“Un museo è un’entità pulsante, viva che interagisce con la città e coglie le opportunità dell’arte e del grande pubblico. Altrimenti diventa un guardaroba dove, anziché appendere i vestiti, si appendono i quadri alle pareti.”
Questa una delle più belle dichiarazioni che c’ha lasciato in eredità lo storico e critico d’arte Philippe Daverio, italo-francese oggi scomparso all’età di 70 anni a causa di un tumore.
Se ne va cosi un pezzo di cultura della nostra penisola, popolare anche a livello internazionale. Infatti, il carattere poliedrico che lo contraddistingueva gli ha consentito di svolgere più ruoli benefici per la società: dalla storia alla critica d’arte già accennate alla cattedra universitaria, dalla conduzione di trasmissioni televisive come “Passepartout” sulla storia, i musei e il turismo intelligente alla politica con la carica di assessore con delega alla Cultura, al Tempo Libero, all’Educazione e alle Relazioni Internazionali del Comune di Milano.
Tra le mostre ebbe modo di allestirne una sul genio della Metafisica De Chirico e tra le pubblicazioni ha influito nel campo della museografia e della museologia con “Il museo immaginato” e “Il secolo lungo della modernità”.
È stato consulente artistico del progetto culturale bolognese “Genus Bononiae”, ha curato l’apertura di un museo nella stessa città capoluogo dell’Emilia-Romagna e s’è persino cimentato in un’operetta alla Scala di Milano come narratore (“La vedova allegra”), grazie al tono di voce funzionale per pacatezza espressiva.
Giurato nell’ambito dell’annuale edizione de “Il borgo più bello d’Italia” e insignito della Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte, Philippe era una voce seria e professionale nell’ambito del patrimonio materiale ed immateriale, una speranza per chi vuole accostarsi all’arte ma non ne possiede gli strumenti: lui, con semplicità, estrosità inconfondibile nell’outfit e pure un pizzico d’ironia, offriva la chiave giusta per portare l’arte in casa nostra, e noi a casa dell’Arte.