“Causa della morte?” e la fotografia concettuale

“Causa della morte?” è uno scatto in stampe all’argento di John Hilliard, artista concettuale, realizzato nel 1974. Si tratta, per la precisione, di quattro fotografie in bianco e nero piuttosto sfocate, sistemate in una griglia, cosa già di per sé metaforica se pensiamo a quella esistenziale.
Hilliard
richardsaltoun.com
Il senso di fine, di morte, appunto, come recita il titolo, si percepisce nel contesto di una vorticosa spirale che pare marciare in avanti per poi tornare indietro. Ed è così che l’artista incredibilmente restituisce il ciclo della vita a partire dalla morte, ricordandoci indirettamente e visivamente che anche la fine fa parte dell’esistenza, e non solo il suo inizio.
"Causa della morte?"
Da “Fotografia. La storia completa”, collana “Atlante”.
Che dalla fine si può ripartire, anche se non si sa dove finisce chi smette di vivere. E questo mistero, forse, risiede anche nel movimento rotatorio degli occhi dello spettatore quando osserva. Il corpo è lo stesso, anche il lenzuolo, e c’è cifra documentaristica nella rappresentazione: eppure, l’inquadratura sempre diversa contribuisce a creare questo moto circolare e ciclico all’indietro che dà come risultato la vita, che, se riflettiamo, è causa della morte nella misura in cui viene prima ed è la condizione assolutamente necessaria perché si possa poi arrivare a finire, concludere, morire…
Hilliard
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Peccato, però, per la didascalicità non necessaria di cui pecca il fotografo mediante l’inserimento delle parole scritte accanto alle immagini. Una didascalicità che qualcuno potrebbe difendere perché si tratta di arte concettuale, ma fino a che punto è necessario ammetterla se non occorre? Fino a che punto l’arte concettuale necessita di rappresentazioni grafiche di parole?
Il messaggio è già efficace anche senza scritte, ma Hilliard non si è accontentato: dunque, non sarà un capolavoro un’opera che pecca, ma si può ritenere sbagliata una fotografia assolutamente originale solo per qualche difetto insito in quella tendenza a voler forse dire sempre di più?
Christian Liguori