Cyberbullismo e odio online: il “Gruppo di lavoro sul fenomeno dell’odio online”

Il cyberbullismo, l’odio online e più in generale gli atti persecutori e offensivi che son nati con il dotare di connessione internet degli esseri che discendono pur sempre dalle scimmie sono sempre più un tema vero in Italia. A confermarlo c’è il Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, che si dimostra veramente innovativo grazie all’idea di creare il “Gruppo di lavoro sul fenomeno dell’odio online” – ecco, per l’innovazione lato tone of voice meno burocratese e più essere umano ci stanno ancora lavorando, dobbiamo avere pazienza.

Il cyberbullismo, l’odio online e la risposta del Ministero

Il “Gruppo di lavoro sul fenomeno dell’odio online” – d’ora in poi, facile che mi riferisca a esso con l’abbreviazione “coso” – non è altro che un pool di esperti del digital con tre mesi di tempo per confrontarsi sul tema dell’odio online e, si spera, tirar fuori delle buone soluzioni. Sicuramente non è stato dato loro molto tempo per raccapezzarsi su un fenomeno così complesso, e sarei curioso di sapere anche quale potrebbe essere il budget stanziato per supportare le loro proposte concrete (se mai ci saranno), ma almeno è un primo vero passo per uscirne.

Il motivo? Semplice: se ci si aspetta di avere soluzioni dal mondo strettamente politico, oggi fatto di capi ultrà e non di statisti, le speranze di migliorare la situazione sono pressoché nulle. Viceversa, come tendenzialmente una persona chiama l’idraulico quando il muro del bagno ha uno strano rigonfiamento e sembra sudare esattamente dove passano i tubi dell’acqua, se hai un fenomeno sociale che sta diventando un bubbone nella quotidianità della società italiana, buona creanza vorrebbe che tu chiamassi una figura tecnica di riferimento. Bravo ministero, hai agito con buona creanza, un biscottino per te.

Dicevamo: le figure tecniche di riferimento. Chi sono i sedici esperti del nostro “coso” contro il cyberbullismo e l’odio online? Abbiamo tra loro esperti del rapporto tra internet e mondo giuridico, sociologi specializzati in scienze della comunicazione, giornalisti legati in vari modi ai temi di tecnologia, innovazione e società, accademici il cui focus è sul mondo IT – duro e puro – e infine persone che vivono di creatività e comunicazione aziendale ma ne comprendono anche il grande potere sociale. Di quest’ultima categoria fa parte per esempio Rosy Russo, ideatrice del manifesto per la comunicazione non ostile, o ancora Paolo Iabichino, di cui abbiamo già parlato qui.

cyberbullismo e odio online

Un problema vero

Per sottolineare la diffusione del fenomeno ci si può tranquillamente servire dei dati ISTAT, se non bastassero i racconti che sentiamo quotidianamente nelle scuole, per fare un esempio. Il problema del cyberbullismo e dell’odio online fra i giovani è fondamentalmente subordinato alla diffusione dei mezzi digitali. In questo senso, nel 2018, l’85,8% dei ragazzi tra 11 e 17 anni di età utilizza il cellulare quotidianamente. Di questi stessi ragazzi tra gli 11 e i 17 anni, il 72% naviga in Internet tutti i giorni, contro il 56,2% del 2014. 

Come possiamo immaginare sempre per le storie che si sentono in tutte le comunità locali, le ragazze usano cellulare (87,5%) e internet (73,2%) più frequentemente rispetto ai ragazzi. E infatti spesso sono loro a essere più esposte ai rischi della rete. Tra le 11-17enni si registra, infatti, un 7,1% di vittime di cyberbullismo, contro il 4,6% tra i ragazzi nella stessa  fascia d’età. Con conseguenze però, in entrambi i casi, possono essere anche estreme.

Insomma, i numeri parlano di un fenomeno presente, grave e rilevante nella nostra società, per cui tentare di risolverlo soprattutto nei confronti delle fasce più deboli – come appunto i giovanissimi – sembra essere ormai doveroso. Ed ecco perché il nostro “coso” risulta quasi tardivo, ma almeno finalmente è stato creato.

Tutti contenti ora, giusto?

Sbagliato. Ovviamente anche in un’azione di governo sacrosanta si sono levati gli scudi. In poche parole, una celebre testata giornalistica chiaramente orientata verso il sovranismo ha fatto presente che il team dei 16 esperti è formato da 16 esperti “tutti di sinistra”, e ancora che “l’obiettivo è fermare i sovranisti”. Che novità eh?. Quasi commovente è infine notare come la testata si domandi “se è altrettanto legittimo pensare che un gruppo di lavoro politicamente orientato possa essere una garanzia per tutti i cittadini italiani”: infatti, l’articolo va a sciorinare come la quasi totalità degli esperti supporti iniziative apertamente contro l’operato di alcuni ex ministri o come sui profili social personali abbiano esultato pubblicamente di fronte alla vittoria elettorale o meno di quello o quell’altro politico.

L’onestà intellettuale e l’imparzialità politica sono sacrosante da parte di tecnici a cui viene affidato un progetto, nell’opinione di chi scrive. Tuttavia, usare questa leva in maniera totalmente non correlata di fronte a un problema vero che nulla ha di politico solo per buttarla sul consueto tifo all’italiana, è sicuramente quanto di più becero si possa fare come membri del settore dell’informazione.

Il problema è culturale, antropologico, sociologico. Non ha nulla di politico. Ma soprattutto il problema esiste, serpeggia nella quotidianità di chiunque, anche in quella dei figli dei nostalgici del Ventennio. Il problema non è politico, il problema è quello che viene fuori da questo video, che serve a sensibilizzare e in questo modo opporsi con un primo passo al fenomeno dell’odio online.

Non c’è nulla di politico in una 14enne che muore suicida per cyberbullismo. C’è solo tutto di umano, e c’è solo qualcosa da combattere con la massima competenza, al di là dell’appartenenza politica.

Thomas Siface