Basta leggere poche righe per decidere di scoprire quali sono “Le poche cose certe” per Valentina Farinaccio.
Dopo il grande successo de “La strada del ritorno è sempre più corta”, la scrittrice è tornata in libreria – sempre per Mondadori – con un libro piccolo per numero di pagine, ma intenso, vero e riflessivo.
Scritto su più piani spazio-temporali, al centro del libro c’è Arturo e la sua paura, protagonista indiscussa della vita di ognuno ogni volta che si tratta di investire in novità e cambiamenti.
Oggi Arturo ha quarant’anni, un passato da attore più o meno capace ed un presente da calzolaio. Ha paura da sempre. Di tante cose, soprattutto dei topi. La paura lo porta a stare fermo, sempre in bilico tra il perdere o il prendere ed il costante tormento dei rimpianti e delle illusioni. Arturo ci prova a vivere, ma è sempre bloccato dall’incapacità di rischiare come è accaduto con Atlantide, la ragazza incontrata dieci anni fa, che non ha raggiunto al loro appuntamento, conscio di poterlo fare. O anche con Celeste, la storia d’amore della sua vita finita per un tradimento rivelato per paura di essere fin troppo felice. È una vita immobile inseguita su un tram n. 14 che prende spesso Arturo: oggi come dieci anni fa. Oggi, però, la vita gli offre l’ennesima possibilità per essere felice dopo Atlantide e Celeste e chissà se ancora una volta vincerà la paura o stavolta sarà lui a vincere lei.
Vi piacerà di certo “Le poche cose certe” di Valentina Farinaccio. È una lettura da sotto l’ombrellone, da treno o da notte fonda quando fuori piove. È un libro che una volta finito vi mancherà già. Incredibile lo stile di scrittura scelto e come, grazie proprio all’abile capacità narrativa della Farinaccio, ci si sente vicini ad Arturo empaticamente, visceralmente ed emotivamente. Il protagonista e la sua storia diventano intimi, vicini e interessanti per il lettore che, nel frattempo, si confronta con le sue più grandi debolezze e paure. Inutile negarcelo, in fondo. Arturo è in ognuno di noi quando non rischiamo, non proviamo o ci arrendiamo.
La scelta di dare alla paura un ruolo chiave nella storia dà al libro un’autenticità realista raramente riscontrata altrove. Bello il modo di parlare delle donne di Arturo: di chi ha solo potenzialmente sognato di avere se avesse oltrepassato il muro oltre la paura e di chi ha avuto, ma ha perso per paura di essere più felice di quel che era.
E alla fine, il lettore comprende che le poche cose certe per Valentina Farinaccio sono quelle per le quali sfidiamo la sorte, ci mettiamo in gioco credendo di poter essere migliori e sconfiggiamo la paura.
Chi non è mai stato Arturo, scagli la prima pietra!
A tutti gli altri: buona lettura!