Essere gay è ancora immorale nel Sud Italia?

Di Domenico Arcudi per Social Up.

Essere gay o identificarsi nella cultura LGBT, per molto tempo, è stato considerato immorale, oltre che ragione di scandalo. Nel Sud Italia, dove vi è una forte cultura dell’immagine propria, essere gay è – per taluni – una simil-vergogna; per cui, le famiglie tendono ad ostracizzare, seppur in maniera minoritaria, i familiari LGBT: figli, fratelli o nipoti che essi siano.

Un fatto, tristemente passato alla storia, è stato l’omicidio dei giovani fidanzati Giorgio Giammona e Antonio «Toni» Galatola, avvenuto nel 1980 in quel di Giarre (CT): a spararli è stato il nipote di Toni, all’epoca dei fatti tredicenne, autoaccusatosi dell’omicidio.

Tale vicenda ha dato il la alla prima associazione LGBT Italiana, ovvero Arcigay, tra i quali fondatori si annoverava il sacerdote omosessuale (espulso dalla curia negli anni ’70, in quanto gay e comunista) Marco Bisceglia; Palermo è stata la prima città in cui è sorto il primo circolo Arcigay. La storia è stata riportata nel libro di Gaetano Savatteri, intitolato «Non c’è più la Sicilia di una volta» (Laterza, 2018).

Quarant’anni dopo, è migliorata la condizione di vita degli omosessuali del Sud? Non proprio, considerando la storia di Paola Gaglione, ragazza napoletana di soli 18 anni, investita e uccisa dal fratello perché amava un ragazzo transgender, di nome Ciro, che ha riportato ferite durante l’accaduto. Un altro esempio, avente rilevanza istituzionale, può essere quello di Nino Spirlì, governatore ad interim della Calabria, subentrato in seguito alla scomparsa prematura di Jole Santelli. Lo stesso Spirlì si è distinto per i suoi discorsi politicamente scorretti, in cui utilizzava termini come «negro», «frocio» (più specificatamente, parlava di «lobby frocia») e «ricchione»; nonostante egli stesso sia dichiaratamente gay, ha voluto intitolare la sua autobiografia «confessioni di una vecchia checca» (Minerva, 2012), apostrofandosi come «checca» (uno tra i tanti insulti rivolti ai gay).

Un’altra testimonianza proviene dal sito del Gay Center, associazione che fornisce un numero gratuito d’assistenza, rivolto a tutti (consulta il sito web riportante i dati in merito https://www.gaycenter.it/news.asp?id_dettaglio=2942) e che riporta alcune storie sui giovani gay.

Eccone una proveniente dal Sud Italia, estratta dallo stesso sito, avente un quattordicenne come protagonista:

«Dal momento in cui i genitori hanno scoperto la sua omosessualità il padre lo picchia a ripetizione e la madre acconsente, assecondando l’atteggiamento violento dell’uomo e applicando le sue disposizioni negative. Ha molti fratelli e il più grande, di 16 anni, se la prende spesso con lui. Di frequente i genitori gli negano i pasti e lui è costretto ad andare a mangiare dalla zia. In passato il padre lo ha picchiato al punto di lasciare cicatrici sul suo corpo e delle bruciature sulle caviglie, dove gli ha gettato della benzina e dato fuoco. Il ragazzo aveva raccontato gli episodi a scuola, ma non c’era stato nessun intervento».

Quello di Paola Gaglione e del ragazzino, di cui sopra, non sembrano essere meri casi isolati: il 24 per cento delle telefonate al numero verde proviene dal Sud (contro il 35 e il 41 per cento di nord e centro); ma si ritiene che i casi di discriminazione omofoba siano molti di più, perché vi è reticenza nel confessare il proprio orientamento sessuale (il 32 per cento sono coloro i quali che non hanno mai fatto coming out).

Altre volte, sono coloro i quali svolgono professioni d’aiuto (forze dell’ordine, personale medico, etc.) a non comportarsi adeguatamente con le persone LGBT: un esempio è la storia di Claudio, aggredito nel 2012 in un locale gay a Reggio Calabria, il quale – durante l’operazione di soccorso, presso il GOM – ha ricevuto un ulteriore «pugno in faccia», quando l’infermiere incaricato della medicazione gli ha risposto che, per il suo problema (l’omosessualità, N.d.R.) si sarebbe dovuto recare da uno psicologo.

A conclusione di ciò, si può dire che l’omofobia (così come la transfobia) sia diffusa tanto al Sud allo stesso modo di quanto lo è al nord e al centro: è sia un atteggiamento negativo, sia un problema sociale da risolvere; attraverso una corretta educazione, scevra da pathos e moralismi sterili, si può arrivare a capire che i gusti sessuali altrui non hanno (e non devono avere) rilevanza alcuna nella vita nostra.

redazione