Esiste un luogo in cui il Covid non è arrivato, eppure detta le leggi dei suoi abitanti

Esistono realtà al di fuori di questa pandemia, luoghi nel mondo in cui il virus non ha potere. Sono luoghi in cui a regnare è la natura e noi siamo gli ospiti di quella realtà. Parliamo delle missioni internazionali in Artico e Antartide. Luoghi così lontani a cui non riusciamo proprio a dare una dimensione dello spazio, luoghi in cui l’isolamento è condizione naturale e imprescindibile per compiere il proprio lavoro.

A testimoniarcelo è Marco Casula, tecnico dell’Istituto di scienze polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isp), il quale  si trova nella Base Dirigibile Italia del CNR a Ny-Alesund, nell’arcipelago delle Svalbard, in Artico.  “Sono partito dall’Italia il primo gennaio 2020 per la stazione di ricerca Dirigibile Italia, che il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) gestisce nelle Isole Svalbard, a Ny-Alesund, una cittadina a solo uso esclusivo di ricerca scientifica che si trova a circa 1000 km dal Polo Nord” ha dichiarato in un comunicato.

L’iniziale previsione di rientro era diversa, nessuno poteva immaginare che i ricercatori impegnati nell’Antico avessero prorogato la loro permanenza, eppure la flessibilità è uno dei presupposti fondamentali per accettare una missione lavorativa del genere. Marco Casula e i suoi colleghi da tutto il mondo non poteva immaginare che quel luogo così remoto e lontano dagli affetti sarebbe stato quello che in qualche modo l’avrebbe tutelato. “Al momento la mia data di ritorno in Italia sarà proprio il Coronavirus a deciderla – ha dichiarato Casula – e poiché nessun collega in questa fase può venire qui rimango io, anche perché ho la responsabilità di portare avanti il mio lavoro e non interrompere la serie climatica di dati che l’Italia sta raccogliendo in Artico da oltre 10 anni”.

Il riscaldamento globale ha un enorme impatto sulle superfici coperte da ghiacci, in particolare sulla formazione e l’estensione del ghiaccio marino, sul ritiro dei ghiacciai terrestri e sullo scongelamento del permafrost. Questi fenomeni hanno conseguenze importanti sull’aumento delle superfici vegetate e della tundra, sulla vita degli animali e sull’intero ecosistema artico. Tutto ciò ha ricadute in termini economici, sociali e geopolitici che vanno ben al di là dei confini di questa regione. Per questo l’Artico può essere considerato, a ragione, un grande laboratorio naturale dove studiare questi processi. 

Il lavoro del ricercatore riguarda il campionamento di particolato atmosferico e di neve superficiale, in pratica consiste nel gestire gli strumenti che raccolgono il particolato su filtri che poi verranno analizzati in laboratorio in Italia. Altri strumenti analizzano invece le caratteristiche delle particelle in tempo reale, ma vanno comunque controllati periodicamente. Per quanto riguarda la neve, ogni giorno Casula raccoglie dei campioni nei primi centimetri del manto, li pesa, cataloga e dopo un primo processamento li congela, in attesa che vengano spediti anch’essi per essere analizzati. 

Queste attività, oltre a permettere la caratterizzazione chimico/fisica del particolato atmosferico e quindi l’identificazione delle sue sorgenti, permette anche di stimare qual è l’effetto di deposizione del particolato stesso causato dalla precipitazione nevosa. Tutte queste informazioni sono utili allo studio dei processi e dei cambiamenti climatici in corso. “Oltre a queste attività, mi occupo poi di risolvere i problemi che si possono verificare nella strumentazione installata qui da diversi Istituti di ricerca italiani, dagli strumenti meteorologici ai contatori di raggi cosmici”.

“La mia attuale condizione di isolamento non è proprio la stessa che vivono gli italiani e i cittadini di tanti Paesi: io posso uscire, godermi questi ambienti unici e magnifici, avere contatti umani con i colleghi delle altre stazioni di ricerca internazionali, anzi ho tutto lo spazio che voglio a disposizione e credo che abbiano molte più difficoltà le persone che si trovano costrette a rimanere chiuse in casa loro, per non dire di coloro che sono in quarantena o ricoverati. In questo senso mi ritengo in una posizione privilegiata e poi la dimensione internazionale che vivo qui mi induce a guardare la situazione italiana nel contesto di quella dei Paesi delle persone che frequento e dalle quali ho informazioni di prima mano su come vivono il Coronavirus le altre nazioni.

In generale trovo comunque sia fondamentale avere quello che io chiamo un buon abito mentale. Sicuramente fare una cosa che si ama, come nel mio caso, alleggerisce il peso della lontananza e della solitudine, anzi sto vivendo questa situazione come un allenamento per una prossima missione in Antartide, che mi piacerebbe poter fare. In ogni caso possono tenermi in costante contatto con i miei genitori e i miei amici attraverso internet, per rassicurarmi sulle loro condizioni” ha dichiarato lo studioso.

La realtà in cui vive Casula e i suoi 30 colleghi è senza dubbio inconsueta, una piccola comunità esempio di unità e collaborazione; questi studiosi infatti si sono trovati a lavorare per un periodo più lungo, isolati geograficamente dagli affetti e in sotto organico per cui quando c’è la possibilità, terminato il proprio lavoro, il pensiero è volto ad aiutare gli altri in difficoltà. “In questa cittadina, che per me ormai è una sorta di famiglia, nessuno è straniero e i rapporti vanno oltre le difficoltà che alle volte si possono incontrare, come quelle linguistiche. Tutto sommato, non nego che alle volte un momento di tranquillità da solo me lo prendo volentieri”.

Questa situazione di emergenza, insomma, ha ulteriormente rafforzato la necessità di cooperazione scientifica, logistica e operativa tra tutti i paesi che operano a Ny-Alesund e questa  è una lezione c da cogliere e mettere in pratica nel futuro, anche quando questa emergenza sarà finalmente superata. Sia alle Svalbard e in generale, nel mondo.

Tra i pensieri di Casula non manca di ricordare l’impegno del CNR che attualmente con la Lega B sta conducendo una raccolta fondi per la ricerca contro il Coronavirus. Una campagna che vede scendere in campo diversi personaggi del mondo del calcio, della ricerca e dello spettacolo.

Claudia Ruiz