Il digiunatore di Franz Kafka – #fooks

Sono ormai passati otto mesi da quando l’avventura di Fooks è iniziata, fra libri legati al cibo e viceversa. Ci siamo immersi in alcuni best-seller, abbiamo tentato di scovare libri semi-sconosciuti. Abbiamo cercato luoghi che unissero il cibo alla lettura e indagato sulle preferenze a tavola degli scrittori. È arrivato il momento di parlare dell’assenza di cibo nella letteratura, e quale opera migliore del Digiunatore di Franz Kafka?

Si tratta di uno degli ultimi racconti dello scrittore, che ha come protagonista un “artista della fame” (dalla traduzione letterale del titolo tedesco). Questo aveva scelto il digiuno come sua forma d’arte, e si troverà ad essere incompreso dal suo pubblico ed emarginato dalla società. Inizialmente, infatti, il pubblico assisteva  alle sue performance di professionista della fame rimanendo meravigliato. I suoi digiuni, che per volere dell’impresario non duravano più di 40 giorni, avvenivano all’interno d’una gabbia esposta al pubblico.

Tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, i cosiddetti freak show attiravano folle entusiaste: albini, donne barbute, nani, individui deformi o altissimi, sgorbi e gemelli siamesi venivano messi in mostra nei circhi. Ciò attirava il pubblico borghese, incredulo ed allo stesso tempo disgustato dalla deformità e dai limiti umani. Tra le attrattive trovavano posto anche i digiunatori, che trascorrevano le giornate seduti, senza poter mai uscire dalle gabbie di vetro sorvegliate giorno e notte dove erano esposti, e non dovevano fare altro che non mangiare.

Ovviamente l’attrazione per questo tipo di spettacoli andò scemando, e così accade anche nel racconto di Kafka. Il digiunatore cominciò ad esser completamente ignorato, nessuno teneva più il conto dei suoi giorni di digiuno totali. Un giorno la sua gabbia sembra vuota, in realtà viene ritrovato dai sorveglianti del circo nel suo giaciglio di paglia. A questi confesserà di non meritare alcuna ammirazione, poiché la ragione vera del suo digiuno era semplicemente che non riusciva a trovare il cibo di suo gradimento.

I temi del racconto sono autobiografici, a partire dalla figura dell'”artista”, ma anche quello della mancanza del cibo. Kafka era quasi un digiunatore: mangiava poco, quel tanto che bastava ad assicurargli la sopravvivenza; questo soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita, dal momento che la tubercolosi gli rendeva doloroso deglutire il cibo. Inoltre, come sostiene anche in un passaggio della Lettera al padre, Kafka dedica alcune pagine all’esuberanza del genitore a tavola, dalla quale deriverà il rifiuto del figlio verso alcuni tipi di cibo, fino a eliminare del tutto la carne, quasi a voler simbolicamente rifiutare così la figura paterna.

Insomma, la letteratura non ci da solo esempi di palati raffinati e piatti prelibati, ma anche di gente che litiga con il cibo e con se stessa. Per questo motivo abbiamo deciso di lasciarvi a digiuno di ricette stavolta; anche perché è davvero difficile trovare un piatto tanto leggero da non creare troppo contrasto già con il titolo del racconto.

Emilia Granito