Pentedattilo: la mano del diavolo

Arroccato sulle pendici del Monte Calvario, in Calabria, Pentedattilo è un borgo  incredibilmente suggestivo, che ha visto susseguirsi numerose dominazioni tra cui quella greco-romana e quella normanna. Il suo nome deriva dalla conformazione delle rocce che lo circondano, che rievocano la forma di cinque dita (dal greco penta+daktylos). Quasi fosse tenuto in mano da un gigante, allo scopo di proteggerlo, Pentedattilo era considerato nell’antichità un ottimo punto strategico.

Durante il terremoto del 1783 il borgo e la montagna subirono numerosi danni (anche per questo oggi le cinque “dita” di roccia non sono più distinguibili come in passato) e la popolazione cominciò a migrare verso i paesi vicini. Oggi Pentedattilo è considerata una frazione di Melito Porto Salvo.

Oltre al terremoto, il borgo è famoso per un altro evento: la Strage degli Alberti. Secondo le fonti la causa della terribile carneficina fu la sfrenata passione di Bernardino Abenavoli, signore di Montebello, verso Antonia Alberti. Dopo aver scoperto, infatti, che la donna era stata promessa a Petrillo Cortez, cognato di Lorenzo Alberti (l’allora signore di Pentedattilo, nonché fratello di Antonia), il marchese decise di utilizzare la via della forza e della ferocia per riappropriarsi della ragazza. Così assoldò una quarantina di uomini e con  l’aiuto di servitori corrotti riuscì a farsi aprire di nascosto le porte del castello. La notte del 16 aprile 1686, Abenavoli si introdusse a Pentedattilo, operando un vero e proprio massacro. La famiglia Alberti fu interamente uccisa, tranne Antonia che venne rapita. Tra le vittime anche il fratellino della donna (di soli 9 anni) e diversi ospiti della fortezza.

Dopo essersi dato alla fuga con Antonia e averla sposata, il marchese “sanguinario” venne inseguito da un vero e proprio esercito inviato da Reggio per la sua cattura. Sette dei suoi complici furono arrestati e le loro teste vennero a lungo esposte sui merli del castello di Pentedattilo. Abenavoli, invece, dopo essere riuscito a scappare, si arruolò tra le file dell’esercito austriaco, trovando la morte in guerra nel 1692. Antonia divenne suora e trascorse il resto dei suoi giorni nel convento di clausura di Reggio Calabria.

Numerosi i racconti popolari ispirati a questa vicenda. Si narra infatti che nelle notti di inverno si possano udire ancora le urla di Lorenzo Alberti, che piange disperato per lo sterminio della sua famiglia. Ma la leggenda più famosa è quella secondo cui, quando viene l’aurora, la sua impronta insanguinata si dipinga sulla rupe del monte Calvario. In quel momento del giorno,infatti, la luce del sole colpisce le cinque “dita” rocciose che circondano Pentedattilo e getta su di esse riflessi rossastri, come se si trattasse davvero della mano di un morto che non trova pace e brama vendetta per le atrocità subite.

 

 

Francesco Bellia