La “Terra” vista da Le luci della centrale elettrica

Dopo l’ultimo album “Costellazioni”, Vasco Brondi torna a far parlare di sé nel panorama musicale italiano con il nuovo progetto discografico “Terra” uscito il 3 marzo 2017 e presente in tutte le piattaforme digitali.

L’album, prodotto insieme a Federico Dragogna de I Ministri, contiene dieci canzoni ed è stato associato nella prima edizione al libro/diario di lavorazione “La gloriosa autostrada dei ripensamenti”. La copertina è un’installazione di land art di Ugo Rondinone nel deserto del Nevada fotografata da Gianfranco Gorgoni e fa capire che gli uomini sono capaci di rendere bello anche un posto ameno e monotono come un deserto.

“Terra” è un album ambizioso ed impegnato che risente fortemente delle esperienze personali del cantautore che ha trascorso gli ultimi anni viaggiando e provando a comprendere eventi e uomini della realtà odierna.

Come scritto sulla pagina pubblica di un social network dallo stesso Vasco Brondi, “Terra è un disco etnico ma di un’etnia immaginaria (o per meglio dire “nuova”) che è quella italiana di adesso. Dove stanno assieme la musica balcanica e i tamburi africani, le melodie arabe e quelle popolari italiane, le distorsioni e i canti religiosi, storie di fughe e di ritorni”.

Al primo ascolto restano indimenticabili “A forma di fulmine” e “Coprifuoco” che uniscono la dimensione collettiva con l’esperienza personale e con il chiaro messaggio nella seconda che l’uomo è un essere contraddittorio: “Tra le rovine ci siamo noi due accecati dal sole mentre cerchi di spiegare/ cos’è che ci ha fatto inventare/ la torre Eiffel le guerre di religione/ la stazione spaziale internazionale/ le armi di distruzione di massa e le canzoni d’amore”.

Le altre canzoni non sono da meno però. In “Qui”, senza mediare, Brondi canta “E adesso sono qui/È un superpotere essere vulnerabili/E adesso sono qui/Dove sono possibili cose impossibili”. In “Waltz degli scafisti” si addentra nelle controindicazioni della globalizzazione, mentre in “Chakra” racconta una storia d’amore “Qualcuno mi ha detto che gli hai detto/che in qualche modo hai aperto il chakra del tuo cuore/qualcuno mi ha detto che gli hai detto/che senza di me davvero non puoi stare/qualcuno mi ha detto che gli hai detto/che ogni tanto entri in contatto con il tuo io interiore”. Con “Iperconnessi”, Vasco Brondi affronta l’uso smodato dei social networks intonando: “Cantami o diva l’ira della rete/imprevedibile come le onde/cantami della fame di attenzione delle sete di ogni idea che si diffonde/cantami o diva dello sciame digitale/l’ironia sta diventando una piaga sociale/cantami dell’immagine ideale/da qualche parte c’è ancora sporchissimo il reale/tu cantami della proprietà privata interiore/del rumore di fondo della società dell’opinione/cantami del diritto alla segretezza, la distanza, la timidezza/cantami dei posti dove il Wi-Fi non arriverà mai”

“Nel profondo Veneto”, il cantautore racconta la storia di una ragazza partita per trovare lavoro “ti leggeranno in faccia che dicevi di stare bene qui a Milano e invece facevi la fame” confermandosi attento, come sempre, a tematiche sociali quali la ricerca difficile del lavoro che non corrisponde mai a quello desiderato, ma solo ad un ripiego per sopravvivere. Impreziosiscono il disco le restanti “Moscerini”, “Stelle Marine” e “Viaggi disorganizzati”.

Il cantautore ferrarese, come dichiarato in molte interviste, ritiene che il raggiungimento della felicità debba passare attraverso il “volere meno”,che il web venga usato con consapevolezza andando oltre la solidificazione della moltitudine di solitudini e che si debba partire dalle cose primordiali come la grande forza dell’essere umano in qualunque contesto si trovi.

Il disco “Terra” è il riassunto del mondo attuale pieno di contraddizioni generate dall’uomo stesso: da un lato le guerre dall’altro l’imbecillità dei fruitori dei social network e nel mezzo la capacità di sentirsi ingenui e innocenti ascoltando una canzone d’amore.

Sandy Sciuto