Dennis Nilsen, il macellaio di Londra

Dennis Nilsen è un altro di quegli assassini che secondo gli psichiatri è stato particolarmente segnato dalla sua infanzia e dagli eventi tristi che l’hanno caratterizzata. Per molti aspetti viene paragonato a Jeffrey Dahmer (altro personaggio di cui ho già parlato qualche tempo fa) per diversi aspetti del suo carattere: entrambi omosessuali, entrambi solitari, entrambi necrofili ed entrambi arrivarono a compiere cose con i cadaveri da far rabbrividire anche i coroner che li esaminarono.

Dennis Nilsen nacque il 23 novembre 1945 a Fraserburgh, in Scozia, da Betty Whyte e Olav Nilsen..
I due genitori erano sposati già da tre anni alla nascita di Dennis, ma Olav spesso si assentava per lunghi periodi perchè era un soldato dalla marina norvegese e navigava per mare anche per mesi. Ciò nonostante la coppia mise al mondo 3 figli: Olav Jr., Dennis e Sylvia. Dennis non ebbe mai la fortuna di una figura paterna perchè Betty, stanca di essere trascurata dal marito, divorziò nel 1948.

Dennis sviluppò sin da piccolo un carattere chiuso, al punto che anche i rapporti con i suoi fratelli erano difficili e sporadici. Il fulcro della sua esistenza non divenne la madre, anch’ella vittima di una profonda depressione dopo il divorzio, ma il nonno materno, Andrew Whyte, che spesso si intratteneva con lui, ci giocava assieme e gli insegnava ogni cosa che sapeva, soprattutto con lunghe passeggiate nei boschi e lungo la spiaggia.

Ma nell’ottobre del 1951 il nonno ebbe un malore mentre ritornava dalla pesca e quella stessa notte morì nel suo letto. A Dennis, che non aveva ancora compiuto 6 anni, inizialmente la notizia fu tenuta nascosta e gli venne detto che il nonno era malato, ma la madre, di fronte alle sue continue insistenze di vederlo, decise di mostrarglielo prima che fosse seppellito.

Per la mente del bambino ci vollero mesi per rendersi conto che suo nonno, il suo unico punto di riferimento, era morto e Dennis non riuscì mai a superare lo shock. Nella sua mente iniziò a vedere la morte in maniera distorta, sopratutto per il fatto che i parenti, per alleggerirgli la situazione, gli dicevano che era andato in un posto migliore: spesso alla madre e agli altri adulti che frequentavano al casa faceva domande del tipo

<<Perché non mi ha portato con lui? La morte allora è una cosa bella…>>

Dalla morte del nonno Nilsen divenne sempre più depresso e spesso si allontanava da casa per lunghe passeggiate solitarie nell’ambiente selvaggio del nord della Scozia, sognando di unirsi con il mare e raggiungere l’unica persona che lo capiva veramente.

Intanto Betty Whyte, perduto anche l’appoggio del padre che era l’unico a portare denare in caso con il commercio del pesce, iniziò ad aver seri problemi a gestire i figli e a garantire loro un pasto ogni giorno e cercò l’appoggiò nella chiesa, entrando in un gruppo chiamato “Missione della Fede”.
Betty Whyte si risposò con Adam Scott che lavorava nell’industria delle costruzioni e con lui mise al mondo altri 4 figli nell’arco di 4 anni, ma l’uomo ben presto si mostrò poco avvezzo a crescere la prole e la donna scese nuovamente nella depressione, Dennis ne fu ancora più provato, isolato da tutto e da tutti, e si chiuse in un triste isolamento fatto di fantasie sul mare e sulla morte.

Nel 1955 la famiglia si trasferì in una casa popolare di Strichen e lì Dennis fu nuovamente segnato da un evento traumatizzante: un vecchio del luogo venne trovato cadavere in riva al fiume Ugie, dietro la scuola che frequentava il bambino e molti ragazzi della scuola, tra cui Dennis, si affollarono sulla riva del fiume mentre il cadavere veniva riportato a riva. Quell’immagine gli ricordò suo nonno e ravvivarono in lui il concetto della morte e dell’acqua.

A scuola Nilsen sviluppò anche la sua sessualità, rimasta solo platonica, basata sull’ammirazione per un compagno di classe di sua sorella Sylvia. Lo trovava bellissimo, enigmatico e sopratutto diverso nel comportamento e nei pensieri rispetto agli altri.
Vergognandosi di quel suo sentimento per un ragazzo fece in modo che la sua unica fonte di eccitazione fosse rappresentata solo da immagini immobili, disegni, corpi addormentati su libri, in modo che nessuno potesse giudicarlo.

Terminati gli studi lavorò qualche tempo in un’industria di pesce in scatola di Fraserburgh e nel 1961 si arruolò nell’esercito, dove scelse di diventare cuoco. Per i tre anni successivi, dal 1961 al 1964, Nilsen fu una recluta ad Aldershot. “Essere come tutti gli altri” era per lui un’esperienza nuova che gli dava gioia, tant’è che in seguito Nilsen ricordò quel periodo, pur faticoso, come il migliore della sua vita.

Dennis superò brillantemente tutti gli esami di cucina e a 19 anni sembrò finalmente aver trovato la giusta via, un futuro e una carriera. Anche il suo senso di isolamento era stato dissolto parzialmente dal cameratismo della vita militare. In quegli anni però il ragazzo si accorse di essere attratto dai ragazzi di sesso maschile, ma cercò far finta di nulla per non essere nuovamente emarginato da tutti i camerati.
Nel 1967, all’età di 21 anni, Nilsen venne trasferito ad Aden, nello Yemen, a raggiungere i reparti di polizia militare che sorvegliavano i terroristi rinchiusi nel carcere di Al Mansoura. Un giorno Nilsen fu costretto ad uccidere un arabo che l’aveva rapito con un taxi camuffato: impugnò il cric di metallo e colpì testa dell’arabo che morì sul colpo, ma lui infierì con altri colpi altrettanto per accertarsi della sua morte. Per diverso tempo rimase terrorizzato da quello che sarebbe potuto capitare ed ebbe frequenti incubi in cui era torturato, violentato, ucciso e mutilato.

Proprio nello Yenem fece le sue prime esperienze sessuali con giovani ragazzi arabi del posto, che erano disposti ad andare a letto con lui per aggraziarsi i graduati. Nel gennaio 1971 gli fu ordinato di andare nelle selvagge Isole Shetland per quella che sarebbe stata l’ultima tappa della sua carriera militare e un punto di svolta nella sua distorta vita sentimentale.

Durante la sua permanenza nelle isole Shetland, con l’appoggio dell’esercito, fece un corso di cinematografia che poi utilizzò per fare film su un ingenuo soldato diciottenne, che pur non essendo omosessuale era abbastanza giovane e sprovveduto da accogliere con gioia l’amicizia con un caporale, anche se questi gli faceva fare delle cose “bizzarre” e apparentemente senza senso. Dennis si innamorò di lui, ma dopo qualche settimana il suo compito nell’esercitò terminò e fu costretto a tonare a casa.
Nilsen tornò a Strichen, ma le cose non gli andarono bene e così si trasferì a Londra in cerca di fortuna. Lì riuscì ad ottenere un posto di consulente nel Dipartimento per l’Occupazione, dove si occupò di pubblicizzare gli impieghi disponibili nell’area metropolitana.

Nel 1975, dopo diversi rapporti con partner omosessuali occasionali, Nilsen rivide negli occhi di un giovane 17enne quel soldato di cui si era innamorato, ma che aveva dovuto lasciare per tornare in patria:si chiamava David Painter e si presentò al centro per l’impiego in cerca di un lavoro temporaneo. Non c’era nessun lavoro adatto alle sue esigenze, ma Nilsen invitò il giovane nel suo appartamento per discutere meglio della situazione. Bevvero un po’ e Nilsen drogò il suo bicchiere con un potente sonnifero.
Quando riaprì gli occhi il ragazzo si trovò una cinepresa puntata addosso ed ebbe un attacco di panico, strillando come un pazzo e dimenandosi come un ossesso. Intervenne la polizia di Willesden Green, che però rilasciò Nilsen quando lessero il suo ragguardevole passato di soldato e arrivò la conferma che il ragazzo non era stato molestato sessualmente.

Dopo una convivenza piuttosto lunga con un giovane omosessuale Nilsen rimase nuovamente solo e nel dicembre 1978 si lasciò trasportare dalla disperazione. Il 30 del mese abbordò un giovane irlandese e se lo portò a casa.

Nilsen si svegliò all’alba e, per paura che anche lui andasse via e lo lasciasse solo, lo strangolò con la cravatta.

Nilsen allora si fece un caffè, portò il cadavere in bagno, lo lavò, lo incipriò e lo dispose sul letto, per poi osservarlo per ore estasiato da quell’immagine così “attraente”. Il giorno seguente, dopo aver violentato il cadavere, lo seppellì sotto le assi del pavimento del suo appartamento. Per quasi 8 mesi il corpo dell’uomo rimase lì, peri nell’agosto del 1979 Nilsen lo tirò fuori e lo bruciò in giardino, assieme ad oggetti di plastica che ne camuffarono l’odore. Il ragazzo irlandese senza nome sparì così senza lasciare traccia e i suoi resti vennero sparsi per tutto il giardino.

Nell’ottobre del 1979 Nilsen conobbe un giovane studente cinese, Andrew Ho, che lo ospitò nella propria casa. Il giovane iniziò a parlare di “bondage” e Nilsen, per accontentare il giovane, lo legò e gli strinse una cravatta intorno al collo, cominciando a stringere. Andrew venne preso dal panico e Nilsen lasciò improvvisamente la presa lasciandolo andare via. Poco dopo arrivò la polizia, ma non ci furono accuse perché Ho decise di non sporgere denuncia.

Da quel momento fino al settembre 1981 Dennis Nilsen diede sfogo a tutta la sua rabbia repressa e uccise ben 12 uomini, di cui solo 4 identificati: Kenneth Ockendon, Martyn Duffey, Billy Sutherland e Malcolm Barlow, mentre gli altri 8 rimasero senza nome. Quando poi cambiò casa uccise altri 3 uomini, fino al gennaio 1983, per un totale di 15 uomini a cui vanno sommati, in base alla sua confessione, 7 tentati omicidi, in cui o la vittima aveva opposto un’eccessiva resistenza o lui si era risvegliato dalla trance assassina in tempo.

Per far passare i suoi omicidi praticamente inosservati, Nilsen cercò le sue vittime nel sottobosco di Londra, che ancora oggi è pieno di giovani scappati di casa e senza più contatti con la famiglia: drogati, punk, sbandati, alcuni di essi anche omosessuali, molti senza casa e senza lavoro; in sostanza un mondo di giovani solitari, disoccupati e invisibili. In queste condizioni è molto facile scomparire, anche essere ammazzati, senza che nessuno lo venga mai a sapere.

Il modus operandi era sempre lo stesso: attirava la possibile vittima a casa con la scusa di un drink, un po’ di compagnia e un tetto sotto cui dormire, poi la strangolava con un cavo o una cravatta, la lavava immergendola in una vasca con i sali da bagno, la riponeva sul letto e le faceva diverse foto; poi ci “giocava”, la vestiva, la incipriava e la violentava. Infine, quando uno o due giorni dopo il cadavere cominciava a gonfiare lo piegava e lo seppelliva sotto le assi del pavimento.

Nel settembre 1981 sotto il pavimento del suo appartamento c’erano ormai 7 uomini, tutti uccisi tramite strangolamento ed i loro cadaveri usati da Nilsen per varie pratiche necrofile, talvolta persino come compagni, dato che Nilsen usava spesso parlare con i cadaveri come se fossero ancora vivi.

Bruciò poi i cadaveri in un rogo per il quale usò alcuni vecchi mobili dei vicini, un vecchio copertone e della plastica per camuffare l’odore. Tutti i resti vennero inceneriti nel giardino di casa e le ceneri sparse sul selciato.

Il 5 ottobre 1981 Nilesn traslocò in un nuovo appartamento pensando di farla finita con gli omicidi, ma presto la sua attività criminale sarebbe ricominciata e stavolta non c’erano né assi di legno da sollevare né un giardino privato in cui bruciare i cadaveri. Al numero 23 di Cranley Gardens furono uccise 3 persone prima che Nilsen venisse arrestato.

La prima fu un certo John Howlett, un buono a nulla costantemente nei guai con la polizia, che era stato cacciato di casa a 13 anni e da allora non aveva combinato praticamente niente. Nel marzo del 1982 Nilsen lo invitò a casa sua per bere qualcosa e guardare la TV.

Nilsen non aveva intenzione di ucciderlo, sapeva che sarebbe stato un problema sbarazzarsene, ma John si ubriacò e Nilsen non riuscì a smuoverlo dal letto. Anche lui ubriaco, per tirarlo giù dal letto gli avvolse del nastro isolante al collo le lo trascinò via, ma l’uomo si svegliò ed oppose resistenza così lui strinse il cappio al collo e lo soffocò. Lo ripose nella vasca e per assicurarsi che fosse morte la riempì e tenne il viso dell’uomo sott’acqua per diversi minuti, finchè non spirò del tutto, poi mise il cadavere nell’armadio e andò a dormire.

Il problema di come smaltire il cadavere era impellente perchè qualche giorno dopo sarebbe venuto da lui un suo amico, un certo Alan Knox, che sarebbe rimasto per un po’ di tempo a casa sua.
Decise di tagliare il corpo in pezzetti piccoli e mandarlo giù per lo sciacquone. I pezzi più grandi li bolli per farli disfare e rendere lo smaltimento più veloce e le ossa vennero spezzate in pezzi non più lunghi di 5 cm. Quelle parti che proprio non riuscì a rompere le mise in alcuni sacchi, li cosparse di sale e li sistemò in un baule nella sua stanza. Il baule rimase lì fino all’arresto di Nilsen, 11 mesi dopo.

La seconda vittima uccisa nella nuova casa fu un altro ragazzo mezzo vagabondo di nome Graham Allen. Si trattò di un assassinio bizzarro, tanto che durante il processo venne chiamato “l’assassinio della frittata”.

Nilsen smembrò il cadavere e lo mise nel baule, che era abbastanza grande da contenere anche lui. Parte della carne e degli organi fu buttata nello sciacquone, ma sembra che Nilsen abbia portato alcuni pezzi più grandi fuori dall’appartamento e li abbia buttati nella spazzatura.

Nilsen, dopo l’omicidio di Graham Allen aveva segnato il suo destino: i resti umani di Allen erano troppo grossi e avevano intasato i tubi dello scarico, provocando un problema per tutto il condominio. Quando Nilsen lesse l’avviso di non tirare l’acqua dello sciacquone e che la settimana dopo sarebbe arrivata una società di spurghi, cominciò a pensare che aveva qualcosa a che fare con le sue attività, ma lui nel frattempo non poté pensarci più di tanto perché aveva già un altro cadavere da smaltire.

L’ultima vittima di Nilsen, la quindicesima accertata, fu infatti uccisa in quei giorni. Si trattava di un certo Stephen Sinclair, un punk di 20 anni che proveniva da Perth, in Scozia. Il ragazzo era stato aveva delle grosse turbe della personalità e aveva anche il vizio di ferirsi le braccia, apparentemente senza alcuna ragione. Stephen Viveva negli “squat”, case occupate o in ostelli dell’Esercito della Salvezza ed aveva molti amici sulle strade del West End. Il 26 gennaio 1983 Nilsen gli offrì da mangiare e da bere ed alla fine si recarono da Nilsen, dove Stephen si drogò e crollò su una poltrona.

Martedì 8 febbraio 1983, alle 16.15, arrivò la società di spurghi. Sul pavimento della fogna c’era una melma alta una ventina di centimetri composta da pezzi di carne di colore grigiastro e gli operari, allertati dall’odore, avvisarono i superiori che fermarono i lavori fino al giorno successivo in cui sarebbero venute a controllare le autorità.

Quella notte Nilsen si recò al tombino. I vicini di casa, terrorizzati, sentirono l’uomo armeggiare nel cortile così uno di loro prese un bastone ed andò ad investigare, scoprendo in flagrante Dennis Nilsen. Il giorno dopo vennero trovate alcune ossa maciullate nello scarico di Nilsen.
Quella mattina Nilsen si recò come al solito in ufficio, con la triste consapevolezza che sarebbe stata probabilmente l’ultima volta. Mise in ordine la scrivania e lasciò un biglietto in una busta in fondo al cassetto, sul quale scrisse che, nell’eventualità di un suo arresto, l’annuncio del suo suicidio in cella sarebbe stato falso..

Nel pomeriggio David Bowen, professore di medicina legale all’Università di Londra, esaminò alcuni pezzi di carne e stabilì che si trattava di tessuti umani e che le ossa erano quelle della mano di un uomo. La polizia si presentò a casa di Nilsen e lui fece tranquillamente strada ai resti umani che aveva sparsi per la casa. Per i poliziotti fu un vero shock, soprattutto quando vennero a sapere che Nilsen era responsabile di ben 15 omicidi.

Nilsen venne arrestato e confessò ogni omicidio e ogni tentato omicidio in maniera del tutto spontanea corredandola talvolta con estratti della sua vita. La polizia esaminò e perquisì successivamente anche la sua casa precedente di Melrose Avenue, scoprendo nel giardino qualcosa come 1.000 frammenti di ossa umane, che erano state distrutte durante i due roghi che Nilsen aveva fatto per sbarazzarsi dei cadaveri.
Il processo iniziò il 24 ottobre 1983 ed il suo avvocato, Ralph Haeems, decise di impostare la difesa sulla responsabilità diminuita del suo assistito, sostenendo che Nilsen avesse una qualche patologia mentale.

I tre psichiatri concordarono tutti sul fatto che Nilsen soffrisse di disturbi della personalità di vario tipo: borderline, narcisistico, schizotipo e sottolinearono che i suoi problemi di disadattamento risalivano già all’infanzia ed erano stati ingigantiti dall’alcool e dall’isolamento sociale. Due su tre negarono tuttavia che Nilsen soffrisse di un vero e proprio vizio mentale capace di non fargli capire ciò che stava commettendo.
Il 4 novembre 1983 Dennis Nilsen venne dichiarato colpevole di tutte le accuse che gli erano state mosse e fu condannato alla prigione a vita, con la possibilità di essere liberato sulla parola non prima di 25 anni. Anni dopo la segreteria di stato inserì Nilsen in un elenco di persone che non sarebbero mai dovute uscire di prigione facendolo entrare così a pieno titolo tra i peggiori serial killer britannici.

redazione